Abbiamo visto “La Favorita” alla Mostra del Cinema di Venezia e da quel momento ci siamo innamorati di tutto: interpretazioni, costumi, sceneggiatura, regia e del makeup imperfetto, bellissimo ed esagerato che comunicava tutti quei piccoli dettagli e particolari che facevano funzionare un personaggio, senza farcelo notare.
Dopo aver intervistato Deborah Davis, co-sceneggiatrice di “The Favorite”, abbiamo avuto l’occasione di incontrare a Londra la mente favolosa dietro alla creazione di quelle parrucche, di quel makeup sbavato, quella cipria troppo forte e quei nei, tutti con un loro significato preciso: Nadia Stacey. Con lei abbiamo parlato della bellezza di lavorare con il folle regista Yorgos Lanthimos, della fiducia che lui ha dato ai suoi collaboratori, per essere liberi e dare quel tocco pazzo in più e abbiamo chiacchierato di come è stato il processo di creazione per tutti quei look makeup pazzechi e di quelle vaporose parrucche (la lacca era proibita).
Da “The Favorite” a “Tolkien” (che uscirà a maggio), Nadia ci ha raccontato di come si approciata al makeup la prima volta, di come lo vive nella sua vita di tutti i giorni e di quando stia aspettando (come noi) che Yorhos finisca la sua prossima sceneggiatura.
Prima di tutto, congratulazioni per la vittoria come Miglior Makeup ai BIFA! Come ti sei sentita quando hai saputo della nomination? E come ti senti ora, dopo la vittoria?
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Sono rimasta piuttosto scioccata.
Avevo un meeting quella mattina e ho spento il telefono e solo più tardi, quando stavo andando a trovare la mia famiglia, ho trovato tutti i messaggi e ho pensato “Cosa? Cos’è successo?”. Stava accadendo davvero! E naturalmente ero molto contenta ed ero anche felice che molti del team avessero ricevuto delle nomination: era un bel gruppo, perché “La Favorita” è stato un tale lavoro di squadra ed avere tutti una nomination (e per molti di noi vincerla) è stato bellissimo. E in particolare per la parte più manuale: dal mio team, i costumi, il design di produzione, è stato un lavoro di collaborazione e tutto quello che si vede è frutto di tre reparti che si uniscono, quindi per tutti noi è come se avessimo ricevuto un premio insieme.
Stamattina mi hanno consegnato questo pacco e ho pensato: “Cosa c’è in quella scatola? Oh, sì, ho vinto!” Dal momento che mi sto trasferendo in una nuova casa non ho ancora trovato un posto per il premio, perché ho bisogno di trovargli un luogo speciale. È stato tutto molto entusiasmante e meraviglioso. E, dal momento che è frutto del duro lavoro, sento come se lo meritassi ancora di più: è ancora meglio!
Perché il makeup come percorso professionale? In particolare, perché diventare makeup artist per il cinema?
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Ci sono un po’ capitata.
Ho sempre fatto lavori difficili e non sapevo veramente cosa volevo fare: ero da sempre una fan del cinema, ma non avevo idea di cosa fare. Poi ho incontrato una donna che faceva la truccatrice anni fa e mi ha spiegato che c’erano dei corsi che potevo frequentare e, anche se non sapevo davvero nulla del trucco, mi sono iscritta e sono andata lo stesso. Improvvisamente ho pensato, “Oh, sì, ecco: riesco ad unire qualcosa di creativo ed tutto il mio amore per il cinema in un solo colpo”.
Ho iniziato con il teatro, ho imparato a creare parrucche e poi ho avuto l’opportunità di girare un film: era un film storico molto ambizioso e, per la prima volta, ho pensato: “sono esattamente dove dovrei essere”. Tutto è diventato chiaro, ed è stato allora che ho sentito la necessità di entrare nel mondo del cinema. Non c’è niente di meglio che vedere il tuo lavoro sul grande schermo, è incredibile.
