Sara Ciocca è una incredibile giovane attrice che vuole sempre dare e mostrare il meglio nel suo lavoro, facendo danzare il suo corpo per fargli prendere le forme più vere, vuole sentirsi libera e vuole far emozionare, riuscendoci, con una recitazione vera e sincera. Ma in tutto mette danza, movimento, parole e anima, come ha fatto con noi in questa intervista. Un’anima pura con una grande voglia di fare proprie le sue profondità, sorridendo e piangendo, senza paura.
Abbiamo intervistato Sara per il film “Nina dei Lupi“, presentato alla 80. Mostra del Cinema di Venezia alle Giornate dei Autori, in cui si è quasi trasformata in un lupo e ha vissuto un rapporto intenso, quasi primitivo, con la natura. E noi, in tutto questo, siamo qui ad aspettare trepidanti i suoi prossimi progetti in cui, lo sappiamo già, darà anima e corpo, anche danzando un po’.
Qual è il tuo primo ricordo del mondo del cinema, la prima volta che te ne sei innamorata?
Sicuramente quando vidi “Forrest Gump“, con Tom Hanks, mi affascinò. Cominciai a scrivere poesie inspirata dal qual film e da quella tenera colonna sonora. Poi arrivò Charlie Chaplin nella mia vita e fu così che qual mistico e fiabesco cinema muto cominciò a colorare le mie giornate di un incondizionato amore per quel nuovo mondo.
IL CINEMA.
Tu stai crescendo anche insieme al mondo del cinema, c’è qualcosa che è stato difficile per te da accettare di te stessa o di mondo? E qual è invece la cosa che ti rende più felice?
Spesso ci sentiamo condizionati da dei limiti mentali, che affievoliscono i nostri sogni. Questo è ciò di cui ho paura, scorgere la fine della mia versatilità, non sentirmi all’altezza dei continui cambiamenti e scoraggiarmi di fronte alle responsabilità che ci vengono affidate. La cosa che invece mi rende più felice è questo continuo bisogno di cinema che mi sfama, come una dipendenza a cui non si può fare a meno. Sento di amarlo nel profondo del mio cuore, e sul set ritrovo i miei colori, la mia sinfonia vitale.
Sei protagonista del film “Nina dei Lupi”, un fantasy-thriller distopico: qual è stata la tua reazione quando hai letto la sceneggiatura? Hai sentito una connessione con Nina?
Appena andai a scoprire sulla sceneggiatura la personalità di Nina, percepii quell’animo selvaggio di una piccola Sara che correva disinvolta in mezzo alle campagne del Molise dentro il verde immenso della natura. Nina è un’anima pura come lo ero io all’età di 5 anni, lottiamo per la sopravvivenza, vogliamo solo amare ed essere amati e ci riconosciamo nel corpo degli animali, nostri unici veri amici. Nina è la metamorfosi di un lupo, io invece mi sentivo pecorella libera.
“La cosa che invece mi rende più felice è questo continuo bisogno di cinema che mi sfama”
Nina vive senza tecnologia ed è fortemente legata alla natura. Qual è il tuo rapporto con la natura? Questo film ti ha dato la possibilità di vivere questo rapporto in modo più intenso?
Come ho già detto, sono nata e cresciuta a stretto contatta con la natura, l’albero al centro della mia vita, che venero tutt’oggi come un dio. Nina mi ha riportata in quella realtà lì, su una montagna a mungere le mucche, per i boschi a lottare per la salvezza. In quei tre mesi di riprese, il mio corpo era diventato molto più tonico e rude, non mi ammalavo mai, non avevo paura di niente, mangiavo come una primitiva cibi genuini, e certe volte rimanevo con i vestiti di scena per giorni, proprio per non perdere mai il calore e la sintonia con Nina.
Qual è invece il tuo rapporto con la tecnologia?
Ad oggi la tecnologia è una costante indispensabile delle nostre giornate. Spesso sento di sentirmi agevolata grazie alla sua esistenza e, in quest’era storica, alla sua incredibile evoluzione. Mi affido ciecamente ai nostri ingegneri, premi Nobel, cosicché ci possano procurare le strategie più ottimali possibili per il genere umano.
