Attualmente una delle serie più viste e quotate targata Hulu, in Italia disponibile in streaming su Disney+, “Dopesick” racconta la struggente storia della crisi degli oppioidi in America, con uno focus speciale dedicato ad una comunità di minatori della Virginia devastata dalla dipendenza e sulle battaglie legali contro la Purdue Pharma, l’azienda produttrice di Oxycontin. La miniserie ideata da Danny Strong e basata sul libro di Beth Macy “Dopesick: Dealers, Doctors and the Drug Company that Addicted America”, sfoggia un cast d’élite che include, insieme a Michael Keaton, Peter Sarsgaard, Michael Stuhlbarg e Kaitlyn Dever, John Hoogenakker nel ruolo di Randy Ramseyer, un Assistente Procuratore degli Stati Uniti insieme a John Brownlee e il Procuratore Federale per il Distretto della Virginia nella causa contro la Purdue nel 2007.
Abbiamo fatto una chiacchierata molto interessante con John sulla serie: ci ha raccontato della sua esperienza singolare sul set, della situazione critica dell’America e degli interessi malriposti del suo governo, e ci ha anche svelato un paio di aneddoti e “cadute” sul lavoro.
Qual è il tuo primo ricordo legato al cinema?
È Pascal Lamorisse in “Il palloncino rosso”, che ci fecero guardare all’asilo su un proiettore cinematografico. Adoravo la personalità del palloncino, e il fatto che il personaggio di Pascal risolvesse le avversità del suo mondo con il suo amico palloncino. Anni dopo, ho regalato il dvd di quel film a diversi amici, quando sono diventati genitori. Un film così carino.
“Dopesick” è una miniserie di 8 episodi tratta dal best-seller omonimo di Beth Macy e, prima ancora, basata sulla vera storia di una battaglia che l’America combatte da moltissimi anni: la dipendenza da oppioidi. Cosa ti ha fatto dire di sì a questo progetto?
Ho sempre adorato Michael Keaton, Barry Levinson e Peter Sarsgaard, ma l’opportunità di lavorare con loro ad un progetto così importante non richiedeva alcun tipo di riflessione preliminare. E il fatto che Danny Strong sarebbe stato il motore di questo progetto e che avremmo potuto girare 8 puntate in cui scavare davvero a fondo della questione e raccontare la storia come si deve, mi ha allettato ancora di più.
Tu interpreti Randy Ramseyer, il Sostituto Procuratore che ha lavorato al caso contro Purdue Pharma. Qual è stata la tua prima reazione quando hai letto la sceneggiatura e la prima domanda che hai rivolto al regista a proposito?
Sono rimasto colpito da quanto bene fosse scritta e da quanta passione e accuratezza fosse stata dedicata alla ricerca dei fatti. Venire a conoscenza delle trame dietro la “creazione” dei tossicodipendenti e di come fossero stati, poi, diffamati per continuare a consolidare una cultura di prescrizione eccessiva di oppioidi è stata la rivelazione di una successione di eventi che mi ha spezzato il cuore, pur non sorprendendomi affatto, dati i problemi che ci troviamo ad affrontare qui, con il commercio così interconnesso con il nostro governo, e i suoi interessi, considerati più importanti di quelli dei cittadini. In più, nonostante sia un argomento così complicato, la serie svolge un ottimo lavoro nel mappare la progressione della crisi e umanizzare le persone che soffrono di dipendenza da oppioidi. Questo lo si deve in gran parte, ovviamente, al materiale di partenza fornito dal libro “Dopesick” di Beth Macy.
Quindi, hai letto il libro o attinto o alcuni ricordi che avevi tu stesso della battaglia contro la Big Pharma prima di iniziare le riprese? Qual è stato il tuo processo preparativo e il tuo approccio al personaggio?
