Sulla terapia, sulla tossicità, sulla libertà delle scelte di vita: Jenny De Nucci ha sempre la risposta pronta quando si parla di salute mentale e dell’importanza di normalizzare il discorso.
Perché prenderci cura della nostra salute mentale è la più importante forma di amore verso noi stessi che possiamo coltivare.
Jenny l’abbiamo incontrata a casa sua, scattata tra le mura di quell’unico posto al mondo in cui si sente davvero libera, in pace con sé stessa e con gli altri, coraggiosa abbastanza da ricercare la solitudine per rigenerarsi, e il distacco per escludere dalla vita tutto quello che non va. Tra periodi complicati, relazioni pericolose, pulizie necessarie in una quotidianità in cui per forza di cose entriamo a contatto con le più eterogenee tra le realtà e le imposizioni sociali, Jenny è cresciuta ed è cambiata, grazie a una solida rete di supporto e barriera mentale che l’hanno protetta dalle minacce di un mondo dominato dai trend social e dalla religione delle apparenze.
Ed è proprio “Grazie” che Jenny vorrebbe urlare a quel mondo che l’ha accolta, messa alla prova, fatta penare tanto quanto gioire, nel viaggio verso uno healing process che promette una nuova e rinnovata tranquillità e una vita piena di amore, trovabile e donabile.
Abbiamo deciso di creare questo format sulla salute mentale perché pensiamo di poter aiutare, nel nostro piccolo, di far parlare e di sentirne parlare talmente tanto che possa diventare un argomento normalizzato, e anche perché pensiamo che leggendo le vostre parole, tanto quanto aiutano me quando vi ascolto durante le interviste, anche le persone che ci leggono possano sentirsi capite o aiutate in qualche modo. Quanto è importante per te parlare di salute mentale, normalizzare il discorso e farti vedere per quello che sei (cosa che fai anche sui social)?
Per me è indispensabile sotto tutti i punti vista. Soprattutto se mi trovo a condividere la mia quotidianità con altre persone, per me è indispensabile che la gente sappia come affrontare un mio ipotetico attacco di panico o attacco di ansia, visto che ne ho sofferto per tanto tempo. Adesso sono contenta, perché prima erano il mio pane quotidiano, ma adesso è un po’ che non mi capita di averne, in verità. Sono meno contenta perché questi attacchi di panico vanno a scemare nel momento in cui mi allontano da una determinata persona, dunque sono più di una risposta in una volta: mi fanno capire che una persona così tanto tossica o che ti triggera un attacco di panico quando hai 20 anni non è il massimo per te.
È indispensabile soprattutto perché tanti ragazzi così riescono ad interfacciarsi con una “nuova” realtà che è quella della terapia. “Nuova” perché solo ultimamente molti ragazzi stanno iniziando ad andare in terapia, e per me è una cosa fondamentale che tutti lo facciano.
Mi ricordo quando ho partecipato all’anteprima di “Ragazzaccio”, il film di Paolo Ruffini in cui trattiamo l’argomento “ragazzi durante il periodo del Covid”. Io alla fine di tutto, davanti ad una platea di liceali, ho detto: “Ragazzi, dovete andare in terapia se ne avete bisogno, avete tutto il diritto di andare in terapia, non c’è niente di male”. È ancora un tabù dire che si hanno delle cose da sistemare nel cervello, ma penso che ce ne abbiamo tutti. Ricordo che quando andavo al liceo, e parliamo di tre anni fa, c’era questa strana concezione della terapia, ed è una cosa che non mi sono mai spiegata: alla fine la terapia è un metodo per stare bene con sé stessi e con gli altri e il fatto che sia un tabù è veramente molto triste, mi dispiace proprio.
Sì, io lo dico sempre, se tu hai un raffreddore, un’influenza, un problema al fegato, vai dal medico e prendi una medicina. La terapia è la stessa identica cosa, la salute mentale va curata tanto quanto quella del corpo.
Cosa significa per te casa?
Casa per me adesso è la mia casa a Roma, un luogo in cui sto bene. Non è scontato: io ho avuto tantissime case, e a parte quella in cui vivevo con i miei genitori, non mi sono mai sentita a casa prima di trasferirmi dove sono ora.
Anche il mio gatto è casa mia, lo amo tantissimo, e anche i miei genitori, loro sono casa mia, ma anche le mie amiche; casa sono tutti i posti dove posso trovare e dare amore a livello incondizionato, dove non mi sento giudicata per le mie azioni.
Quando ti senti a casa, come si trasformano per te spazio e tempo?
È rigenerativo essere a casa. Noto tanto la differenza di qualità del tempo che passo con certe persone in certi posti, e la chiave per stare bene è anche quello, sbloccare quella conoscenza di te stesso fino a capire dove e con chi stai veramente bene, come quando passi un pomeriggio con dei tuoi amici che ti fanno stare bene e non torni a casa con la batteria sociale scarica ma super carica.