Che la tecnologia venga a servizio dell’uomo e non per sostituirlo.
“Non avevo paura di niente”
Nel film essere “speciali” vuol dire essere diversi, ma in senso negativo. Anche se Nina continua a battersi per essere felice, vivere una vita come merita. Come ti sei immedesimata con Nina, ti è piaciuta “la sua compagnia”?
Condividere corpo e anima con Nina, è stato uno dei momenti più belli e memorabili della mia vita. Grugnivo come un lupo quando mi arrabbiavo, correvo come una belva allo scopo di fare più fiato possibile da utilizzare nelle scene di corsa in mezzo al freddo invernale del Trentino. Ero diventata finalmente sgraziata. Se tornassi indietro non mi riconoscerei poiché ho ormai ripreso le miei abitudini e vestito i panni di altri personaggi. L’atmosfera del set anche mi ha aiutato molto, c’era sempre un silenzio religioso, eravamo in pochi e tutti erano essenziali al funzionamento delle scene.
La macchina a mano ha conferito ai personaggi e al film intero, un’intensità e intimità profonda e familiare a chi spettatore guarda la pellicola. Nina rimarrà per sempre la mia nativa semplicità e eternamente sarò grata al regista Antonio Pisu per avermi dato l’opportunità di farmela conoscere.
Nel film reciti delle scene molto intense: ce ne è stata una che è stata più difficile/intensa per te? O forse anche liberatoria?
Sicuramente la scena del ballo finale ha racchiuso buona parte della mia folle personalità, pianto, lacrime di gioia, sorriso, danza, grida e libertà emotiva di sprigionare qualunque così mi uscisse dalla voce del cuore. In quanto scene difficili, penso che l’unico ostacolo superato durante il cammino del film, sia stato prendere dimestichezza con Nina e vivere nella sua mente.
“Pianto, lacrime di gioia, sorriso, danza, grida…”
Qual è la cosa più coraggiosa che tu abbia mai fatto?
Vedere “Jona che visse nella balena” il giorno di Natale.
Qual è la tua isola felice?
La sala di danza e il set.
Quando reciti in un film il lavoro che fai su te stessa e il personaggio può essere molto grande, magari entri in contatto con parti di te stessa che non pensavi di avere. Qual è l’ultima cosa che hai scoperto di te stessa grazie alla recitazione?
Una delle più grandi scoperte che ho fatto di me stessa grazie al cinema, è stato sapere che se io piango in una scena, lo spettatore non si commuoverà poiché tutto apparirebbe convenzionale senza un personale sentimento. Si riuscirà a trasmettere malinconia ma non al punto di strappare lacrime dagli occhi di chi ci guarda. Questo grande consiglio di Marco Tullio Giordana, ha fatto di me una ragazza molto più attenta a gestire con consapevolezza i propri sentimenti.
Cosa ti fa arrabbiare?
La superficialità, la falsità e la vanità.
“Gestire con consapevolezza i propri sentimenti”
Cosa significa per te sentirti a tuo agio con te stessa?
Significa essere circondata dalle persone giuste nel posto giusto alle condizioni giuste.
Cosa ti spaventa di più?
La mia paura più grande riguarda il nostro pianeta che è in fiamme e questa catastrofe racchiude le difficoltà di realizzare il mio e il futuro di tutti i miei coetanei.
Qual è stato il tuo più grande atto di ribellione finora?
Versare abbondante “Amaro Del Capo” nella camomilla serale di mia nonna dopo averla ripresa mentre scambiava Vittorio Gassman con Gigi Proietti.
Recitare ti fa sentire libera? E in che modo fai tua questa libertà?
Ricostruendo la vita dei personaggi attraverso la mia storia e quella delle mie più grandi icone. Questo mi fa sentire libera di utilizzare con fedeltà e coscienza il mio pensiero sull’interpretazione di un’altra persona.
L’ultima cosa che ti ha fatto ridere?
Io che ho riaperto il libro di Geometria alle 22.08 di domenica.
“La mia paura più grande riguarda il nostro pianeta che è in fiamme“
Photos by Johnny Carrano.