Tra i protagonisti dell’adattamento Apple TV+ di “Shantaram”, la serie basata sul romanzo omonimo di Gregory David Roberts, Rachel Kamath si è messa alla prova, riscoprendo le sue origini indiane, soffocate da una vita passata in Australia.
Rachel interpreta Parvati, l’amante di Prabhu, la giovane donna che lavora in una sala da tè nello slum Sagar Wada, dove vive anche Lin, il protagonista, da fuggitivo. Rachel in questo ruolo ha messo tutta sé stessa, godendosi il lavoro emotivo che la parte richiedeva per costruire il personaggio e, allo stesso tempo, reinventarsi, rispolverare il suo hindi, auto-analizzarsi e rivelare lati latenti della sua personalità.
In altre parole, “Shantaram” è stata un’esperienza che l’ha arricchita, un modo per concentrarsi sul presente e partecipare alla “vita propria” che lo show (così come il romanzo) possiede e celebra.
Qual è il tuo primo ricordo legato al cinema?
Mi vengono in mente tanti frammenti di ricordi, ma quello più chiaro è la volta in cui ho visto “Titanic” al cinema e sono rimasta ipnotizzata dall’enormità della storia e delle emozioni. Il finale mi ha devastata!
Interpreti Parvati nella serie Apple TV+ “Shantaram”, tratta dal romanzo omonimo di Gregory David Roberts. Conoscevi/avevi letto il libro prima di entrare a far parte del progetto? Cosa ti ha affascinata di più dell’idea di questo adattamento?
Per tanto tempo non ero riuscita a leggere il libro, anche se conoscevo la storia. Qualche anno fa, quando ho saputo che si stava lavorando su un adattamento per lo schermo, ho chiesto al mio agente di contattare il casting director, ma non se n’è fatto nulla. Alla fine, durante il lockdown a Melbourne, ho letto il libro e mi è anche arrivata la richiesta di fare l’audizione per il progetto e le cose hanno iniziato a funzionare. È stato tutto un po’ un gioco del destino, proprio come la stessa storia.
Qual è stata la tua prima reazione quando hai letto la sceneggiatura? Qual è il primo obiettivo che ti sei posta prima di iniziare le riprese?
Il mio personaggio, Parvati, ha un ruolo più di rilievo nella serie rispetto al libro, quindi ero emozionata per lo sviluppo che la sua storia avrebbe avuto nel corso degli episodi. Sento di essere stata super fortunata ad aver avuto la possibilità di creare i dettagli del personaggio di Parvati, ma anche armata di quello che sapevo sul suo viaggio grazie al libro. Il mio obiettivo prima dell’inizio delle riprese era riuscire a individuare cosa desiderasse di più al mondo e migliorare il mio hindi!
Parvati segue il protagonista Lin Ford (Charlie Hunnam), un fuggitivo che cerca di spostarsi inosservato nella Bombay degli anni ’80, dopo essere scappato da una prigione australiana. Cosa hai scoperto su te stessa immergendoti in questo mondo e indossando i panni di Parvati?
Io sono australiana, ma interpretare Parvati mi ha aiutata a riconnettermi con parti di me che sono molto “indiane” in termini di certe preferenze, linguaggio, e senso di comunità. Girare la serie nel mezzo della pandemia ha anche stimolato la mia resistenza a livello mentale e consapevolezza emotiva, che sono attributi posseduti anche da Parvati.
Il tuo personaggio abita nello slum Sagar Wada, in cui vive anche Lin, e ha una storia con il suo amico Prabaker “Prabhu” Kharre, una guida turistica. Che tipo di ricerca e preparazione hai fatto per ottenere una performance autentica?
Ho guardato un sacco di documentari e letto il più possibile sulla cultura di Mumbai del tempo, soprattutto negli slum. La visione del personaggio delle sue circostanze è integrale ed era necessario separarla da una concezione esterna, tipicamente occidentale, della vita negli slum. Per me, nell’interpretare Parvati, era anche importante evitare gli stereotipi.
Hai lavorato sul tuo personaggio e sul suo ruolo nella storia con un approccio più razionale o emotivo?
Sono stata razionale nel tracciare il contributo di Parvati alla storia raccontata dalla serie, che ruota intorno al viaggio di Lin in India quando diventa un fuggitivo. Ma è stato il lavoro emotivo la parte più bella del lavoro che ho fatto, perché è quello che guida le decisioni del personaggio e che lo indirizza verso un percorso di vita particolare.
C’è stato qualcosa o qualcuno in particolare, oltre forse al romanzo, che è stato fonte di ispirazione per te quando hai intrapreso questo viaggio?
Per lo più la mia famiglia e altre persone che ho conosciuto durante i miei viaggi in India. Ho visitato Mumbai tante volte, e ogni interazione ed esperienza che ho avuto ha contribuito a modellare il mondo di Parvati e le persone che ci vivono dentro.
“Ma è stato il lavoro emotivo la parte più bella del lavoro che ho fatto, perché è quello che guida le decisioni del personaggio e che lo indirizza verso un percorso di vita particolare”.
“Shantaram” è uno dei miei libri (e storie) preferiti, mi ha cambiato la vita e la mia visione di essa quando l’ho letto da adolescente. Questa serie TV ti ha cambiata sotto qualche aspetto?
È un progetto gigantesco, ho imparato tantissimo dal cast e dalla troupe, quindi è stata un’esperienza che mi ha arricchita dal punto di vista professionale. Ma la serie ha una vita tutta sua, e noi stessi abbiamo fatto un viaggio epico, girando durante i picchi della pandemia senza sapere come sarebbe andata a finire. Ho avuto modo di conoscere meglio me stessa durante il processo.
Solitamente, cosa ti fa dire di sì ad un progetto?
La storia per me è importante, perché il pubblico deve sentirsi coinvolto in qualche modo quando fruisce il progetto. Io per lo più interpreto personaggi di origine indiana, quindi la caratterizzazione è essenziale: non voglio perpetuare gli stereotipi e rivangare quello che la cultura pop già di solito rappresenta.
La tua bio di Instagram dice “Non tutti i girovaghi si sono persi”. Tu sei una girovaga speranzosa o senza speranza? Di solito, dove ti ritrovi a “girovagare”?
Sono decisamente una girovaga speranzosa. Ho l’impressione di imbattermi in rivelazioni profonde ed esperienze più ricche quando girovago in un flusso libero. Sto lavorando sulla normalizzazione del non sapere cosa succederà, proprio come espediente per essere presente e aperta alle possibilità.
Il tuo ultimo binge-watch?
So che sono arrivata in ritardo, ma è stato “Pachinko” di AppleTV+! Meraviglioso.
Un epic fail sul set?
La pioggia in Tailanda (in tutte le zone in cui abbiamo girato le scene dello slum) ha intralciato anche il migliore dei piani, e il set dello slam si è allagato per davvero!
Il tuo must-have sul set?
La felpa più comoda che ho e snack in abbondanza!
Cosa significa per te sentirsi a proprio agio nella propria pelle?
Riuscire a rivendicare il possesso dei tuoi difetti e dei tuoi talenti e aspirazioni, per celebrare chi sei nel momento presente, in qualità di work in progress. Significa anche accettare il fatto che puoi pensarla diversamente dagli altri, perché per anni io ho tentato di essere una versione innaturale di me stessa e non ha mai funzionato.
Qual è l’ultima cosa o persona che ti ha fatto sorridere?
Dei video di Golden Retriever, sono così carini, sono come dei grossi bimbi.
Qual è la tua isola felice?
La montagna, senza Wi-Fi.
Photos by Alex Vaughn.