Trovare l’equilibrio tra il bene e il male, trovare il DNA animale di un personaggio da rendere proprio e trovare negli eventi negativi della vita l’ispirazione per creare qualcosa di buono.
Rhys Wakefield è tutto questo e molto di più. Lo abbiamo incontrato a Los Angeles poco tempo fa per parlare della sua nuova serie “Reprisal“, della sua prima volta dietro la macchina da presa per il film “Berserk”, che ha anche scritto e in cui ha recitato, ispirato da una di quelle brutte esperienze a cui accennavamo prima (ma non vogliamo spoilerarvi troppo).
Infine, non potevamo che parlare di una passione che abbiamo in comune, ossia “True Detective”, nella cui terza stagione ritroviamo proprio Rhys.
Non vediamo l’ora di scoprire di più riguardo i suoi prossimi progetti, avendo la certezza che sarà sempre puntuale, a volte addirittura in anticipo!
Cosa ci puoi svelare a proposito della tua nuova serie tv “Reprisal”?
“Reprisal” è un noir thriller frenetico e pazzo che parla di un gruppo di persone da sempre sottovalutate. Noi conosciamo queste persone in un momento di rottura, quando stanno per diventare qualcuno di diverso, non più sottovalutate, ma pronte a reclamare il loro potere nel mondo e, a mio parere, c’è qualcosa di molto struggente in tutto ciò. È tutto molto colorato, ma allo stesso tempo cupo. È interessante notare come Josh Corbin, l’ideatore della serie, sia riuscito a mettere in piedi questo sfacciato fumetto, quasi una sorta di graphic novel, e poi, da una scena all’altra, ci ricordi che è tutto molto tetro e reale e la posta in gioco è altissima. Anche i film dei fratelli Cohen sono un po’ così, all’inizio sono comici e poi all’improvviso diventano seri, perché qualcuno è appena stato ucciso e in modo molto comico. È un tipo di commedia che somiglia ad una tragedia accelerata, e Josh ha la capacità di rallentare la commedia, occasionalmente, e di ricordarci dell’aspetto tragico delle cose, quando serve.
“Noi conosciamo queste persone in un momento di rottura, quando stanno per diventare qualcuno di diverso, non più sottovalutate, ma pronte a reclamare il loro potere nel mondo e, a mio parere, c’è qualcosa di molto struggente in tutto ciò”.
Come descriveresti il tuo personaggio, Matty, e come ti sei preparato per il ruolo?
Descriverei Matty come una persona che ha subito diversi traumi nel passato, motivo per cui probabilmente cerca a tutti i costi di ripristinare una sua corazza esterna dominante, questa specie di persona iper-mascolina che vuol far credere di essere. Il bello di questo personaggio è che si trova in bilico tra il diventare buono o cattivo, quindi nella mia testa lo immagino come il Joker prima di diventare completamente fuori di testa e fare del male alle persone per il puro piacere di farlo. Non credo che questo ragazzo abbia poi così tante ferite o problemi di salute mentale, ma adoro barcollare, mi piace giocare con questo tipo di equilibrio tra quanto grande sia il cuore di questa persona contro quanto sia imprevedibile e spaventosa la natura che può assumere una situazione in cui è protagonista.
Il tuo personaggio è violento, per certi versi, e dal trailer sembra che abbia a che fare con situazioni pericolose. C’è stata una scena che hai trovato particolarmente difficile o intensa da girare?
Ci sono state parecchie scene difficili da girare, direi. Questo personaggio è così diverso da come sono io nella vita quotidiana, è molto violento, abbiamo cercato di mostrare questo lato animalesco, lavorando anche con i costumisti per creare un’immagine che potesse ricordare un po’ un cobra. Lui vuole incantarti e ipnotizzarti con le sue parole, ma c’è qualcosa di spaventoso e imprevedibile che potrebbe accadere in sua presenza. È curiosa anche la sua evoluzione nel corso della serie. Io, personalmente, trovo che gli animali siano una grande fonte di ispirazione per costruire un personaggio, perché il DNA di ogni personaggio ha qualcosa in comune con quello di un animale e quale sia questo animale dice molto sul personaggio stesso. Io mi sono ispirato al cobra e nel corso della serie l’idea era che Matty si trasformasse in un leone, e so che suona un po’ pretenzioso, ma penso che le qualità di questi animali siano straordinarie se pensate in relazione a come noi ci comportiamo.