Sì, il libro “Dopesick” è una risorsa senza paragoni per chi vuole saperne di più sulla crisi degli oppioidi. Più cose noi, come società, impariamo sui problemi che ci ritroviamo ad affrontare, più ci avviciniamo alle loro soluzioni, e questa è una crisi talmente sfaccettata che ci torna utile avere una guida così chiara e ben documentata.
Il tuo personaggio e quello di Peter Sarsgaard (Rick Mountcastle) sono molto uniti nella battaglia contro l’azienda farmaceutica, anche se sembrano avere una mentalità e un approccio alle cose completamente diverso. Come credi siano riusciti a mettere da parte le loro divergenze?
L’impressione che ho io è che le loro apparenti differenze li aiutino ad equilibrarsi l’uno con l’altro, e che sia l’uno che l’altro abbiano messo sul piatto un tipo di forza diverso. Credo anche che si tengano impegnati a vicenda nel superare le sfide che devono affrontare durante queste battaglie legali.
Che atmosfera c’era sul set, considerata la gravità e l’importanza del pezzo di storia americana che stavate raccontando, insieme alle battaglie che molte famiglie hanno dovuto combattere?
Ci sentivamo continuamente sconvolti dall’audacia delle azioni della Purdue nella promozione dell’Oxycontin e dalle sue interazioni con la FDA. Il lavoro che stavamo facendo richiedeva rispetto, senza ombra di dubbio, ma il nostro è stato un percorso che ci ha anche concesso momenti di leggerezza…come i bisticci con [James] Comey sul KFC, per esempio.
“Ci sentivamo continuamente sconvolti dall’audacia delle azioni della Purdue…”
Che messaggio sperate di comunicare condividendo questa storia con un pubblico globale?
Che la crisi in cui ci troviamo ancora oggi è stata per lo più creata dalla smania di un’azienda farmaceutica privata di fare soldi, e da priorità errate e autentiche decadenze morali ai livelli regolatori e legislativi del nostro governo, e non semplicemente dal desiderio incontrollabile di milioni di americani di fare abuso di pillole.
Come descriveresti “Dopesick” in una parola?
Curativo.
Qual è la scoperta più recente che hai fatto su te stesso?
Pratico lo yoga da quando ho 18 anni, e sono continuamente sbalordito dal fatto che posso migliorare nella mia tecnica anche dopo così tanti anni. È un bagno d’umiltà, un qualcosa di gratificante ed emozionante, tutto allo stesso tempo.
Qual è il primo dvd che hai comprato?
Credo sia stato la prima stagione della versione inglese di “The Office”, con Ricky Gervais. Per un certo periodo mi portavo sempre dietro le videocassette.
Qual è il libro sul tuo comodino?
“Sapiens. Da animali a dèi” di Yuval Noah Harari.
Hai mai avuto un epic fail on set?
Non lo chiamerei un “epic fail”, ma una volta ho avuto un attacco di intossicazione alimentare sul set di “Harold & Kumar – Un Natale da ricordare”, che ha messo alla prova la mia capacità di resistere ed andare avanti nonostante il mio corpo lottasse per spegnersi.
Qual è il tuo must-have sul set?
C’erano alcune magnifiche opzioni di cibo dal catering di alcuni set su cui ho lavorato, e altrettante mediocri; ultimamente, ciò che ho scoperto mi aiuta di più a superare queste lunghe giornate e nottate è il cibo sano…
e la forza di non ingozzarmi di cibo spazzatura.
Cosa significa per te “sentirsi a proprio agio nella propria pelle”?
Non sentirsi obbligati a copiare lo stile o le credenze degli altri solo per il desiderio di integrarsi. Dare spazio alla realizzazione di quella versione di me che sia il più autentica possibile. Lavorare sul compiere azioni e pronunciare discorsi nella mia vita di tutti i giorni che non mi lascino alcun rimorso, e che siano curativi per il mondo.
Di cosa hai paura?
Del cambiamento climatico.
Qual è la tua isola felice?
Giocare con la mia famiglia in un ruscello di montagna, in un giorno d’estate.
Photos by Kevin Scanlon.