“Non c’è niente di meglio che vedere il tuo lavoro sul grande schermo, è incredibile”.
“La Favorita” gioca sui contrasti delle tre protagoniste: come hai lavorato su questo aspetto? Hai discusso i look anche con Emma [Stone], Olivia [Colman] e Rachel [Weisz]?
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Sì, assolutamente: erano tutte molto coinvolte nel loro look.
Per ognuna di loro ho analizzato il personaggio nella sceneggiatura, e ho capito che la bellezza della storia risiede in queste tre donne, tutte e tre protagoniste, ciascuna con una storia molto forte: tutte e tre affrontano molte cose ed un lungo percorso. Che sia la salute di Olivia o l’ascesa al potere di Emma a Corte, oppure il declino della popolarità di Rachel – quando alla fine la vediamo che ha dovuto lasciare il palazzo ed è tornata nella sua residenza – ognuno dei personaggi percorre un viaggio, un viaggio che mi sembrava di poter narrare attraverso i capelli e il trucco. Ho ricreato un arco narrativo per ciascuno dei personaggi, che ho poi cancellato mentre procedevamo col lavoro, ma Yorgos non vuole che sia una storia normale, o standard, vuole vederci una svolta. Ma sì, tutte e tre erano profondamente coinvolte.
Come hai portato avanti ricerche sul particolare periodo storico, specialmente per quanto riguarda Olivia e i personaggi maschili?
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Ho fatto molte ricerche per tutto il periodo storico in questione e per circa i dieci anni precedenti, dal momento che la moda impiega un po’ di tempo ad espandersi e la Francia era il fulcro della moda dell’epoca, che si stava lentamente espandendo in Inghilterra. Quindi sono tornata indietro nel tempo perchè, se vuoi infrangere le regole, devi prima sapere quali sono: ho studiato molto.
Principalmente è stato attraverso i dipinti, dal momento che naturalmente si tratta dell’era pre-fotografia. Abbiamo visto molti dipinti e abbiamo visitato le Gallerie Nazionali focalizzandoci sui ritratti, mentre Yorgos era particolarmente interessato a cercare di catturare l’aspetto di un dipinto ad olio: l’onda formata dai capelli, le pennellate, tutto in quei quadri gli è piaciuto molto e ha cercato di incorporarlo nel film.
“Se vuoi infrangere le regole, devi prima sapere quali sono: ho studiato molto”.
In “La Favorita” un trucco davvero interessante è stato quello sfoggiato dalla Regina Anna per le occasioni ufficiali, con tanto di rossetto e nei applicati sul viso. Come l’hai creato e ha rappresentato una sfida in particolare?
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Sì, perché in quel periodo le donne avevano un aspetto più semplice e rigido, mentre gli uomini erano quelli con le facce dipinte, anche se per le scene del ballo volevamo che le donne indossassero il trucco. Ma, dato che si tratta della regina Anna, c’è qualcosa di ingenuo ed infantile in di lei, nel suo personaggio: è come se si sbagliasse sempre. Vede queste belle dame di corte con i volti dipinti ma non riesce ad imitarle: è così che abbiamo pensato al “trucco da tasso”, anche se è stato difficile calibrarlo in maniera che sembrasse infantile, ma non sciocco. Deve essere qualcosa di vero rispetto all’epoca, deve essere riconoscibile, ma sempre con l’inconfondibile “tocco della Regina Anna”.
Una delle scene più avvincenti è quando la regina Anna si sta preparando per un incontro diplomatico, e Sarah Churchill (Rachel Weisz) si prende gioco del trucco dicendo che sembra ridicola. Com’è nata quell’idea? Ci sono state particolari indicazioni da parte del regista?
