In una fredda serata londinese Sebastian de Souza si è seduto a chiacchierare con noi, o meglio… Si è prima fatto fotografare giocando a ping pong, ci ha parlato del più e del meno, ci ha descritto il suo amore per l’Italia e per il cibo, e ci ha fatto ridere. Solo dopo tutto ciò, si è seduto per chiacchierare un po’ con noi della sua grande passione per la recitazione, anche a teatro, per la scrittura, i suoi pensieri sull’industria cinematografica e sulle ambizioni dei giovani che vogliono entrare a far parte di questo mondo. E, ovviamente, non poteva mancare Sandro Botticelli e l’amore per l’arte in generale.
Ascolti Sebastian e pensi alla sua interpretazione di Botticelli, ridi per una sua battuta e ti commuovi ripensando al finale de “I Medici 2”, tranquillizzandolo dicendo che no, non sta parlando troppo. Nel frattempo, realizzi quanto, nonostante il silenzio e l’incertezza intorno a Botticelli, egli sia stato in grado di parlare, di farsi conoscere e di far innamorare il mondo intero delle sue opere, della Firenze del Rinascimento e della famiglia dei Medici: non è difficile dunque immaginarsi Giuliano e Lorenzo de Medici intrattenersi con Sandro Botticelli.
Sebastian ha di sicuro una grande passione per il suo lavoro (sia di attore che di scrittore), ha una gran voglia di mettersi in gioco e la consapevolezza di voler fare ancora di più, ancora meglio, tra un pranzo a base di “primo, secondo, contorno”, un ciak e una pagina bianca da riempire. Non c’è metafora che descriva Sebastian meglio di questa: un copione che si riempie di battute giorno dopo giorno grazie alla volontà e alla sua personalità genuina.
Come è nata la tua passione per la recitazione?
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La mia passione per la recitazione è nata quando ero molto piccolo, più precisamente quando ho letto un libro, “Il Vento tra i Salici”, una storia per bambini che parla di alcuni animali che vivono nella foresta, sono dei personaggi straordinari che vanno in giro a fare cose. Insomma, William Horwood in seguito ha scritto un altro libro “The Willows at Christmas”, che narra la storia di Ratto, Talpa e Mr.Rospo che trascorrono insieme il Natale.
L’ho letto, o mio padre lo ha letto per me, o entrambe le cose, e l’ho reso uno spettacolo teatrale quando avevo 8 anni, è stato tremendo. Ma ho scritto questo spettacolo e ho invitato tutti i miei amici a prenderne parte. Avevamo un piccolo capanno affianco a casa nostra, era gelato in inverno, ed eravamo senza luce, senza niente di niente, ma tutti i miei amici sono venuti ed è stato molto carino: abbiamo pranzato insieme e poi abbiamo recitato davanti ai nostri genitori. Io ero Mr.Rospo, un personaggio che sembra ubriaco, è orrendo, combina un sacco di errori e rimane sempre coinvolto in casini, ma è molto simpatico. Questo mi ha fatto venir voglia di diventare un attore, o parte di una compagnia di attori, o di una compagnia e basta in realtà. Mi ha invogliato a prender parte in diverse attività artistiche perché era una bella sensazione, e tutti sembravano molto felici.
Non ho più recitato fino a quando non sono andato a scuola, avevano appena finito di costruire un nuovo teatro quando sono arrivato, e non avevo mai pensato seriamente al teatro in precedenza: volevo diventare una sorta di Elton John quando avevo 13 anni, ma poi ho realizzato che non sarebbe mai successo. È stato bellissimo, ed era un teatro vero, nessuna scuola ne ha uno ma io sono stato fortunato, sono andato in questa scuola dove c’era davvero un teatro, è stato fantastico. Sono stato scelto per interpretare Puck in “Sogno di una Notte di Mezza Estate”, la commedia di Shakespeare, e da quel momento in poi, da quando avevo 13 anni dunque, ho capito che sarei voluto diventare un attore.
“Mi ha invogliato a prender parte in diverse attività artistiche perché era una bella sensazione, e tutti sembravano molto felici”.
Nella seconda stagione de “I Medici” interpreti Sandro Botticelli. Quale è stata la tua reazione quando hai saputo della parte? E quando hai letto il copione?
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Sono stato molto felice di essere stato scelto per interpretare Botticelli ma non l’ho mai realizzato completamente prima di poco tempo fa, quando è uscito in Italia, perché ho capito quanto Botticelli fosse importante per gli italiani, anche se avevo ovviamente letto e imparato qualcosa su di lui.
Non sono Zucchero o Terence Hill, ma quando cammini lungo le vie di Volterra le persone ti dicono: “Maestro Botticelli, Maestro Botticelli!”. Alla gente, e non ditelo a Daniel Sherman, non interessa Lorenzo de Medici, a loro importa solo di Botticelli! [ride] E ho capito perché i suoi dipinti siano così importanti per gli italiani, è l’equivalente del calcio in Italia, del cibo e della cultura che hanno dato al mondo. Ho realizzato ora che si tratta di una cosa importante a livello personale.
Ero emozionato di interpretarlo ovviamente, e le mie reazioni quando ho letto il copione sono state molto positive. Penso che Frank [Spotnitz] sia uno sceneggiatore geniale, tanto quanto lo è stato mettere in piedi una serie del genere, perché è abbastanza difficile scrivere dei Medici. Ho recitato anche ne “I Borgia”: erano degli stupratori, degli assassini, è stato elettrizzante.
I Medici invece erano delle brave persone ed erano essenzialmente dei banchieri, hanno speso molti soldi per incentivare l’arte e la costruzione di edifici, ma la storia de “I Medici” non è vietata ai minori di 13 anni come quella de “I Borgia”, e credo che Frank e gli altri sceneggiatori abbiano fatto un lavoro fantastico nell’estrapolare il dramma da questa famiglia.