“…mi piace giocare con questo tipo di equilibrio tra quanto grande sia il cuore di questa persona contro quanto sia imprevedibile e spaventosa la natura che può assumere una situazione di cui lui è protagonista”.
“Io mi sono ispirato al cobra e nel corso della serie l’idea era che Matty si trasformasse in un leone, e so che suona un po’ pretenzioso, ma penso che le qualità di questi animali siano straordinarie se pensate in relazione a come noi ci comportiamo”.
Come descriveresti la serie in una parola?
Elettrizzante.
Che cosa deve avere un progetto perché ti faccia dire di sì e cosa ti ha fatto dire di sì a questa serie?
Tutto sta nello spessore del personaggio. Tendo a preferire i personaggi cupi, perché sono più lontani da me, quindi se la parte richiede che io indossi una maschera e mi trasformi, sono più predisposto ad accettarla, e Matty è così, in più sono stato catturato subito dalla storia. Il tema principale della serie è la famiglia, ovvero “la nostra famiglia è quella in cui siamo nati, o quella che incontriamo nel corso della vita?” e “a quale ci sentiamo più legati e da quale ci facciamo possedere di più?” Trovo bellissimo questo aspetto della storia e le gang a cui queste persone appartengono sono la loro rappresentazione della famiglia che non hanno, quindi sono stato attratto dallo spessore della storia e di quel mondo.
“A quale ci sentiamo più legati e da quale ci facciamo possedere di più?”
Com’è stata l’esperienza di “Berserk”, tua opera prima alla regia che hai anche scritto, interpretato e prodotto?
È stata un’esperienza monumentale! [ride] Una grossa responsabilità, ma è stata una fortuna essere circondato da produttori straordinari in grado di riunire una troupe fantastica, che ha fatto molto più di quello che gli era stato richiesto, e un cast incredibile, entusiasta del progetto fin dal primo momento.
Tornando a quello che dicevo prima, nel video, sul lato positivo delle esperienze negative, una volta un ladro ha cercato di entrare in casa mia alle 6 del mattino, e non è stata una bella cosa, anzi, è triste che quella persona abbia cercato di commettere un crimine alle 6 del mattino, ovviamente spinto dalla disperazione di ottenere qualunque cosa volesse o di cui avesse bisogno. Non è stato il massimo svegliarsi di soprassalto e passare da zero a cento, io ero in pigiama e ho iniziato a urlare con tutto il fiato che avevo, come un pazzo, e la prima cosa che ho detto è stata: “che cazzo vuoi da noi?”. Ad ogni modo, è scappato via e poi è finito tutto, ma c’è stato questo istante in cui sono entrato in modalità “lotta all’ultimo sangue” e mi sono sentito molto ispirato, mi sono sentito più vicino al mio io animale in quel momento, tutto quello che pensavo era: “ti difendi e usi la violenza, oppure lo lasci andare?” e grazie al cielo l’ho lasciato andare. È stato quel momento che ha ispirato l’idea del film, quindi mi sono sentito fortunato ad aver vissuto un’esperienza simile. Sono molto fiero del risultato, Nick Cannon ha interpretato magnificamente la sceneggiatura che ho scritto dopo quell’episodio, e sempre più gente si è unita al progetto ed è stata un’esplosione d’amore, il primo di numerosi progetti che adesso ho in pre-produzione, tutti molto interessanti e in corso d’opera, quindi è bello poter prendere più seriamente il ruolo di regista, produttore e sceneggiatore.
“Ti difendi e usi la violenza, oppure lo lasci andare?”
Qual è stato l’aspetto più difficile di quest’esperienza e come l’hai affrontato?
