True story.
Quando ho incontrato Kerry per la prima volta è stato durante la Mostra del Cinema di Venezia, la sera prima avevo visto “Gli spiriti dell’isola” e, anche se ero innamorata già dei suoi lavori passati, delle sue scelte di carriera e avevo una grande stima per lei, dopo aver visto quel film volevo anche dirle che si meritava un Oscar, che era il film più bello che avevo visto a Venezia (e non solo) lo scorso anno e che non vedevo l’ora di chiederle mille cose sul suo personaggio, il come e il perché.
E poi l’ho vista, e qualcosa sono riuscita a dirglielo: “Gli spiriti dell’isola” era il mio film preferito e lei era straordinaria. Ma quello era il momento di foto e video, di quel tipo di creatività.
Qualche tempo dopo, ci siamo viste su Zoom per farci una chiacchierata, tra le mille domande che avevo da farle ancora da quel giorno. E qui arriva la true story: ero talmente affascinata da quello che diceva, da come si è aperta nel raccontarsi, che non mi sono resa conto del tempo che passava e, anche se dalla finestrella in basso la sua publicst (giustamente) insisteva perché io finissi di farle le mie domande, io non mi rendevo conto che avevo finito il mio tempo. Perché è proprio così, Kerry non parla tanto per parlare e non dice cose semplici, ma le dice e questo dona forza a chiunque le ascolti o le legga. Quando ci si prepara per un’intervista si vuole sempre dare del proprio meglio. A volte non vorrei proprio prepararmi, per lasciarmi trascinare. Ma questo non si può fare.
I minuti che precedono la “chiacchierata” o, come in questo caso, la comparsa della sua immagine sullo schermo del mio pc, sono minuti carichi di una tensione positiva, che Kerry è riuscita a trasformare in qualcosa che ancora oggi rimane con me, che alla fine altro non è che l’obbiettivo principale di chi ha scelto di fare il mio lavoro e il cui scopo principale è condividere qualcosa di importante.
True story: la nominata agli Oscar e premio BAFTA Kerry Condon è la nostra Cover Story di marzo.
Vorrei iniziare dicendo che ho amato “Gli spiriti dell’isola”… Dico sul serio, è il mio film preferito dello scorso anno. È così divertente, dolceamaro, a tratti mi veniva da piangere, perché certe scene sono così tenere ma allo stesso tempo crudeli – penso che sia un film stupendo e ben fatto e tu sei incredibile.
Grazie molte. Sono d’accordo con te. Questo film mi ha ricordato la sensazione di quando finisce una relazione ma tu non vuoi che finisca, e il livello di disperazione che ne consegue. Che imbarazzo, a pensarci!
Mi chiedevo, guardando il film, quali sono stati i tuoi primi pensieri quando hai letto la sceneggiatura?
Inizialmente, dopo averla letta, ho scritto a Martin [McDonagh] e gli ho detto che sembrava che una delle sue opere teatrali fosse stata adattata per il cinema.
Ho pensato che fosse perfetta, perché le opere teatrali che hanno dato inizio alla sua carriera erano ambientate in Irlanda, e dopo aver finito ” Tre manifesti a Ebbing, Missouri” lui non era sicuro di cosa fare dopo, dal momento che ” Tre manifesti” era stato un successo, quindi, ho ritenuto estremamente saggio e intelligente questo suo ritorno alle origini e a ciò che aveva fatto quando nessuno lo guardava o gli prestava attenzione e concentrarsi su quello. Sapevo che sarebbe stato fantastico, perché era il suo forte: ho sempre pensato che se ne intendesse davvero di Irlanda e irlandesi e che fosse in grado di fare osservazioni intelligenti su di loro. Ho pensato che ne sarebbe venuto fuori un film fantastico perché le sue opere teatrali sono molto belle, ma non tutti le conoscono o le hanno lette, mentre per me sono le più sorprendenti di tutto il suo lavoro. Ero super entusiasta che questo suo talento si sarebbe tradotto in un film, così tutti avrebbero potuto apprezzarlo.