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Nella sceneggiatura c’è scritto: “Sembri un tasso.” Quindi sapevamo che avrebbe avuto questo tipo di marcatura nera sugli occhi, ma per molto tempo non ho avuto idea di come fare, era qualcosa su cui continuavo a rimuginare. Non sapevo come interpretare quel trucco. Poi ho visto cosa stava facendo Sandy Powell, la costumista, per gli abiti che si sarebbero visti nella sala da ballo: c’era moltissimo bianco e nero, molti costumi erano striati, e così ho deciso di creare una sorta di “striscia” nera sugli occhi e di abbinarla ad un viso dipinto che la regina ha già visto, e può quindi copiare, ma sbagliandolo completamente e dando vita a qualcosa di bizzarro. E lo abbiamo fatto davvero; abbiamo filmato questo processo in modo che il makeup risultasse rozzo e appariscente, non sfumato e ben fatto, proprio come se la regina Anna avesse steso lei stessa il blush. E questo è il risultato.
“Vede queste belle dame di corte con i volti dipinti ma non riesce ad imitarle”.
I personaggi maschili di questo film sono fantastici perché sono davvero rappresentativi della moda esagerata del tempo attraverso il makeup, la cipria per sbiancare il volto e tutte quelle parrucche.
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É stato molto bello perché non abbiamo mai occasione di lavorare sugli uomini, in particolare per un dramma storico. Sono sempre senza trucco e per una volta è stato bello invertire i ruoli e lavorare con loro. Gli uomini passavano più tempo nei camerini del makeup rispetto alle donne e ciò non accade mai, quindi eravamo molto entusiaste di questo cambiamento.
C’era qualcosa di ridicolo nel loro aspetto che ci piaceva, ed era un dettaglio su cui volevamo spingere.
Abbiamo iniziato con il makeup, creando queste facce bianche con gli occhi più scuri e il rossetto, ma poi abbiamo pensato al realismo dell’epoca: doveva essere tutto un po’ malmesso, il trucco non doveva essere perfetto, quindi abbiamo aggiunto qualche dettaglio e abbiamo “rotto” il bianco del cerone, lasciando trasparire un accenno di pelle sotto. Ci siamo molto divertite con il makeup e anche con le parrucche, anche se con quelle siamo impazziti. Yorgos è stato fantastico perché niente era troppo esagerato, se glielo chiedevamo rispondeva: “Va bene, ma ancora di più”.
E a volte, se truccavo Nick [Nicholas Hoult] in un modo particolarmente bello, diceva; “no, roviniamo qualcosa”. È stato davvero divertente giocare con gli uomini e non con le donne per una volta, è stato un bel cambiamento.
“Ci siamo molto divertite con il makeup e anche con le parrucche, anche se con quelle siamo impazziti. Yorgos è stato fantastico perché niente era troppo esagerato, se glielo chiedevamo rispondeva: ‘Va bene, ma ancora di più’.”
La tua esperienza a teatro ti ha aiutata?
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Assolutamente sì. É stato come tornare alle origini, in qualche modo: devi scartare tutto ciò che sai e tornare indietro, proprio all’inizio della tua carriera, e pensare a come realizzare un makeup che deve apparire quasi infantile, perché si supponeva che si truccassero da soli. Non avrebbero avuto a disposizione i makeup artist per truccarli perfettamente, dovevamo pensare a loro come a personaggi. Si svegliavano al mattino con queste parrucche sporche, probabilmente raccolte dal pavimento, le rimettevano a posto e si dipingevano i volti. Quindi sì, tutto è sempre stato basato sui personaggi, su chi sono. Era questo il motore dietro tutte le nostre scelte.
Qual è stata la più grande sfida per “La Favorita”?
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La sfida più grande non è stata quella di rendere perfetto un film storico ma c’è stata perchè, quando stai lavorando ad un film di Yorgos, sai che non sarà un processo normale. Ha bandito la lacca per capelli dal set: voleva che sembrasse disordinato e con i capelli fuori posto, e voleva che mettessimo il nostro tocco personale, qualcosa di diverso. La sfida è nel creare un trucco che sembri vero in quel periodo storico, hai bisogno che le persone capiscano che ci sono una regina e la sua corte, ma di nuovo questo è il film di Yorgos Lanthimos e quindi c’è qualcosa di diverso in più, ed è questo che va riflesso nel makeup.