“Casa sono tutti i posti dove posso trovare e dare amore a livello incondizionato”.
Qual è la cosa che ti fa più incazzare?
Le bugie.
Quando ci si prende in giro a livello intellettuale, soprattutto se chi mente sono persone che ami tanto, che si comportano come se non ti conoscessero e non sapessero che hai un cervello che funziona molto bene, come quello della maggior parte delle persone nel mondo.
La sottostima della mia proprietà intellettuale, insomma, mi fa incazzare, perché secondo me, per raccontare certe bugie bisogna essere convinti che io non sia abile nel recepire certe informazioni. Le bugie scatenate dalla mancanza di coraggio, quindi le persone che pur di non dirti la verità, fanno mille giri di boa: è una cosa che oltre a spezzarmi il cuore, come se una lancia lo trafiggesse, mi fa veramente tanto incazzare, soprattutto se con queste persone hai alle spalle anni di amicizia o di relazione, e vedi che tutto va all’aria per una misera bugia, senza il minimo rispetto per quello che c’è stato prima. Questo è brutto.
Invece, qual è una cosa che vorresti urlare al mondo, anche in maniera positiva?
Forse “GRAZIE”.
Io bacerei il pavimento che tocco tutti i giorni della mia vita quando mi sveglio, perché mi rendo conto di essere una persona estremamente fortunata. So che può essere un discorso strano da fare a 23 anni, però io conosco tante persone che alla mia età non sono contente di quello che fanno e di quello che sono, mentre io sono molto contenta, anche grazie a tutte le persone che ho attorno, a chi mi ha dato fiducia e a chi non mi ha dato fiducia, dandomi così un motivo in più per rimboccarmi le maniche.
“Io bacerei il pavimento che tocco tutti i giorni della mia vita quando mi sveglio”
Ti sei mai sentita sola? Come affronti la solitudine? Ti capita mai, a volte, di cercarla? Io, per esempio, la cerco, è una cosa per me essenziale per ricaricarmi e stare bene con gli altri.
Ti dirò, io prima non sapevo stare da sola, non sapevo mangiare da sola, uscire da sola, nonostante già da un po’ vivessi da sola: cercavo di occupare il mio tempo in condivisione con qualcun altro. Poi, però, nel cervello mi è scattato qualcosa e c’è stato uno switch: mi sono resa conto che passare del tempo da soli è bel-lis-si-mo, e ci metto la firma.
Mi sveglio la mattina, mi faccio il caffè, do da mangiare al gatto, leggo, ascolto musica, guardo un film, ordino qualcosa da mangiare o cucino io: sto con me stessa e sto molto bene. Però, ho visto che ci sono alcuni meme che girano online che mi fanno troppo ridere e descrivono la situazione tipo in cui hai provato a proteggere “troppo” la tua sanità mentale e il sabato sera ti ritrovi a casa, con la maschera in faccia, un film, solo un fidanzato e due amiche nella tua vita, perché ti sei preoccupata troppo di allontanare tutte le persone tossiche [ride].
È tutto vero, io ultimamente mi sento un po’ così (senza il fidanzato), ho fatto una pulizia nella mia vita, una scrematura molto naturale, in realtà.
Crescendo forse più velocemente rispetto ad altri, hai fatto una selezione naturale che poi ti fa vivere meglio, secondo me: ti rendi conto che stai con le persone con cui hai veramente voglia di stare.
Certo, ed è bellissimo perché ti senti proprio bene. Io adesso amo stare tra le persone, dopo il lockdown invece avevo avuto una crisi esistenziale, di ansia, in cui non ci riuscivo a stare tra le persone. Quest’estate, però, per fortuna, mi sono ritrovata: adesso vado a ballare, esco in centro, sono molto più tranquilla sotto questo punto di vista.
Quando ero molto più piccola, e penso che questa sia una cosa molto condivisa tra gli adolescenti, avevo la necessità viscerale di trovarmi “il gruppo”, tanti amici, cosa che io non sono mai riuscita ad avere ed è stata una delle cose per cui ho sofferto più di tutte. I miei amici erano un gruppetto ristretto, eravamo in quattro, e quelle persone sono ancora le mie migliori amiche, sebbene io ovviamente ora mi sia trasferita, quindi è tutto un po’ più difficile. Il gruppone di amici ce l’avevo al mare, infatti lì mi sentivo Wonder Woman, ma per esempio adesso, che ho un gruppo fisso di sei amiche che vedo tutte le settimane, mi rendo conto che non c’è bisogno di circondarsi di mille persone per stare bene, e questo mi rende felice, soprattutto se guardo indietro alla me di 14 anni che piangeva tutti i giorni perché non aveva “il gruppo”; ora so che non ce l’avevo perché non ce n’era bisogno.