Cosa hai chiesto a Martin a proposito del tuo personaggio?
Ricordo di aver analizzato con lui alcune mie battute, perché avevamo l’impressione che potessero essere un po’ troppo legate agli altri personaggi che avevo interpretato nelle sue opere teatrali – io ho recitato in tre delle sue opere, e quei personaggi erano piuttosto diversi dal mio ne “Gli spiriti dell’isola”, erano ragazze molto sicure di loro stesse e senza peli sulla lingua, per niente timide, dei fuochi d’artificio. Quindi, un paio di battute sul copione erano più da quei personaggi là, così Martin le ha modificate, perché Siobhán non era estroversa come quelle ragazze, che erano molto più giovani di lei, con un’audacia quasi infantile, mentre io pensavo che Siobhán dovesse essere un po’ più matura e riservata, con un atteggiamento tipico di chi non ha bisogno di dimostrare la propria intelligenza agli altri o di raccontare in giro i fatti propri. Quindi, è di quello che abbiamo parlato sin da subito.
Poi, io mi sono subito domandata che tipo di esperienza sentimentale stesse vivendo: era vergine? Aveva mai avuto una storia con qualcuno? Abbiamo immaginato che di sicuro fosse vergine ma che avesse avuto una relazione, magari di uno o due giorni, ma un ragazzo avrebbe potuto far visita dal continente e magari lei avrebbe potuto passarci del tempo insieme, senza però poter andar via con lui alla fine, perché era ligia al dovere; abbiamo pensato che magari lei avesse avuto un assaggio di amore, poi svanito, giusto qualche goccia di lussuria. Non è stato facile, perché era stufa di avere false speranze, è un personaggio pieno di contraddizioni, quindi in alcuni momenti era semplicemente stanca e non ne poteva più di nessuno, ma in altri momenti aveva questi atteggiamenti infantili con Pádraic: c’era forse una speranza, e la sua vita era appena iniziata, o quasi.
Magari mi sbaglio, ma secondo me recitare, interpretare tanti personaggi diversi, lavorando un sacco su sé stessi, permette anche di imparare nuove cose su sé stessi. Cosa hai scoperto di te stessa interpretando Siobhán?
Che non cerco l’approvazione di nessuno – sono abbastanza simile a Siobhán.
Anche quando per esempio vado ad una festa o comunque non vengo necessariamente vista come un’attrice, non sento il bisogno che la gente pensi che sono fantastica, non cerco conferme dagli altri. Forse, c’è stato un tempo in cui invece lo facevo, non so in realtà se ne abbia mai davvero sentito il bisogno, ma sono molto simile a lei in quanto persona introspettiva e per il fatto che non mi serve che gli altri pensano che sono fantastica per stare bene con me stessa, o non bado ai film che ho fatto, quanti soldi ho e tutte quelle sciocchezze da cui un sacco di persone si lasciano ossessionare.
È una bella conquista, secondo me, sentirsi liberi dall’approvazione degli altri, credo sia stupendo.
Io credo derivi anche da una consapevolezza piuttosto cupa, infatti ultimamente penso spesso alla mia mortalità, sono così sicura che morirò prima o poi che il mio pensiero è: “Perché perdere il mio tempo qui a preoccuparmi di ciò che gli altri pensano di me? Quando morirò, non mi importerà di certo”. Quindi, penso che questa conquista derivi da un pensiero più o meno “triste”, o piuttosto da una consapevolezza che qui mi resta poco tempo.
Il tuo personaggio sembra essere un po’ la coscienza di tutti, nel senso che è l’unica coraggiosa, sa sempre cosa dire, mentre gli altri, sì, sono personaggi particolari e ben caratterizzati, ma Siobhán secondo me è l’unica ad avere il senso della realtà. Com’è stato interpretare qualcuno come lei?