“La sfida più grande non è stata quella di rendere perfetto un film storico”.
La sceneggiatura è incredibile e questi tre personaggi principali, indipendentemente dal fatto che siano donne, sono tre protagoniste straordinarie e volevo che il trucco non fosse mai una barriera o un ostacolo, non si doveva notare e doveva solo essere parte di quella realtà. Penso che questa sia stata un’altra sfida. Inoltre, Yorgos tende a lasciarti libero, e ora so che è un grandissimo complimento. Ti dice: “Fai quello che vuoi e portami dei risultati” e all’epoca pensavo: “Cosa vuoi di preciso? Non riesco a capire.” È stata sicuramente una sfida all’inizio.
Qual è stato l’aspetto più gratificante, a progetto concluso?
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Il modo in cui il film si presenta e quando la mia famiglia lo ha visto per la prima volta. Sono uscita dalla prima e ho detto al mio agente: “Se non farò più nulla, almeno ho fatto questo”. Mi ha colpita davvero moltissimo. Sul set, sembrava un film ad alto budget, ma non lo era: avevamo tutti delle restrizioni, il budget per i costumi non è quello che sembra vedendo il film, lavoravamo sempre così tanto e così velocemente da non aver modo di vedere realmente quello che stavamo facendo giorno per giorno. Ma c’è stato un momento sul set in cui Yorgos ha aperto le porte e le comparse erano ancora lì con le loro parrucche, pronti per la scena da ballo con i loro volti dipinti e allora ho pensato: “Oh mio Dio, l’ha fatto davvero. Ce l’abbiamo fatta”. È stato incredibile.
“Yorgos tende a lasciarti libero, e ora so che è un grandissimo complimento. Ti dice: ‘Fai quello che vuoi e portami dei risultati’.”
Qual è la cosa che più ti piace nel lavorare nel cinema e nel makeup?
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Arrivare a combinare l’aspetto narrativo con l’essere creativi. Sei in grado di creare qualcosa che puoi effettivamente guardare. E avere un certo tipo di libertà nel creare il personaggio, con un attore o un regista. E a volte puoi pensare al più piccolo dettaglio e loro lo usano, diventa parte di ciò che sono, ed è una cosa che adoro. A volte non è qualcosa che si nota sullo schermo, ma succede ed è fantastico.
Con Nick per “La Favorita” è successo con i suoi nei: tutti significano qualcosa. Era una sorta di vecchio linguaggio, un modo antico per flirtare, e hanno tutti un significato differente. Quindi ci sedevamo e guardavamo la scena, posizionando i nei a seconda del loro significato in quel momento.
Ci puoi dire qualche significato?
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Se è sulla guancia significa che ti senti coraggioso, audace; se è vicino alle labbra vuol dire che hai baciato, ma senza andare oltre, ce n’è anche uno che indica l’essere sposato…ce ne sono tantissimi. Nick e io ci sedevamo e li studiavamo. Ad esempio, quando il suo personaggio si reca a corte per vedere la regina ha un neo sulla guancia perché si sente coraggioso: non è una cosa che puoi notare se non ti è stata detto, ma Nick ci ha pensato molto.
Anche lui è fantastico.
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Nick è davvero bravo. Non aveva idea che sarebbe stato vestito in quel modo assurdo, non sospettava nulla. Non sapeva nemmeno che avrebbe indossato una parrucca. Quando gli ho presentato il look lui ha reagito con un: “Stai scherzando? Veramente?”. E ha dovuto mettere i tacchi ma non sapeva camminarci, era in difficoltà. La prima volta che li ha indossati di fronte a noi non sapeva cosa fare.
Hai lavorato a molti film storici, da “La Favorita” a “Breathless” fino a “Tolkien”, che uscirà quest’anno. Hai anche fatto parte del team di “Downtown Abbey” e “War Horse”: c’è un particolare periodo storico che desideri rappresentare ora?