Invece come vivi il rapporto con il tuo corpo?
È molto altalenante.
Hai presente quando ci sono delle parti del nostro corpo che a livello convenzionale vengono considerate “invidiabili”? Per esempio, alcune mie amiche fanno sempre commenti del genere sul mio seno. Io, invece, sto solo aspettando di potermi fare la riduzione. Quindi, l’unica cosa che mi fa sentire a disagio con il mio corpo è il mio seno, perché lo vedo incredibilmente sproporzionato rispetto al resto, mi fa venire mal di schiena, a volte mi fa sentire volgare. È quasi come se sentissi di non saperlo portare, perché inevitabilmente, con dei capi piuttosto che con altri mi sento volgarissima e questa cosa mi devasta, è una parte della mia femminilità che non riesco a vivermi completamente. Mi fa rimanere male al punto da essere arrivata a considerare la soluzione di ridurlo, eventualmente.
Per il resto, sto bene nel mio corpo e so di essere fortunata anche da questo punto di vista. Quando ero più piccola, ero molto in fissa con le mie cosce, soprattutto quando era di moda la cosa di avere le gambe che non si toccano tra loro… In quel periodo, avevo 13 anni, e mi ricordo il “problema” che il thigh gap scatenò a livello sociale.
Anche quando ero piccola io c’erano varie imposizioni sociali. Però, quando ero adolescente io non c’erano i social, quindi certe cose ho potuto evitarle. Poi, i problemi ce li ho ancora e anche io ho tanta strada da fare, ma questo è un mio problema personale, magari derivante dalla mia famiglia o altro, ma a volte mi chiedo: queste ragazze di 13/14 anni che sono bombardate da cose che vedo anche io ma che, avendo 32 anni, non mi fanno effetto, perché ho un po’ più di consapevolezza di me stessa, come fanno? A volte mi sento veramente male a pensarci.
È terribile, infatti, anche perché quando sei più piccolo il tuo cervello è molto più flessibile. Poi, adesso lo standard di bellezza è esclusivamente “le gambe che non si toccano”, cosa che per la me di 13 anni era importantissimo, ma la me di adesso dice: “Io so che per la mia altezza, il mio peso è giusto”.
Invece qual è stato il miglior vaffanculo della tua vita?
Quello del 16 novembre 2022. Ti dico solo questo. Data da tatuarmi, perché quel giorno ho proprio detto: “Basta, mi hai rotto tutto”. Stavo malissimo, è stato il periodo più difficile della mia vita per la mia stabilità emotiva.
Penso ci voglia coraggio per allontanarsi da qualcosa, anche se questa ci fa male.
È stato un lutto nel momento in cui mi sono resa conto che quella persona là non sarebbe più esistita. Ma il “no contact” è stato l’unico modo per staccarmi completamente. Ho visto come cambia la mia faccia e il mio modo di ridere nel momento in cui mi riavvicino a determinate persone, e quando lo notano anche quelli che ti stanno intorno ma non hanno il coraggio di dirti che non stai bene, allora lì c’è qualcosa che non torna. Ad un certo punto, ti devi volere bene. Non esiste che uno si riduca a livelli del genere per colpa di una persona esterna che in teoria, in una situazione ideale, ti deve pure volere bene.
Da quel 16 novembre 2022, la mia vita è tornata a splendere.
Adesso, le persone con cui voglio passare il mio tempo ce le ho contate sulle dita di due mani, ma non ti so descrivere quant’è stato difficile arrivare a questo punto. Per fortuna, avevo attorno le mie amiche e i miei amici, la mia famiglia, che mi hanno supportato tantissimo da questo punto di vista. Poi, ringrazio che ho una tranquillità mia, nello stare da sola, che è immacolata: non sento il bisogno di essere per forza fidanzata, o fare cose tipo chiodo schiaccia chiodo, non ne ho voglia e non è nel mio interesse, quindi anche il fatto che io non debba occupare il tempo di una persona solo per staccarmi da un’altra situazione mi fa dire: “Chapeau per me stessa!” [ride]. Sono contenta di dirti queste cose, perché fino a qualche anno fa non te le avrei mai dette! Adesso sono arrivata alla conclusione che sto bene da sola. Per stare bene con le altre persone, devi prima stare bene con te stesso.
“Per stare bene con le altre persone, devi prima stare bene con te stesso.”
Con il tuo lavoro, interpretando sempre nuovi personaggi, immagino tu faccia tante ricerche su te stessa, scoprendo magari cose nuove. C’è un’ultima cosa che hai scoperto su te stessa grazie ad un lavoro, interpretando un certo personaggio?