Secondo me, lei vede e comprende entrambe le prospettive, ed è questo il bello, ed è stufa di entrambe – non capisce perché Pádraic non la lasci andare, e pensa anche che Colm sia un po’ troppo pieno di sé. Hai presente la scena nel pub, quando corregge Colm sulla data di quella cosa di Mozart? È stato super interessante perché è una battuta fantastica, che dimostra che lei conosce la data giusta. In realtà, lo fa soltanto perché lui mette Pádraic in ridicolo di fronte a tutti, non lo fa per il gusto di correggerlo in pubblico, lo fa solo perché lui è sgarbato. Quindi, è stata una gran bella soddisfazione interpretare qualcuno a cui va più che bene essere intelligente senza doverlo dimostrare a tutti, a lei non importa che gli altri pensino che sia più intelligente di loro.
“Una gran bella soddisfazione interpretare qualcuno a cui va più che bene essere intelligente senza doverlo dimostrare a tutti, a lei non importa che gli altri pensino che è più intelligente di loro”.
Il film, tra l’altro, è ambientato su un’isola bellissima, che però a volte può rivelarsi anche un brutto posto per vari motivi: può essere causa di isolamento, noia e solitudine. Tu, personalmente, come affronti la solitudine? Ti capita mai di cercarla?
Io sono quel tipo di persona che, quando è iniziata la pandemia, ha pensato, “Sarà uno spasso!”. Adoro stare da sola. Dovrei costringermi ad uscire di più, in realtà! Ma ciò che mi piace di tutto ciò è che, sebbene ami la solitudine e ne abbia bisogno per ritrovare le energie, mi piace circondarmi di persone quando sto lavorando, eppure so che è una cosa che mi consuma per via delle varie energie e personalità che ci contraddistinguono; la solitudine mi serve per ritrovare le energie e ricaricarmi. Tuttavia, penso anche che se passi troppo tempo da solo, puoi perdere la testa, ed è questo il bello del film, secondo me, nel senso che il film racconta di come puoi anche trovarti un posto bellissimo, dal punto di vista naturale intendo, eppure comunque puoi sentirti molto solo, malinconico e triste. Sai, io ero triste anche durante un soggiorno a Tahiti, quindi, è curioso che ci venga da pensare, soprattutto paragonandoci agli animali, “Perché non ci accontentiamo di ciò che ci circonda?”. La condizione umana ci ha un po’ incasinati tutti, temo. Gli animali sono sempre così a logo agio, in pace, gentili e dolci, mentre noi non lo siamo.
Un altro grande tema del film è proprio la gentilezza e il fatto che la gentilezza dovrebbe sempre rivestire un ruolo importante nelle nostre vite. Ma ci fa anche vedere cosa succede se privi della gentilezza una persona che non fa altro che richiederla…
È triste, perché è praticamente la storia della perdita dell’innocenza di Pádraic. Lui è un bravo ragazzo, ed ecco come cambiano le persone. Alla fine del film, ci viene da pensare: “Oddio, cosa succede a Pádraic? Chi diventa?”. Diventa qualcuno di completamente diverso. È per questo che non riesco a capire come la gente possa ferire gli altri così facilmente e non pensare che le proprie azioni possano avere delle conseguenze! Mi piacerebbe che le persone si rendessero tutte conto dell’importanza di andarci piano con i bambini, perché se li ferisci o dici cose che possano ferirli, potrebbero esserci delle conseguenze negative sul resto della loro vita e l’opinione che hanno di sé. Ho l’impressione che quando diventiamo adulti ci dimentichiamo di questa nozione e smettiamo di preoccuparci di poter far del male agli altri, diventiamo più egoisti, direi.
