Abbiamo incontrato Marcus Rutherford a Londra, e siamo stati subiti catturati dalla sua sincerità e dalla pacatezza con cui ci ha raccontato dei suoi primi passi nella carriera di attore e di come la svolta sia arrivata con il ruolo di Leon in “Obey”.
Diretto da Jamie Jones, il film, ambientato durante le rivolte di Londra del 2011, ha portato Marcus alla candidatura come Miglior esordiente ai British Independent Film Awards del 2018, e adesso non ci rimane che aspettare i futuri progetti di questo incredibile giovane attore.
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Per prima cosa, congratulazioni per la nomination ai BIFA, come hai reagito quando lo hai scoperto, dato che è anche il tuo primo ruolo da protagonista?
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Direi sbalordito, perché avevo scoperto un po’ prima di essere nella prima selezione con un’altra ventina di persone, e già questo era incredibile. Ma poi sono rientrato nella selezione finale, è stato meraviglioso.
Cosa ti ha attirato di questo progetto? Come ti sei relazionato al tuo personaggio, Leon?
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Ovviamente non avevo fatto molto prima, quindi credo che come artista agli inizi fossi alla ricerca di qualsiasi opportunità, e poi è arrivata la sceneggiatura. Ho pensato che fosse davvero interessante, perché non so quanto le persone sappiano degli scontri di Londra del 2011. Non avevo visto molto a riguardo in TV o sul grande schermo, quindi ero abbastanza incuriosito dal perchè questa storia non fosse stata davvero raccontata, e poi ho basato l’interpretazione del mio personaggio su alcuni amici, storie che ho sentito e sulla mia propria immaginazione. Ho un amico dei tempi dell’università che è di Hackney, come Leon nel film, che mi ha raccontato com’è stato crescere in quell’ambiente e così via.
Quindi hai fatto una ricerca approfondita e vasta.
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Sì perché il film tocca diversi argomenti come la gentrificazione, le classi sociali, le etnie, ecc. quindi ho parlato col mio amico di Hackney che ha vissuto la maggior parte della sua vita in East London dei cambiamenti che ha visto nel corso degli anni.
“…il film tocca diversi argomenti come la gentrificazione, le classi sociali, le etnie”.
Jamie Jones non è nuovo a questo tipo di temi; come hai lavorato con lui per dare voce a Leon?
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Avevo visto un paio di suoi cortometraggi, credo sia molto concentrato sulle persone, non tanto sullo “svantaggiato di turno” ma sulle classi sociali, o le persone che lottano per qualcosa. E ci può essere qualcosa di vagamente politico con quello che ha da dire ed è in sintonia con l’attuale clima politico, specialmente con i temi riguardanti la classe operaia o le molte persone che sono in difficoltà a causa dell’austerity e cose così.
Quando Jamie ed io ne abbiamo parlato, abbiamo visto Leon come qualcuno che avesse bisogno di aiuto, semplicemente qualcuno disposto a tendere la mano durante il fallimento del sistema scolastico o sociale. Si percepisce come per lui non ci fosse nessuno a cui potersi rivolgere.
“Obey” non si tira indietro, è crudo, intenso ma allo stesso tempo lo si percepisce come estremamente reale; che tipo di reazione ti aspetti dal pubblico?
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Non si tira indietro sotto certi aspetti ma spero che faccia riflettere le persone su alcune problematiche perenni, come la classe, il razzismo, ecc. Il film ci offre uno spaccato dell’attuale società, e in qualche modo amplifica alcuni dei problemi che stiamo affrontando ancora oggi nonostante i fatti raccontati risalgano al 2011. Credo che molte delle tematiche del film siano profondamente rilevanti ancora oggi. Quando siamo andati a New York, alcune persone mi hanno detto che si erano relazionate con la storia nonostante non sapessero molto delle rivolte di Londra.
Come descriveresti il “rumore” del film, i continui suoni che quasi si mettono in mezzo, in contrasto per esempio, al momento calmo e pacifico di quando il protagonista fa un giro in barca sul fiume Lea?