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Penso di essere stata un po’ viziata dai film storici in cui ho lavorato. Quindi ora penso, “e adesso?” Mi piace davvero molto creare film storici e penso che mi piacerebbe fare qualcosa che, in termini di tempi, si colloca solo leggermente più tardi di “La Favorita”. Forse qualcosa di vicino al periodo storico in cui è vissuta Maria Antonietta, quando le donne iniziarono a indossare parrucche enormi, tanto voluminose da poter avere delle barchette tra i capelli. Mi piacerebbe fare qualcosa del genere.
Cosa puoi rivelarci del prossimo film biografico “Tolkien” e del tuo lavoro?
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Il film affronta diversi periodi e segue Tolkien da ragazzo fino ai primi del ‘900, per poi concentrarsi sul periodo della guerra: abbiamo molti feriti, soldati e cose del genere. Poi si passa attraverso gli anni ’30, quindi c’è stato un grande ricambio di personaggi, ed è stata una grande sfida ma era anche interessante poter affrontare look diversi per periodi storici differenti.
C’è un regista con cui sogni di lavorare?
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Guillermo Del Toro. Mi piacerebbe moltissimo lavorare con lui, penso che il suo staff sia fantastico e “La Forma Dell’Acqua – The Shape of Water” è stato il mio film preferito l’anno scorso, l’ho adorato. Mi piacerebbe lavorare con persone che pensano fuori dagli schemi e che affrontano le cose con coraggio. C’è anche un regista francese, Jacques Audiard, che mi piace molto. Ma sono stato fortunata a lavorare con persone così interessanti.
Come vivi il makeup nella tua vita di tutti i giorni?
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Non lo vivo molto [ride]. Non mi trucco quasi per nulla, a volte le persone chiedono “cosa fai nella vita?” e quando rispondo che sono una makeup artist sono sempre sorpresi perché non mi trucco mai. Il makeup lo usi così tanto nel lavoro che finisce per essere l’ultima cosa che vuoi fare su te stessa, ma credo che se lavorassi nella moda o nel makeup da red carpet potrebbe essere diverso. Tuttavia, mi piace molto lavorare nel Cinema, per me si tratta più che altro di raccontare la storia e dar vita alla sceneggiatura, quindi tendo a preferire progetti dove i personaggi non hanno tutti un aspetto perfetto: penso che sarebbe noioso, almeno per me.
Qual è l’ultimo film che hai guardato e apprezzato?
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“La Forma Dell’Acqua – The Shape of Water” mi ha davvero sconvolto, è incredibile. Sono andata a vedere “First Man – Il Primo Uomo” di recente, e anche quello è stato davvero bello. Mi ha davvero trasportato in quell’epoca: i capelli e il trucco, i costumi e la scenografia sono incredibili.
Abbiamo intervistato e conosciuto Donald Mowat, che è stato hair e makeup designer per quel film.
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Oh, sì, il suo lavoro è fantastico! E l’ho visto nel cinema I-MAX, quindi lo schermo era enorme: mi sentivo come se fossi nell’astronave, che è una bella sensazione. Il lavoro di Donald Mowat è davvero credibile e non ci avevo mai pensato durante il film, ma quando sono uscita mi sono resa conto, riflettendoci, che si trattava di un film storico e non me n’ero nemmeno accorta. Quindi sì, è stato bello.
E qual è il tuo film preferito riguardo makeup e hairstyle?
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Adoro il “Blade Runner” originale, adoro il trucco di Daryl Hannah. Non l’ho mai detto, ma è qualcosa a cui mi sono ispirata quando stavamo facendo la banda nera per il trucco in “La Favorita”. É un look così iconico, lo adoro, e se posso provare ad incorporarlo in qualche modo nell’Inghilterra del XV secolo, perché no? Penso che sia bellissimo ed è fatto benissimo.