Martin [McDonagh] mi corregge sempre e mi dice dovrei smettere di parlare di quanto il film sia triste, perché secondo lui io ho questa tendenza a considerare tutto dal punto di vista più triste, infatti mi ci ritrovo in quelle tematiche, ovvero la tristezza dell’umanità e la tristezza della vita, ma mi rendo conto che non è il massimo su cui concentrarsi quando si sta promuovendo un film, quindi forse dovrei soffermarmi un po’ di più sul lato positivo delle cose! [ride]
Il film affronta anche il tema della riconnessione, particolarmente sentito di questi tempi. Una cosa che mi commuove sempre se penso all’atto del guardare un film, è il fatto che in qualche modo ci si sente connessi con tutte le persone che lo stanno guardando insieme a noi, ed è straordinario. Per esempio, durante la proiezione del tuo film alla Mostra del Cinema di Venezia, è successo proprio questo, perché lì ti ritrovi con persone che condividono la tua passione, e infatti ecco perché guardare i film al cinema o durante i festival del cinema è così speciale. Qual è la tua forma preferita di connessione?
Ad essere sincera, è la connessione che si crea sul luogo di lavoro, con la troupe – lì mi sento sempre a mio agio. Non succede spesso che io mi senta a mio agio in pubblico, ma al lavoro percepisco sempre una forma di connessione con le persone, nel senso che mi commuovo. Al lavoro, sento connessione, emozione, divertimento, abbiamo un obiettivo comune e siamo tutti gentili gli uni con gli altri e andiamo tutti d’accordo.
Anche ascoltare musica dal vivo è un’altra opzione, credo. A volte, provo un po’ di imbarazzo per il fatto che piango e mi commuovo facilmente, e penso, “Tutti quanti crederanno che stia per avere un crollo psicologico!”. Forse, se vivessi in Italia, non avrei questo problema perché in Italia è una cosa normale: ecco cosa mi piace così tanto dell’Italia, puoi essere emotivo quando vuoi ed è una cosa sana! E mi piace anche il fatto che ti puoi arrabbiare e non è la fine del mondo: tempo due minuti, e tornerai ad essere amico di quella persona! Qui, se ti arrabbi con qualcuno, solitamente è una gigantesca rottura, una cosa terribile, e per me è complicato, a dir la verità, perché non è onesto. Sono sicura che sia una cosa che riguarda anche gli uomini, perché di sicuro anche gli uomini sperimentano cambiamenti umorali e ormonali di cui so poco, ma noi donne non abbiamo idea di come cin sentiremo domani, può dipendere da così tante cose, chi lo sa? Sottostiamo a certe sciocche pressioni o aspettative che dovremmo avere sempre e solo uno stato d’animo, ma io, a meno che non sia sotto cura farmacologica, non avrò mai sempre lo stesso umore.
Anche gli atti di dolcezza mi commuovono molto, per esempio se vedo un bambino che tiene per mano la mamma, in quell’età particolare in cui sai che tra 6 mesi o un anno smetterà di farlo, momenti del genere mi fanno davvero piangere perché sono così belli. Quindi, le cose belle mi emozionano tanto quanto quelle tristi.
Nel film, Colm tira in ballo la questione di quanto importante sia essere ricordati; secondo te, è più importante concentrarsi sull’essere ricordati per le cose che cerchi di fare in vita oppure concentrarsi sul vivere il presente?
Personalmente, proprio perché non sento un bisogno disperato di approvazione, credo sia più importante concentrarsi sulla propria esperienza e umanità, ed essere gentili e buoni. Credo che il bisogno di essere ricordati corrisponda con la paura di morire, magari, oppure con la paura di non essere abbastanza importanti in vita. Ad ogni modo, il punto è che il film risulta interessante anche per le domande a cui non risponde: Colm far riferimento a lasciare dietro di sé l’arte, ma quel tipo di arte che emoziona le persone; una bella opera d’arte, in effetti, cambia il modo di pensare delle persone o, quantomeno, fa mettere loro in discussione certe cose, ma non tutte le forme d’arte ci riescono – molta arte viene creata solo a scopo di intrattenimento, o per divertirti quando la guardi, per poi non lasciarti niente. Colm invece vuole lasciare qualcosa, ma se la sua musica fosse una merda e lui non venisse mai ricordato da nessuno?