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Credo che Jamie stesse seguendo un’idea che è quasi soffocante, come lo stile di vita nel quale Leon sta crescendo, c’è così tanto rumore e non può “girarsi” da nessuna parte e non appena incontra queste persone, si immerge nel loro mondo per un attimo, e va a fare questo giro in barca e una delle mie battute preferite di Leon è “è così silenzioso qui”, in quanto mostra davvero la contrapposizione tra quei 2 stili di vita. Perché essenzialmente se non si ha nessun tipo di supporto o sostegno finanziario tutto sembra incessante mentre Twiggy e Anton dato che hanno un background differente, possono “staccare” e andare a fare un giro in barca nel weekend. Quindi credo che il rumore e la musica vengano usati per mostrare questi mondi differenti.
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Quali storie sogni di raccontare?
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Sono sempre stato attirato da personaggi, storie, o persone che sembrano non appartenere del tutto al loro mondo per diversi motivi, e credo di ver continuato questo filone nell’interpretare Leon. Quindi una qualsiasi storia su questa falsa riga credo. Originariamente sono di Nottingham, nelle Midlands, e mi piacerebbe interpretare personaggi al di fuori di Londra perché a volte Londra è un po’ centrica per quanto riguarda le storie, ma c’è così tanto al di fuori, quindi qualsiasi storia così sarebbe fantastico.
“Sono sempre stato attirato da personaggi, storie, o persone che sembrano non appartenere del tutto…”
Hai sempre sognato di fare l’attore?
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Ho trovato una rivista fatta a scuola quando avevo più o meno 8 anni dove dicevo che avrei voluto diventare regista per poi dimenticarmene per anni. Ho scoperto la passione per la recitazione durante l’adolescenza.
Ti piacerebbe sederti dietro la cinepresa un giorno?
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Si, potrei fare un tentativo e vedere quanto è difficile. (ride)
Scrivi anche delle storie…
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Si, scrivo brevi racconti…un giorno mi piacerebbe davvero sedermi dietro la cinepresa.
L’ultimo film che hai guardato che ti ha fatto “saltare” per la voglia di cambiare le cose?
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Ho visto un film intitolato “Climax” di Gaspar Noé, l’ho visto per puro caso. È davvero difficile da descrivere, era tanto che non vedevo qualcosa del genere ad essere onesti, e alla fine ci siamo tutti guardati e chiesti “cosa abbiamo appena visto?” ed era da molto tempo che non vedevo una reazione del genere, quindi credo che nel film ci fosse qualcosa di diverso. Il modo in cui il regista usa la camera e la musica, è un film francese che usa musica techno francese in maniera fantastica. È basato su una storia vera di un gruppo di ballo che si fa un “LSD trip”, quindi è davvero dark e contorto. È fantastico.
Qual è il tuo must have sul set?
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Musica. Ovviamente quando ho girato “Obey” non avevo molta esperienza sul set, e avere così tante persone intorno può essere quasi spaventoso. Quindi ascoltare musica è probabilmente il modo migliore per estraniarsi dal mondo.
Qual è stata una delle cose più belle nel trovarti in questo specifico set?
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Semplicemente il tempo e l’impegno che tutti ci hanno messo; di certo non è stato fatto con molti soldi ma ho imparato che con i film indipendenti ce la si fa in gran parte per la passione che ci si mette. C’erano molto persone in grado di fare cose strepitose, come l’art department, Lotty Sana, che ha realizzato le location, credo che lavori sul set di “The Crown” adesso. Senza un grande budget ha creato la casa di Leon ed era esattamente uguale a quella di mia nonna. Per esempio c’erano delle piccole calamite dalla Jamaica sul frigo, e tutti questi piccoli dettagli mi hanno lasciato a bocca aperta. Lotty ha solo 27 anni, viene da Swansea ma ha saputo ricreare questo intero mondo. Anche il direttore della fotografia, Albert Salas, ha fatto un lavoro strepitoso, ricevendo anche diversi premi tra cui il Tribeca. Ho visto quanto impegno ci ha messo durante tutto il progetto: stavamo girando la scena della barca, ha visto che il solo stava tramontando e c’erano dei piccoli dettagli che solo lui notava, ha trasformato il film dall’essere un tipico film di “strada” a qualcosa di molto di più. Quindi trovarmi in mezzo a tutte queste persone non poteva che essere fonte di ispirazione per me.