L’aspetto più impegnativo dell’esperienza da regista di “Berserk” è stato quello di recitare nel film stesso, cosa che ho fatto solo perché non potevamo permetterci di pagare un altro attore, quindi l’ho fatto per necessità e non penso lo rifarei. Mi piace stare dietro la macchina da presa e poter vedere con i miei occhi i regali che gli attori ci fanno in ogni momento o ogni giorno, tra un “azione” e un “cut”, c’è un che di effimero ed elettrico in tutto ciò, soprattutto quando riesci a dar loro la forza di padroneggiare il personaggio. Amo il fatto di poter sfruttare ogni esperienza che ho vissuto con altri registi su altri set e puntare sulle qualità che ho scoperto essere efficaci per l’esperienza degli attori e della troupe. È stato molto impegnativo: per esempio, il mio attore protagonista ha avuto un imprevisto il primo giorno di riprese e non è potuto venire, e noi proprio quel giorno avevamo programmato solo a scene in cui ci sarebbe stato lui, quindi è stato difficile! [ride] Sono emozionato per i progetti che verranno anche grazie all’esperienza di questo progetto, che è davvero interessante.
Puoi rivelarci qualcosa sui tuoi progetti futuri?
Ho in cantiere un film con un budget leggermente più alto, si tratta di un film di fantascienza che ho scritto, si intitola “The Skin”, che è una sorta di misto tra “Gli uccelli”, “Edward mani di forbice” e “E.T.” e ha un’estetica americana, da cui sono ossessionato, la trovo così interessante e credo che l’America sia la patria della cultura pop come non lo è nessun altro Paese. Il film parla di un ragazzo che riceve una nuova pelle e quando torna a casa è irriconoscibile. Poi, sto realizzando un altro progetto con un’azienda chiamata QCode che si occupa di podcast sulla fantascienza, quindi si tratta di un podcast che parla di una navicella spaziale perduta che ritorna sulla Terra. È molto divertente, amo il lato creativo del mio lavoro e il fatto di poter collaborare con dei creatori dalla prospettiva attoriale, così da agevolare la narrazione.
“L’aspetto più impegnativo dell’esperienza da regista di ‘Berserk’ è stato quello di recitare nel film stesso…“
Non possiamo non parlare di “True Detective”, serie che noi adoriamo. Abbiamo amato il tuo personaggio, che rappresenta anche un punto di svolta per la storia: come ti sei preparato per interpretarlo?
Grazie per i complimenti! È un personaggio abbastanza cupo e un progetto altrettanto cupo che affronta determinati temi che definirei molto “pesanti”. Credo che, una volta trovato il personaggio, ci voglia tempo, energia e preparazione per scoprire chi è questa persona, che nel mio caso è un ragazzo più giovane di me, quindi per costruirlo ho cercato di ispirarmi a tutti i giovani che conoscevo, ai membri della mia famiglia più giovani di me e a cosa li facesse scattare, o alle loro paure, a ciò che li intimidiva. Ero poi fan dei miei colleghi di set: uno spettacolare Mahershala Ali e Stephen Dorff; erano così realistici che iniziava a sembrarti tutto vero, come se fossi davvero lì e ti stessero davvero succedendo quelle cose, quando invece c’era una telecamera a riprendere il tutto. Complimenti ai ragazzi, che sono stati spettacolari, e complimenti anche ai miei altri due colleghi, Richard Meehan e Brandon Flynn, entrambi più giovani di me, ma con cui sono andato subito d’accordo, ho anche assorbito per osmosi la loro energia giovanile e l’ho usata per il mio personaggio.
Com’è stato lavorare con Nic Pizzolato, creatore anche delle altre due stagioni?
Ha anche diretto per la prima volta nella terza stagione, il che è stato un bell’impegno per lui. Sono un grande fan del suo lavoro, quando ho visto la prima stagione di “True Detective” ho subito pensato che fosse pazzesca, io e i miei amici ne eravamo ossessionati, e il fatto che io abbia potuto far parte di un progetto di Nic è stato assurdo. Alla prima lettura del copione, mi sentivo stralunato, c’erano tutti quelli della HBO e Nic era seduto di fronte a me e Mahershala era accanto a me come anche Carmen [Ejogo], era tutto molto spaventoso. Credo di essere svenuto alla fine, ero esausto dall’adrenalina, muovevo le gambe sotto al tavolo in continuazione, non volevo essere licenziato e non volevo sembrare o suonare come un attore mediocre. Nic è straordinario e io, da regista, sono un suo grande ammiratore, sono davvero curioso di vedere qualcos’altro diretto da lui. I discorsi che faceva agli attori erano molto profondi, mi ha detto cose che mi sono rimaste in testa e che hanno reso la mia interpretazione più profonda di quanto non sarebbe stata se non me le avesse dette.
