“Grazie di esistere, ti amo”.
Queste sarebbero le parole che Nina Pons vorrebbe dedicare al cinema. E questo alla fine è quello che fa, ama quest’arte e la fa sua, in ogni sua forma.
Abbiamo incontrato Nina durante la 80. Mostra del Cinema di Venezia, in cui ha presentato il nuovo film di Pietro Castellitto, “Enea”. Ma con lei non abbiamo parlato solo del film: di sentirsi vivi, essere empatici, degli aspetti della società che la spaventano di più e di personaggi da interpretare, a volte esuberanti, a volte rotti.
Nina è una donna decisa, con tanti libri da leggere sul suo divano e i piedi ben piantati per terra. E noi non vedevamo l’ora di rincontrarla.
Sei qui a Venezia, alla Mostra, che è una delle più alte celebrazioni del cinema, come una lettera d’amore a quest’arte. Tu che lettera d’amore vorresti mandare al cinema?
Aiuto, non sono brava a scrivere lettere d’amore. Quindi scriverei solo “grazie di esistere, ti amo”. Lo so, lo ammetto, sembra il classico bigliettino che si mandava alle medie.
Sei qui con il film “Enea” di Pietro Castellitto. Qual è stata la tua prima reazione quando hai letto la sceneggiatura?
Ho riso molto leggendo. Ho notato fin da subito un’immensa sensibilità nella storia che ha voluto raccontare. È piena di humor e di situazioni paradossali.
Pietro Castellitto ha detto: “‘Enea’ è un film sul desiderio di sentirsi vivi, il bisogno che muove tutte le scelte di Enea è di sentire dentro di sé il movimento della vita”. Quando ti senti più viva tu?
Se mi guardo intorno ho l’impressione che le persone abbiano bisogno di stimoli sempre più forti per sentirsi vive. Forse bisognerebbe solamente cercare di fare un passo indietro verso qualcosa di più primordiale. Io tendo ad associare la parola “vitalità” ai legami affettivi. Mi sento viva quando sono in grado di dare e di ricevere amore.
Quando ho persone vere, che amo, che stimo e di cui mi fido al mio fianco. Nei momenti di difficoltà ci si aggrappa alle persone che si amano e spesso sono proprio loro ad aiutarci a ritrovare la forza vitale per rialzarci.
“Se mi guardo intorno ho l’impressione che le persone abbiano bisogno di stimoli sempre più forti per sentirsi vive”.
Come Nina, che cosa diresti ad Enea se ne avessi la possibilità?
Di non smettere mai di ascoltare e di seguire il movimento della vita.
“È un periodo molto strano”. Come è questo periodo per te?
Molto strano. Mai mi sarei aspettata di essere a Venezia a 24 anni. I miei piedi sono saldi a terra … forse anche perché non sono abituata a camminare sui tacchi alti mentre la mia testa non capisce bene se sta sognando o se è realtà.
Gente che è rotta dentro, che sorride e va avanti. Il film è un ritratto di queste persone, come ti sei immedesimata nell’atmosfera del film?
Piuttosto che immedesimarmi mi sono divertita ad immaginare Ilaria. È un personaggio leggero che avrà un risvolto a sorpresa nel finale. Sicuramente è una ragazza che dietro il suo aspetto ironico, ma allo stesso tempo professionale ha anche lei una rottura interna che si manifesta nella spinta ad aiutare l’altro.
Sei cresciuta insieme al mondo del cinema, c’è qualcosa che è stato difficile per te da accettare di te stessa o di questo mondo? E qual è invece la cosa che ti rende più felice?
Sicuramente la cosa difficile da accettare è il rifiuto. Come per tutti sono più i “no” che i “si” quelli che ho ricevuto. Però se provo a vedere la questione da un altro punto di vista, anche i “no” che un attore prima o poi deve dire, possono essere più importanti dei “si”. Mi rende felice il sapere di star facendo una cosa che mi rende felice.
Qual è la cosa più coraggiosa che tu abbia mai fatto?
Forse quello di portare avanti la mia passione. Spesso per paura di non farcela si tende a non inseguire i propri sogni. Tutti i mestieri secondo me sono difficili, non sto dicendo che questo sia più difficile degli altri, però senza dubbio si è costantemente sottoposti ad un giudizio esterno. La paura del giudizio c’è, ma il coraggio, non è l’assenza di paura, ma la capacità di affrontarla tirando fuori tutte le proprie risorse anche quelle che si pensava di non avere.
Qual è la tua isola felice?
Il divano o qualsiasi elemento di arredo orizzontale su cui posso sdraiarmi e leggere.
Quando reciti in un film il lavoro che fai su te stessa e il personaggio può essere molto grande, magari entri in contatto con parti di te stessa che non pensavi di avere. Qual è l’ultima cosa che hai scoperto di te stessa grazie alla recitazione?
Ho scoperto al provino con Carlo Verdone per “Vita Da Carlo 2” di essere in grado di buttarmi nel cosiddetto “non conosciuto”. Mi ha scelta per interpretare una ragazza molto distante da come sono io. Estremamente estroversa ed esuberante. Nella vita finché non entro in confidenza con le persone sono molto timida e riservata. È stato bellissimo, divertente, ma soprattutto liberatorio.
“Nel cosiddetto ‘non conosciuto'”
Cosa ti fa arrabbiare?
Chi non riesce a vedere l’altro.
Cosa significa per te sentirti a tuo agio con te stessa?
Significa molto. Sicuramente significa accettare di essere quello che sei con pregi e difetti. Magari sono proprio quei difetti che ti rendono chi sei. Forse bisogna essere meno severi con se stessi e conviverci serenamente, che non vuol dire non modificarsi, però vuol dire non vivere nell’ansia del giudizio.
Cosa ti spaventa di più?
Questa “società performativa” che ti impone di essere sempre “yeah” mi fa un po’ paura. Su Instagram si mostra sempre il lato bello, l’emozione predominante è la felicità. Questo ti porta a stare al di fuori da te sempre, a non vivere a pieno quello che succede dentro, anestetizzati, e questo ci rende meno empatici. Ecco, la mancanza di empatia mi spaventa.
Qual è stato il tuo più grande atto di ribellione finora?
Ho un forte senso della giustizia e forse la mia ribellione esce proprio qui. Mi ribello di fronte all’offesa della dignità e dei diritti miei e degli altri.
“Ecco, la mancanza di empatia mi spaventa.”
Recitare ti fa sentire libera? E in che modo fai tua questa libertà?
“Libera” non è una parola semplice.
Sicuramente recitare mi rende felice. Ma non voglio legare la mia “libertà” ad il mestiere che spero di fare e a i miei risultati come attrice. Essere totalmente liberi vuol dire secondo me avere una forte identità, che richiede un grande lavoro sulla persona. Recitare mi ha trasmesso l’importanza del “lasciarsi andare” dello stare, del sentire, e questa è sicuramente una grande forma di libertà.
L’ultima cosa che ti ha fatto sorridere?
Pensare a come ho risposto alla domanda numero uno.
Photos by Johnny Carrano.
Styling by Vanessa Bozzacchi and Sara Castelli Gattinara.
Thanks to Other srl.
Total looks by Fendi.