Ridere fa bene.
Al cuore, alla salute, all’umore, ai rapporti con gli altri.
Ridere significa saper essere forti abbastanza da affrontare i momenti più difficili e gioire dei traguardi raggiunti. Ridere è qualcosa di spontaneo, semplice e contagioso, una metafora della vita.
Ma ridere può essere anche un modo per fare del bene e per lasciare il proprio segno nel mondo (non importa quanto grande esso sia): ecco dunque che la risata diventa uno strumento di supporto per la beneficenza, con il desiderio e la speranza di portare un sorriso anche nei posti più lontani, ma che sentiamo vicini al cuore.
Lo sa bene l’attrice Paola Minaccioni che, dopo aver preso parte ad importanti progetti cinematografici e televisivi (come “Magnifica presenza” e “Allacciate le cinture”), si prepara a portare in scena, nei teatri d’Italia il suo monologo “Dal vivo sono molto meglio”, nel quale interpreterà diversi personaggi dando uno spaccato (ironico seppur realistico) della società contemporanea. Lo spettacolo, tra una risata ed un’imitazione (a cominciare da Loredana Bertè e Giorgia Meloni), giungerà anche al Teatro Serassi (Villa d’Almè, BG) il prossimo 19 Aprile, in una serata a favore della ONLUS Amici per il Centrafrica, alla quale Paola ha già espresso in più occasioni la sua vicinanza.
Amici per il Centrafrica ONLUS è un’associazione apolitica e laica che opera in Repubblica Centrafricana e che, grazie al sostegno e all’aiuto dei volontari, si impegna ad aiutare la popolazione locale promuovendo l’istruzione, le cure sanitarie e la formazione professionale, nella speranza di render loro autonomi e di aiutarli a incamminarsi verso il futuro. La serata del 19 Aprile sostiene, nello specifico, il progetto “La Scuola dei Mestieri”, dedita all’insegnamento di tecniche professionali, a cui sarà interamente devoluto il ricavato.
Qualche tempo fa abbiamo avuto il piacere di parlare con Paola che ha parlato con noi e il Presidente della ONLUS, Pierpaolo Grisetti: ne è nata chiacchierata sugli obiettivi della ONLUS in merito alla serata del 19 Aprile, chiarendone gli scopi e lo svolgimento, sul percorso formativo e personale di Paola, da ragazza che si metteva al centro dell’attenzione per far ridere gli altri al lavoro con il regista Ferzan Özpetek, sullo spettacolo “Dal vivo sono molto meglio” (il cui titolo nasconde una motivazione ben precisa) e sul ritorno al mondo di “Mine Vaganti” sotto nuove spoglie e in una nuova ambientazione, quella del teatro, che ha permesso a Paola di affrontare delle paure e dei timori che, in fondo, rappresentano ancora una volta quelle della società.
Con la speranza, come ci ha rivelato Paola, che la sua risata possa giungere ovunque, anche in Africa, per illuminare, grazie alla ONLUS, il futuro di tutti quei giovani che si incamminano fiduciosi verso il futuro e verso le sue infinite possibilità.
PAOLA: C’è stato un momento nella tua vita in cui ti sei innamorata della recitazione, oppure è stato più un percorso che ti ha portata alla recitazione?
C’è stato prima il caso, o forse il destino… già da ragazza ero molto esuberante, mi mettevo spesso al centro dell’attenzione con delle battute, facevo parte di una famiglia ironica che definirei “naturalmente spettacolare”, ero abituata a usare l’ironia come forma di contatto con le altre persone. Poi al liceo ho iniziato a imitare coloro che mi colpivano, dai professori agli amici di scuola, e questo mi ha portata all’accademia d’arte drammatica. Sono stata presa al Centro Sperimentale di Cinematografia e da allora mi sono avvicinata sempre più al mondo della recitazione e del teatro. Mi sono totalmente innamorata della recitazione da diventare la mia scelta di vita.