“…ho imparato che con i film indipendenti ce la si fa in gran parte per la passione che ci si mette”.
Qual è la tua isola felice?
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Ad essere onesti mi piace molto trovarmi in un cinema, mi piace molto guardare film, non so se gli attori rispondano così, potrei scoprire che questo è quello che non si dovrebbe mai dire. (ride)
Per me, cena e cinema è la combinazione perfetta.
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È meraviglioso. Un amico non molto tempo fa mi ha detto: “non sei mai stato al cinema da solo?” ed io: “no” e mi ha detto che non c’è niente di meglio. Perché così non ti preoccupi se agli altri sta piacendo o no il film. Dopo questa conversazione mi è capitato di andare al cinema da solo, anche a teatro.
Mi sento sempre responsabile per l’altra persona quando si va al cinema, e mi domando anch’io se il film stia piacendo o no.
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Per un appuntamento è terribile, l’ho fatto, e ripensandoci mi chiedo “perché sono andato al cinema, perché sono stato seduto in una stanza buia senza parlare con l’altra persona per 2 ore?” È terribile, e poi è così difficile trovare qualcosa che piaccia ad entrambi.
Visto che sei all’inizio della tua carriera, e sognare è una parte importante di questo momento, qual è il progetto dei tuoi sogni? O il regista con il quale desideri lavorare?
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Troppi! Per un progetto, potrebbe essere davvero tutto. E se devo scegliere un regista direi Sean Baker, ha diretto “The Florida Project” e “Tangerine”, credo che sia davvero incredibile come regista.
È un altro regista che racconta le realtà in modo crudo.
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Sì, credo che “The Florida Project” sia stato uno shock. I colori sono incredibili e anche il livello di maturità del suo lavoro come regista, considerando quello che già fatto data la sua età, e il modo in cui è riuscito a far recitare quei bambini in maniera così naturale è semplicemente incredibile. Mi rendo conto che A24 [casa di produzione e distribuzione indipendente americana] sia dappertutto e se mai mi dovessi trovare su un set o in un progetto dove anche loro sono coinvolti, potrei tranquillamente chiuderla li.
“Mi rendo conto che A24 […] è dappertutto e se mai mi dovessi trovare su un set o in un progetto dove anche loro sono coinvolti, potrei tranquillamente chiuderla li”.
Nel 2018 A24 ha fatto uscire “Hereditary – Le radici del male” e “First Reformed – La creazione a rischio” con Ethan Hawke e di Paul Schrader che è lo sceneggiatore di tutti i film di Martin Scorsese. Il film è spettacolare.
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C’è stato un anno in cui tutto era semplicemente spettacolare: “The Florida project”, “American Honey” e “Good Time”, quest’ultimo si è rivelato un film assurdo. La performance di Robert Pattinson in “Good Time” e altrettanto incredibile, lo conoscevo solo per “Twilight” ma si è trasformato nello schermo in questa sorta di sociopatico biondo. Quindi sì, sicuramente A24: se un progetto a che fare con loro, deve essere per forza fantastico. Sanno come scegliere il progetto perfetto per loro, e hanno già un catalogo di tutto rispetto.
Cosa significa per te recitare?
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Sono sempre stato tremendamente timido e riservato. Se dovevo fare una presentazione a scuola, cominciavo a preoccuparmi già una settimana prima. Ma se c’era una classe di recitazione dove pretendere di essere qualcun altro o far qualcosa sul palco per qualsiasi motivo, non mi importava che le persone potessero stare a guardare, l’ansia sociale non era più un mio problema. Quindi credo che per me sia sempre stato un fuggire, alla ricerca di storie e personaggi diversi da esplorare.
Credo anche sia un privilegio, ho sentito delle persone dire che recitare sia molto difficile, e a volte lo può essere, ma credo che avere l’opportunità di recitare sia un lusso, e mi sta aiutando in diversi modi. “Obey” in particolare ha migliorato molto la mia autostima e sicurezza e sarà per sempre molto importante per me.