Sì, ha praticamente sprecato un’amicizia…
Esatto! Quindi, è un dibattito interessante, perché per voler lasciare qualcosa dopo la tua morte, quindi ritenendolo più importante della tua vita terrena, bisogna essere egoisti, e sì, è una domanda difficile a cui rispondere. Però, secondo me non c’è bisogno di essere rudi nel nostro viaggio verso la conquista di un’eredità, né egoisti, anche se, ad essere onesta, ho sempre pensato che fare gli attori sia una scelta molto egoista: io do priorità alla mia carriera su qualunque cosa ed è sempre stato così, ho perso così tanti matrimoni e nascite di bambini e tanti altri eventi importanti, sono andata via di casa quando avevo 16 anni, in pratica me la sono svignata per dedicarmi alla mia carriera. Ma chiunque mi conosca mi capisce anche e accetta questa cosa, e io ogni volta cerco di fare bei regali a tutti quanti con i soldi che guadagno, quindi rimedio in questo modo! [ride] Comunque, a volte mi sento un po’ egoista. E poi, non ho mai desiderato sposarmi o avere figli perché mi sono sempre focalizzata sul diventare un’attrice e andare fino in fondo con il mio obiettivo, preoccupandomi che se mettessi su famiglia, avrei difficoltà a dividere il mio tempo in modo equo e stare lontana da loro e cose del genere. Questa cosa mi preoccupa ed è un po’ egoista da parte mia, quindi mi sento in colpa per il fatto che il mio lavoro, o cercare di fare arte, sia un po’ egoista, ma ci provo e spendo i miei soldi in modo coscienzioso per alleggerirmi la coscienza, infatti ho salvato un sacco di animali e mi piacerebbe salvarne ancora – altrimenti, non farei che pensare: “Perché lo sto facendo, perché mi sto concentrando tanto su questa cosa, a che scopo?”. Non ne ho mai individuato il motivo, ma ho sempre voluto fare l’attrice, eppure non ho mai davvero capito perché mi assorbe così tanto come cosa. Ma adesso penso che se guadagno tanti soldi, posso salvare tanti animali e assumere gente e trattarla bene, così la mia vita ha più senso e non si base interamente su “quanto fantastica io sia stata in un certo film”.
“non c’è bisogno di essere rudi nel nostro viaggio verso la conquista di un’eredità”
Per me, i film non sono solo film, sono un mezzo per esprimere le mie emozioni e una forma di terapia. Sono 10 anni che sono in terapia, in effetti, e con la mia psicoterapeuta parlo sempre di quanto sia importante per me guardare film ed entrare in empatia con i personaggi. Questo per farti capire quanto importante sia il tuo lavoro per me, perché con la vostra arte, fate provare sentimenti alle persone. Ti faccio l’esempio del mio compagno: lui non esprime con facilità quello che prova, capita di rado che lo faccia, ma con i film è diverso, i film sono l’unico modo in cui riesce ad affrontare le proprie emozioni, sia guardandoli che facendoli, perché è un regista.
Wow! Io mi sforzo di pensarla così, nel senso che cerco di comportarmi in modo normale e impedire alla mia vanità personale o al mio desiderio di apparire in un certo modo di influenzarmi quando lavoro. Mi lascia sempre perplessa, per esempio, vedere un attore che interpreta il ruolo di un tossicodipendente e ha l’aspetto di uno che è rimasto chiuso in una caverna per 20 anni, e così si pensa che se uno ha le occhiaie, significa che è un tossico… Ma l’avete mai visto un vero tossico dipendente che aspetto ha? Quindi, ho sempre pensato che se un attore riesce a mettere da parte la propria vanità, allora riuscirà anche a far dimenticare allo spettatore di sé stesso e provare più emozioni. Perché a volte mi ritrovo a pensare, “Oddio, quella persona è così bella, perché invece io ho questa faccia?”, ed è una cosa che distrare un sacco, e quando succede, innalzi l’asticella delle aspettative in un modo che non è né giusto, né gentile, né reale! Perciò, secondo me, non stai facendo bene il tuo lavoro. Certo, mi sarebbe piaciuto indossare un po’ più di correttore sotto gli occhi in certi lavori? Sì, ma la verità è che io sono fatta così!