PAOLA: Ci sono stati dei momenti in questo percorso che ti hanno messa alla prova o che al contrario ti hanno dato particolare soddisfazione?
Messa alla prova ogni giorno, quotidianamente noi artisti ci mettiamo in discussione. Tutti i giorni dobbiamo migliorarci, essere curiosi. Ovviamente ci sono dei periodi molto floridi in cui i tuoi sforzi vengono ricompensati da ruoli belli, magari diretti da grandi registi, altri in cui invece ti senti un po’ abbandonato, ma sono i flussi naturali del lavoro del libero professionista. In più noi ci dobbiamo sempre uniformare al mercato, quindi alle nuove forme di comunicazione, ai nuovi format di recitazione. Siamo sempre in movimento e questo ci rende molto vitali, siamo persone che invecchiano mentalmente con un po’ più di tempo però sempre stressati, sempre fragili. Sicuramente il tutto rende la nostra vita molto interessante.
PAOLA: Cosa ci puoi raccontare dello spettacolo “Dal vivo sono molto meglio”?
“Dal vivo sono molto meglio” è un invito agli spettatori ad entrare in casa mia, nella stanza dove ci sono i miei giochi preferiti: è un rapporto diretto col pubblico in cui apro la mia vita e il mio cuore. Mi sono avvicinata allo stand-up americano decidendo di raccontare del mio vissuto, naturalmente spettacolarizzato, usando tutti i miei mezzi, da personaggi del teatro classico – che può essere la siciliana e la nonna – ad imitazioni ispirate dal mondo televisivo o radiofonico, come quelle della Bertè, di Sabrina Ferilli, della Meloni: è una sintesi di quello che sono io. Poi è bellissimo stare in scena ed essere il direttore d’orchestra di un pubblico che tu induci alla risata, è davvero un piccolo pezzo di cuore quello spettacolo.
PAOLA: Lo spettacolo è anche un po’ uno spaccato della società: con quale messaggio vorresti “mandare a casa” gli spettatori?
Intanto il titolo nasce dal fatto che in genere le persone mi fermano e mi dicono: “Lei dal vivo è molto meglio rispetto a quello che si vede in TV”. È la mia forma di spettacolo preferita, quella in cui c’è forse il desiderio di ricordare alle persone che la vita vera è fuori dai social e fuori dalle paranoie moderne, un ritorno un po’ all’essere qui ed ora, a vivere il presente. È stato sempre difficile nella storia dell’umanità decidere di essere coscienti che il segreto per la felicità è vivere il presente; adesso siamo sempre più portati a vivere in un altrove, a non essere davvero connessi con quello che ci accade.
Tutti i personaggi sono persone che vedo, che ho conosciuto, che sono parte di me, forse c’è una critica sociale ma prima di tutto faccio una critica a me stessa. Ciò che mi auguro è che le persone decidano di avere un punto di vista proprio, di difendersi leggendo, interfacciandosi con la politica, interessandosi alla cultura in ogni sua forma, che si tornasse a fare un qualcosa di personale e realmente sentito, piuttosto che seguire le masse. E questo riguarda la moda, la cultura, i social, i valori, i timori, le grandi paure che spaventano adesso le popolazioni, la fobia dello straniero, essere pilotati da delle informazioni o dai media che vengono a loro volta utilizzati, e questo può essere molto pericoloso.
Un ritorno al presente e al personale.
PAOLA: Considerando tutte queste dinamiche, direbbe che la comicità può essere una chiave di lettura utile sia in vista dell’analisi della società che dell’autocritica?
Sì certo, per fare ironia bisogna avere una visione globale, in genere l’ironia ti salva, ti rende esterno rispetto a quello che accade, quindi avere un punto di vista comico, ti rende libero. Poi è essenziale perché la vita è una tragedia di cui bisogna imparare e ridere.
PAOLA: Qual è la tua imitazione preferita fino ad ora e qual è quella che invece vorresti fare?