“Mi piacerebbe lavorare con persone che pensano fuori dagli schemi e che affrontano le cose con coraggio”.
ISe potessi realizzare makeup e hair design per una figura storica, sia del passato che del presente, chi sceglieresti?
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Facile, David Bowie. Mi piacerebbe molto, ma credo che sarebbe molto difficile perché devi riuscire a realizzarlo molto bene. Sarebbe incredibile, anche se non so chi potrebbe interpretarlo. Soprattutto per quello che ha passato durante la sua vita, sarebbe una bella sfida. Sono una grande appassionata di musica, quindi probabilmente sceglierei sempre un personaggio di quell’ambiente.
Cosa c’è nel tuo futuro?
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Attualmente sto lavorando al primo show televisivo di Alex Garland: siamo appena tornati dalle riprese a San Francisco, che si protrarranno fino a Febbraio. Tratta proprio di una compagnia tecnologica a San Francisco. Ma voglio fare di nuovo un dramma storico, dopo questo. Anche se è difficile perché dopo “La Favorita” cosa puoi fare?
Sto leggendo alcuni script e continuo ad aspettare. Continuo a chiedere a Yorgos cosa sta facendo, e lui mi risponde cose tipo, “sì, sto scrivendo” e lo esorto a sbrigarsi. [ride] Onestamente, amo il suo lavoro. Quando ho iniziato a lavorare con lui ho pensato: “Non capisco, non so che cosa sto facendo, non so cosa vuole” perché non ti dà nessuno spunto, ti dice semplicemente che qualcosa va bene ma non sai mai cosa significhi.
Gli avevo messo davanti una decina di parrucche, tutte di colori e stili diversi, e gli ho chiesto cosa ne pensasse: mi ha risposto che sì, forse andavano bene, forse ci voleva qualcosa di più, e io non sapevo cosa volesse dire! Mi stavo letteralmente strappando i capelli e pensavo “aiutatemi!” Ma poi quando fai qualcosa e lo fai bene, lui va a prendere la sua macchina da presa e dice “giriamo” e allora sai che ce l’hai fatta, che va bene: penso che sia assolutamente un genio, e non lo dico alla leggera.
“Continuo a chiedere a Yorgos cosa sta facendo, e lui mi risponde cose tipo, ‘sì, sto scrivendo’ Onestamente, amo il suo lavoro”.
Tutti i suoi film sono affascinanti. Assolutamente folli e realistici.
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Oh, sì, il periodo delle prove era stato pazzesco. Emma aveva appena vinto gli Oscar e, quando è volata per raggiungerci, Yorgos ha riunito tutti in una stanza e ha detto: “Fate finta che ci sia un campo intorno a questa stanza e dite le vostre battute”. Dovevano far finta di essere dei polli, far finta di essere varie cose… Hanno passato tre settimane con questa folle routine di prove e la gente si chiedeva cosa stessero facendo. Ma poi siamo andati sul set e, in questo modo assurdo, tutto ha funzionato alla perfezione. Qualcosa è successo in quelle tre settimane, l’abbiamo capito tutti.
Colin Farrell ha recitato in “Il Sacrificio del cervo sacro” e ha dichiarato che ha lavorato con Yorgos due volte e in entrambe non ha idea di cosa sia davvero successo, come abbia fatto, ma sa che se Yorgos glielo proponesse lui tornerebbe sul set in un istante. Ti spinge a trovare qualcosa che non sapevi di avere.
Ora che guardo indietro penso che sia il più grande complimento possibile quello di essere scelti da lui, che ti dica: “Ok, ora fai quello che devi e fammi vedere”. In realtà c’è moltissima fiducia. Però non lo sai quando ti lanci per la prima volta nel lavoro, quindi magari aspetti che lui ti guidi ma non lo farà. Devi andare più a fondo e trovare le cose da sola. Alla fine, è ancora più gratificante perché pensi: “Oh, non sapevo di avere questa possibilità, non sapevo di poterlo fare ma l’ho fatto”.