“I discorsi che faceva agli attori erano molto profondi, mi ha detto cose che mi sono rimaste in testa e che hanno reso la mia interpretazione più profonda di quanto non sarebbe stata se non me le avesse dette”.
Chi è il tuo personaggio cinematografico preferito in assoluto?
Marty McFly, o forse Doc. Emmett Brown di “Ritorno al futuro”, uno di quei due.
Qual è il tuo accento preferito da recitare?
Quello texano che ho fatto in “True Detective”, mi sono divertito tanto, perché dovevo stare attento a non esasperarlo troppo, ma anche a non farlo sembrare un banale accento californiano, il che sarebbe stato un errore. Adoro gli accenti, sono un modo meraviglioso per nascondere chi sei veramente.
L’ultimo binge-watch?
“Succession” della HBO, che è una serie piuttosto intensa ma fatta molto bene, quei personaggi sono persone orribili, individui piuttosto vili [ride], ma per qualche strana ragione si finisce per fare il tifo per tutti loro.
“Adoro gli accenti, sono un modo meraviglioso per nascondere chi sei veramente“.
Qual è la tua isola felice?
Direi qualunque spiaggia di Sydney è un’isola felice, e le spiagge del nord sono particolarmente belle.
Qual è il tuo “must-have” sul set?
Non ne ho uno in particolare, forse l’acqua e adesso anche le mie cuffie wireless, ne sono ossessionato, le adoro perché così ripasso le battute, quindi ho sempre le cuffie nelle orecchie e quando sono senza far nulla, quando sto andando sul set, le uso anche per ascoltare musica.
Che musica ascolti per darti la carica?
Adoro i Pink Floyd, sono così cinematografici, e i testi delle loro canzoni sono pieni di emozioni, ma ascolto anche molte colonne sonore, per entrare nel mood. A mio parere, la musica è la più alta espressione d’arte, quella in cui ti puoi immergere senza bisogno di contesto.
Un epic fail sul set?
Una volta mi sono presentato sul set con 24 ore di anticipo. Ecco quanto ero iper-preparato! La cosa divertente e stupida al contempo è che ero anche convinto di essere 30 minuti in ritardo, motivo per cui sono arrivato sul set col fiatone, correndo come un idiota e dicendo: “mi dispiace tanto, vado dritto ai costumi e poi al trucco” per sentirmi dire “sei 24 ore in anticipo, la tua presenza non è richiesta prima di domani, idiota”. [ride]
Qual è stato il momento più bello durante le riprese di “Reprisal”?
C’è una scena, nel pilot, un piano sequenza unico, che mi ha emozionato particolarmente. Il cameraman è lo stesso che ha lavorato in “La La Land” ed è uno dei migliori cameramen del mondo e anche il direttore della fotografia, Larkin Seiple, è incredibilmente talentuoso, la visione di tutte queste persone era incredibile; dunque, in questa scena c’è il personaggio di Madison Davenport che vaga per un gigantesco night club e la ripresa va avanti ininterrotta per quasi due minuti e c’è una bellissima danza coreografata, perfetta. Mentre guardavo la scena dal monitor, saltellavo come un bambino, perché sentivo di far parte di qualcosa di speciale, a prescindere da come la gente poi lo accoglierà, per me è stupendo pensare che questa ripresa è parte di una serie in cui recito anche io e quando lo vedrete capirete. È davvero una bella scena e Madison è bravissima, si muove come se stesse danzando e il nostro cameraman è impassibile di fronte alla folla di gente che le balla intorno.
The Film Wall
35mm & Fuji Instax
Photos & Video by Johnny Carrano.
Grooming by Sonia Lee.