Non ce n’è una preferita, sono tutti mondi meravigliosi, mentre non dico quella che mi piacerebbe fare perché non voglio anticipare. Amo molto la Meloni, la Ferilli, anche la Bertè mi diverte moltissimo. A teatro interpreto la Bertè durante un discorso nel quale mi faccio dare un consiglio per risolvere i miei problemi sentimentali e all’improvviso divento lei senza trucco, senza maschera, solo con la posizione e la voce, e sentire l’applauso che mi avvolge è una grande gioia per me.
PAOLA: Parlando invece della serata del 19 Aprile, in cui devolverai l’incasso del tuo spettacolo alla associazione “Amici per il Centrafrica”: come è nato il tuo rapporto con questa realtà e in generale con la sostenibilità?
Carola, una mia grande amica, mi ha fatto conoscere ed avvicinare con una sensibilità unica ad Amici per il Centrafrica. Noi come volti noti siamo spesso avvicinati da associazioni che ci chiedono testimonianze ma, al di là del fatto che sicuramente fanno tutte del bene, per me è fondamentale il conoscere chi ne fa parte e vederne l’operato e i progetti. “Amici per il Centrafrica” mi da molta fiducia, ne fanno parte persone che conosco. Diciamo che Carola si è esposta in prima persona e ha fatto da tramite, e io ho fiducia assoluta in lei e in ciò che fa con così tanto impegno e passione. Per me è un onore perché da più valore al mio lavoro: fare ciò che senti, perché ci credi e perché qualcuno ti da la possibilità anche di dare più senso alla tua professione è importante. Sono molto felice e non vedo l’ora di portare il mio spettacolo in scena il 19 aprile per l’associazione e di far arrivare la mia risata fino in Africa.
PIERPAOLO: A livello pratico, come si svolgerà la serata del 19 aprile?
L’idea è di presentare l’operato della nostra associazione ed in particolare il progetto al quale è legata la raccolta fondi della serata. Comunicare al pubblico quali sono gli obiettivi e gli scopi ai quali la raccolta fondi sarà destinata dando chiarezza e trasparenza.
PIERPAOLO: Quale vuole essere il messaggio di questa serata, anche per avvicinare di più le persone al mondo della beneficenza?
Il messaggio che vorremmo trasmettere è che la nostra è un’associazione laica fondata sul volontariato, ed i fondi che raccogliamo sono destinati ai progetti in essere per più del 90%. Per noi è fondamentale ed essenziale comunicare ciò dimostrando che i fondi arrivano a destinazione in maniera così consistente.
L’altro messaggio che vorremmo comunicare è che tutti i fondi sono finalizzati al dare un aiuto concreto ed una reale speranza alla popolazione centrafricana, in particolare ai giovani. Fondamentale è dar loro la possibilità di studiare, di avere una cultura e quindi di rendersi liberi dalla sottomissione dei potenti, di sviluppare una propria capacità di poter capire, imparando così a ragionare con la propria testa.
Fondamentale è, in quest’ottica, portare avanti il nostro progetto di realizzazione della Scuola dei Mestieri, il cui obiettivo è di garantire una formazione professionale insegnando ai giovani africani un lavoro o crearsi un’attività professionale, e quindi avere la possibilità di avere una propria autonomia.
PAOLA: Come vorrebbe che si sviluppasse la collaborazione con l’Onlus in futuro?
Ho debuttato a teatro con “Mine Vaganti” per la regia di Ferzan Özpetek ed in alcune serate faremo conoscere l’associazione, oltre una serata a fine marzo dedicata alla raccolta fondi. Mi piacerebbe poi visitare direttamente sul territorio i progetti realizzati e quello in essere, vedere e toccare con mano l’operato di Amici per il Centrafrica… esserne sempre più parte. È una realtà benefica che cambia il tuo punto di vista, e rappresenta un qualcosa che egoisticamente fa bene a me.
PIERPAOLO: È giusto vedere ciò per cui si combatte e di cui se ne fa parte.