Sì! Un mese fa ho scoperto di avere una forza incredibile nel corpo. Ovviamente, è stato uno sfogo partito dalle viscere del mio corpo, dalla mia emotività [ride]. Dovevo fare questa scena in cui dovevo prendere a spintoni un attore altissimo e molto piazzato: il mio personaggio era arrabbiatissimo con lui, e quindi dovevo prenderlo a pugni sul petto, disperatamente. Ti giuro che è stato talmente tanto liberatorio che ho pensato di iscrivermi a kick boxing. Così ho scoperto di avere in corpo una forza che prima non esisteva, o che non avevo mai pensato di avere. In quel momento lì è uscita fuori perché, prima di entrare in scena e riempire di pugni quel povero uomo, ho immaginato una certa situazione che l’ha evocata.
Ho anche scoperto di essere molto paziente, quando invece ero convinta di essere la persona più impaziente del mondo. Ho anche scoperto di saper essere molto tranquilla, tipo adesso. Io sono arrivata a un punto in cui ho quasi toccato il Nirvana [ride], perché mi sono guardata indietro e mi sono detta: “Ma tu perché ti sei ridotta in questa maniera, deficiente?” [ride].
Forse mi serviva tantissimo. Infatti, adesso apprezzo molto di più tutto e mi sento molto più consapevole del mio corpo, della mia testa, e delle mie emozioni, le gestisco molto meglio, cosa che prima non sapevo assolutamente fare, infatti andavo in terapia soprattutto per quello, perché vivevo le emozioni in maniera troppo amplificata. Ero molto sensibile da quel punto di vista, quindi se era felicità, io provavo euforia e se era tristezza, io provavo depressione. Però ora va meglio.
Comunque, ogni volta che ti vediamo, tu riesci sempre a trasmettere tante vibrazioni positive, sei una persona molto solare, emani dell’energia positiva che però non è a scoppio, ce l’hai dentro. Questa è la sensazione che mi dai.
Ti è mai capitato di scrivere qualcosa di tuo?
Certo che sì. Tra l’altro, adesso sto scrivendo un cortometraggio con un mio amico regista con cui ho lavorato quando ero un po’ più piccola, sono molto felice di questo.
A livello terapeutico, invece, più che scrivere registro audio in cui parlo, tipo dei podcast, che se divenissero pubblici sarebbe un grandissimo casino, quindi li elimino immediatamente; però trovo utile verbalizzare come mi sento, perché ho bisogno di ascoltarmi. In quel periodo in cui stavo male, io cosa stava succedendo me lo raccontavo, perché avevo bisogno di sentirmi dire determinate cose per fare quello step verso lo healing process. Quindi, più che scrivere come mi sento, cosa è successo, cosa provo nei confronti di una certa persona, eccetera… meglio la terapia.
“Healing process”
Cosa ti fa più paura?
La morte.
Quando sento di giovani che se ne vanno così dal nulla perché hanno avuto un aneurisma o un incidente stradale o cose così, mi sento male solo al pensiero che un ragazzo abbandoni questa terra così presto. È la mia paura più grande, non c’è niente che mi faccia sbarrare gli occhi di più. Per esempio, Michele Merlo, lui a 27 anni se n’è andato dal nulla, oppure un ragazzo del mio paese, è morto a 18 anni per un arresto cardiaco improvviso: queste sono cose che mi congelano, l’idea di una vita stroncata, che sia la mia o quella di una qualsiasi altra persona che voleva solo vivere.
Cosa ti fa sentire più al sicuro?
Le mie amiche.
Cosa significa per te sentirti libera?
Non mettermi freni come persona. Tra l’altro, me lo leggi in faccia se sono a disagio o a mio agio con te, sono una persona molto comunicativa e se ne sai un minimo di linguaggio del corpo, lo capisci.
È un concetto molto bello e molto ampio, la libertà, e molto complicato da spiegare. Il solo fatto che i miei genitori mi supportino per il lavoro che voglio fare è una libertà per me, per esempio, così come lo è l’amore in tutte le sue forme; è libertà anche il fatto che io scelga per me stessa, magari facendomi consigliare da amici e colleghi, perché mi piace che le persone mi diano consigli, però mi piace anche la libertà dello scegliere io quello che penso sia più vicino a me. Alla fine, comunque, mi trovo spesso a scegliere cose che sceglierebbero i miei genitori, perché mi fido molto di loro; quindi, quando le mie scelte e quelle dei miei genitori cozzano, è un problema gigantesco, perché non mi sento più libera, so che poi andrò a scegliere quello che avrebbero scelto i miei, perché li vedo come i miei “condottieri”, da sempre [ride].
Poi magari avevo ragione io, però è raro che sia così, loro ci azzeccano sempre.
Photos & Video by Johnny Carrano.
Makeup and Hair by Francesca Naldini.
Thanks to Andreas Mercante & Edoardo Andrini PR Talent Agency.