Quando gli Irlandesi guarderanno questo film, non dovrebbero percepirlo come troppo lontano dalla loro realtà. Ricordo di aver visto un film quando ero piccola, che si chiama “Dogfight – Una storia d’amore”, con River Phoenix e Lili Taylor, bravissimi: lei interpreta questa ragazza che, in parole povere, è “la brutta” in una gara tra “chi porta la ragazza più brutta alla festa”, e il personaggio di River porta lei; è tristissimo, ma Lili è così brava e ricordo di essermi chiesta come dev’essersi sentita ad essere scelta per quella parte.
Comunque, se metti da parte il tuo bisogno di essere attraente, apri le porte alla possibilità di essere un’attrice incredibile ed arrivare ad un sacco di persone che vivono la stessa esperienza – se ci riesci, è bellissimo, è un grande vantaggio, secondo me.
Come ti dicevo, io e il pubblico in sala abbiamo riso così tanto per certe scene del film, perché è di un’ironia bellissima. A te cos’è che fa ridere più di tutto?
In questo film, ci sono un sacco di cose che mi fanno ridere, soprattutto quelle crudeli, tipo una scena in particolare, quella in cui Pádraic vede Colm che gli passa davanti per strada e non gli rivolge neanche uno sguardo, e mi fa ridere perché è una cosa così maleducata! Martin e io ci facevamo le migliori risate in momenti del genere, anche se non avremmo dovuto, perché si tratta di cose che fanno male [ride]. Anche il personaggio del bartender del pub mi piace un sacco, ha un sacco di battute ed espressioni facciali che mi fanno ridere; e poi adoro anche la scena con Pádraic e Siobhán in cui Pádraic cerca di capire se è stupido [ride].
Invece, nella vita vera, mi fanno tanto ridere le cose che fa Martin, adoro il dark humor, e mi fa ridere la serie HBO “Curb Your Enthusiasm”, quando la guardo, penso sempre, “Sono io, è la mia vita!”. Mi piacciono tantissimo i film divertenti, ho sempre voglia di una commedia, forse perché mi piace evadere dalla realtà attraverso i film, mentre non sempre sono pronta a farmi emozionare. Se si tratta di letteratura, invece, mi piacciono i libri pesanti o le atmosfere più cupe, ma con i film, mi attraggono di più le storie divertenti e leggere, stranamente. È più unico che raro trovare un film che riesca ad essere emozionante, spunto di riflessioni e divertente allo stesso tempo, e secondo me è per questo che “Gli spiriti dell’isola” è così speciale, è un pochino triste ma anche divertente, e forse è per questo che sta ricevendo tanti riconoscimenti.
In generale, quando leggi una sceneggiatura, cosa ti fa dire di sì ad un progetto? Cosa cerchi nei personaggi che alla fine ti fa venir voglia di interpretarli?
Di solito, punto su quello che è il mio forte. Ci sono tante cose che so essere il mio forte, anche se penso di saperne ancora di più su quello che invece non so fare. Molti attori seguono la filosofia “fai ciò che ti spaventa”, ma no, scusate, io non ho intenzione di farlo! Vado a cavallo, ed è una botta di adrenalina sufficiente per me, la vita è già così intensa, non ho bisogno di spaventarmi a morte anche a lavoro.
Direi che tendo a dar peso a chi è il regista del progetto, o se è coinvolto un qualche attore che mi piace o con cui avrei voglia di lavorare, o se il ruolo è qualcosa che sarei in grado di fare molto bene. Se inizio ad avere la sensazione che potrei fare un pessimo lavoro, invece, non ci proverei nemmeno perché non voglio far schifo! Quindi, di solito, sono ben disposta a fare cose in cui sono sicura sarei brava.