PAOLA: E quale vorresti invece che fosse il tuo messaggio attraverso questa serata?
Ci sono tanti modi per essere felici, siamo tutti costantemente alla ricerca di un risultato, ma basterebbe essere connessi alla realtà e a questo pianeta…
il segreto è tutto lì, amare gli altri e amare se stessi. E poi quello che viene, viene.
PAOLA: Parlando di “Mine vaganti” come è stato tornare a vivere questa storia e come si differenzia lo spettacolo dall’omonimo film?
Ritornare a vivere questa storia e al tempo stesso riscoprirla… grazie al film “Mine Vaganti” ho conosciuto Ferzan Ozpetek. Prima di iniziare a preparami per lo spettacolo teatrale ho rivisto il film e l’ho trovato un capolavoro, ancora più bello di quello che mi ricordavo. Lavorare con Ferzan è un’esperienza unica, è un grande artista, istintivo, un regista che ti mette alla prova, che ti sostiene e che ti spinge costantemente a dare il meglio.
Riscoprendo e recitando in “Mine Vaganti” a teatro ho compreso come la trama non tratti apparentemente solo il problema dell’outing, dell’omosessualità in famiglia, ma in realtà acquisti un valore maggiore. Nella quotidianità ci si sente autorizzati ad esprimere il proprio razzismo, se ne fa addirittura una bandiera, no? Lo dimostra la paura che si ha nei confronti degli stranieri, dei diversi…In questa commedia teatrale, Il personaggio del padre rappresenta pienamente ed è il simbolo di tutte le paure che stiamo vivendo ora, di tutte le chiusure mentali. Il ruolo che io interpreto, quello di Stefania, è di una donna che vorrebbe perdonare i propri figli e cercare di andare avanti, ma ha l’animo completamente schiacciato da quegli schemi culturalmente imposti, divenendo lei stessa una donna non libera bensì vittima. Ciò rappresenta più che mai la nostra contemporaneità, la paura di “uscire dagli schemi”, il timore della diversità….
Ma cosa è realmente diverso?
PAOLA: Com’è stata la preparazione del personaggio e come vivi il rapporto che si crea con il pubblico?
Ho preparato il personaggio, studiando il testo e trovando, rispetto alla versione cinematografica, un ritegno più personale di Stefania (io nel film interpretavo un diverso personaggio, Teresa). Inoltre il linguaggio teatrale è diverso da quello cinematografico quindi si deve raccontare il personaggio con altri mezzi, magari puntando maggiormente sulla sua ansia e preoccupazione, però quando un personaggio è ben scritto, è centrato.
Il mio rapporto con il pubblico è intimo e personale, diverso in ogni esperienza: quando faccio lo stand-up mi relaziono direttamente con il pubblico ed improvviso, sono completamente trasparente sul palcoscenico. Anche in “Mine Vaganti” ci saranno degli attimi di improvvisazione ma mediati dal personaggio.
PAOLA: Cosa significa per te essere un’artista?
Per me significa essere una spugna, essere viva.
PAOLA: Quali sono i tuoi prossimi progetti di cui ci puoi parlare?
Dovrei portare a New York il mio spettacolo di stand-up “Dal vivo sono molto meglio” il prossimo 29 aprile, e ciò mi eccita moltissimo. Inoltre c’è il mio cortometraggio “Offro io” che ho girato da regista e sceneggiatrice in uscita tra poco. Insomma, diciamo che sto cercando di mirare i miei progetti perché ormai sono grande, quindi cerco di dedicarmi a ciò che esprime
maggiormente me stessa e a progetti sicuramenti più vicini ai miei desideri.
Per la prevendita dei biglietti dello spettacolo “Dal vivo sono molto meglio” del 19 Aprile, cliccate qui.
Per informazioni sul progetto “Dona un’ora” dell’Associazione Amici per il Centrafrica, cliccate qui.
Un grazie speciale a Carola Amelia Muttoni.