Poi, anche la location è importante, più passano gli anni e più ci faccio caso, soprattutto se si tratta di una serie tv; se è un film, mi va anche bene girare in qualunque posto, ma una serie potrebbe comportare star via per 6 mesi, che poi potrebbero diventare 5 anni, e non vorrei mai tagliare i ponti con amici e famiglia per andare in un luogo in cui magari potrei sentirmi molto depressa; la mia salute mentale è un fattore di cui devo assolutamente tenere conto nella scelta. A seconda della fase della carriera e della vita in cui ti trovi, e a seconda di come te la stai passando, i soldi contano a dire il vero, a volte ti tocca, se sei un attore, fare un lavoro solo per soldi, è un mestiere come altro, soprattutto per chi ha una famiglia da mantenere, ed è un lusso arrivare ad un punto in cui puoi permetterti di dire: “Me la caverò per 6 mesi, posso aspettare che arrivi il ruolo che voglio”. Ad ogni modo, ci sono stati momenti in passato in cui io non potevo permettermi quel lusso, e mi toccava pensare, “Okay, mi servono soldi, quindi dovrò fare qualcosa per farne – qual è la cosa migliore che riesco a fare per guadagnare dei soldi?” e non credo ci sia niente di cui vergognarsi, onestamente, perché è bello avere un’etica del lavoro, e io provengo dalla classe operaia e sono una donna indipendente, quindi non ho nessuno che paghi le bollette al posto mio. Se fai qualcosa che paga molto poco, alla fine della fiera, non puoi che arrivare alla conclusione che “okay, ma ho dei cavalli da sfamare…”.
Forse, dietro tutto quello che succede c’è un disegno, se un evento accade è perché deve accadere, ma non direi che i soldi sono il fattore principale, ad ogni modo.
“Di solito, sono ben disposta a fare cose in cui sono sicura sarei brava”.
Qual è stato il tuo più grande atto di ribellione?
Direi, fare l’attrice in primo luogo, perché lo sono diventata da giovanissima e ho sempre voluto fare questo mestiere, anche prima di American Idol e tutte quelle robe lì. Poi, vivevo nel mezzo del nulla in Irlanda, non conoscevo nessuno dell’industria cinematografica, quindi non avevo alcuna connessione. Ma non so se è stato proprio un atto di ribellione, non è che la mia famiglia mi abbia mai imposto di non farlo, e i miei genitori sapevano che volevo andarmene di casa da quando avevo 10 anni…
Forse, la scelta non sposarmi o non avere figli, ma non so se è un atto di ribellione nemmeno questo, credo sia un desiderio sincero, onesto, ma immagino che alcune persone possano prenderla come una decisione ribelle, nel senso che è come se stessi andando contro qualcosa; magari anche solo ammetterlo è una ribellione, dire apertamente che non ho mai provato il desiderio di avere figli, il che è qualcosa che molti non dicono perché pensano che sia una cosa stile Crudelia De Mon. Quando parlo con amici che hanno figli, ecco mi rendo conto che loro li hanno voluti, mentre io non ho mai provato quel desiderio… Forse, potrei adottare, ma finora sono stata irremovibile nella mia ribellione da questo punto di vista. Ma non so se può definirsi davvero “ribellione”…
Ultima domanda: qual è la tua isola felice?
Facile: la mia isola felice è con gli animali. Adoro stare con gli animali. Ho avuto un cane per 15 anni che è stato l’amore della mia vita, e ora non c’è più ma è nei miei pensieri ogni giorno, la mia vita senza di lei è complicata. A volte, penso, “Dovrei voltare pagina e prendere un altro cane?”, ma non sono ancora pronta. Quando mi prendo cura di un animale, o anche solo se passo del tempo con i miei cavalli, mi sento così felice e così utile e amata davvero in un modo in cui non mi sento mai quando sono in compagnia di esseri umani. Sono cresciuta in campagna, quindi anche da bambina passavo tanto tempo sola con gli animali e con la mia immaginazione, quindi mi sento molto tranquilla e felice e amata quando sono in compagnia dei mei cavalli.
Photos & Video by Johnny Carrano.
Makeup by Katya Thomas.
Hair by Giannandrea Marongiu.
Styling by Emma Jade Morrison.
Location: Hotel Danieli