“Alla gente, e non ditelo a Daniel Sherman, non interessa Lorenzo de Medici, a loro importa solo di Botticelli!”
Possiamo decisamente parlare di dramma, soprattutto nell’ultimo episodio! Ci mostra alcuni fatti negativi causati dalla politica che, forse, quando si studia storia a scuola non ci si sofferma con attenzione, è stato molto interessante vederli sullo schermo.
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È davvero interessante! E spero che le persone, e i bambini – perché conosco dei bambini a cui piace la serie – che stanno studiano la storia dei Medici e che sono appassionati di storia, di storia italiana e di storia dell’arte, possano capire che si tratta di un’interpretazione. Penso che questo renda le cose ancor più emozionanti, perché la nota precedente è che non sappiamo cosa sia successo tra le mura di Palazzo Medici, né le conversazioni che si sono tenute al suo interno.
Quindi credo che Frank, James [Dormer], Nicholas [Meyer] e tutte le persone che hanno scritto la serie abbiamo messo insieme un puzzle, ricercando come si possa aver provato a ritrovarsi coinvolti in certi fatti. Quel che è interessante è che probabilmente non erano consapevoli di essere incredibilmente nobili, potenti e importanti, ma come avrebbero potuto realizzare il loro impatto culturale 400 o 500 anni dopo?
Come hai affrontato il tuo personaggio e come hai ampliato la sua personalità?
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La prima cosa che ho fatto è stata leggere, perché non si sa molto sulla personalità di Botticelli. Penso che ci sia solo una sua rappresentazione. Ricordo che le persone che mi hanno gentilmente invitato ai cast sono andate fuori di testa, perché in quest’unica immagine Botticelli è biondo e senza barba: so che voi italiani amate la barba e i capelli scuri, ma non era così in realtà. Si starà rivoltando nella tomba ora il buon Botticelli. [ride] Ma ho letto di lui, anche se hanno scritto principalmente della sua arte e del suo lavoro, chi si pensava che fosse e chi ha ispirato, ma non avevo molto materiale a disposizione su chi fosse come persona.
Così ho pensato a come dovesse essere vivere nella Firenze del 15esimo secolo, cosa deve essere stato fare l’artista in quel periodo, a che livello della scala sociale appartenessero gli artisti, e quale fosse il valore nell’essere un artista. E ho pensato a come dovesse essere nascere orfano per poi ritrovarsi circondato da questa famiglia estremamente ricca e nobile. Ho pensato a come debba essere stato per lui e quale peso queste dinamiche abbiano avuto a livello personale, e ho pensato a come mi sentirei io se venissi adottato da una famiglia nello stesso modo.
“Ho pensato a come dovesse essere nascere orfano per poi ritrovarsi circondato da questa famiglia estremamente ricca e nobile”.
Hai avuto l’occasione di ammirare il lavoro di Botticelli?
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Si! Ho vissuto a Firenze per 6 mesi prima delle riprese, quindi sono stato diverse volte agli Uffizi e ho visto la “Primavera” e “La Nascita di Venere” e tutti gli incredibili dipinti precedenti, ma poi ci sono tornato solo a metà delle riprese. È da pazzi quando entri in quella stanza, è incredibile pensare che quei quadri siano stati dipinti 500 anni fa.
Ne sei sopraffatto.
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È molto intenso l’amore che l’Italia prova per Botticelli, non credi?
Decisamente. Penso che Sandro Botticelli sia uno dei più importanti artisti che abbiamo.
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Infatti ho avuto questa sensazione, ma potrebbe essere semplicemente il mio ego.
Ovviamente ci sono questi grandi pittori italiani prima di lui, ma credo che se Da Vinci sia stato il genio assoluto nell’arte, ingegneria, meccanica, tutto, Botticelli sia stato invece l’ultimo pittore che abbia conservato l’idea di glorificare Dio attraverso la sua arte. E trovandosi in un paese cattolico come l’Italia, credo sia importante per le persone il fatto che si aggrappasse a questa idea. Possiamo discuterne con Da Vinci quando verrà interpretato da qualcuno, possiamo parlarne tutti insieme poi. [ride]
“Credo che Botticelli sia stato l’ultimo pittore che abbia conservato l’idea di glorificare Dio attraverso la sua arte”.
Sei un amante dell’arte? Qual è il tuo dipinto preferito?
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Amo l’arte, davvero. E l’amo ancor di più ora che ho interpretato Botticelli. Devo dirlo, il che è interessante, che sono un grande fan di Andy Warhol e in particolare modo della sua rivisitazione de “L’Ultima Cena” di Da Vinci, che credo sia un’opera straordinaria, sono andato a vederla quando era a New York e prima che fosse venduta.
È successo mentre giravo “I Medici” e ne sono rimasto colpito perché, pensando a Botticelli e al Rinascimento, dovevo costantemente tenere a mente che eravamo impegnati in un’azione di rinascita. Si trattava di immaginare nuovamente la stessa cosa perché, essenzialmente, anche in quel caso l’originalità andava da un certo punto a un altro, e ogni pennellata di originalità si faceva sempre più piccola.
L’idea di re-immaginare qualcosa come ha fatto Warhol con “L’Ultima Cena” mi ha impressionato. Amo tutti gli artisti, lui mi piace in modo particolare.
“Anche in quel caso l’originalità andava da un certo punto a un altro, e ogni pennellata di originalità si faceva sempre più piccola”.
Pensi che ci siano delle somiglianze tra te e il tuo personaggio?
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Siccome non si sa molto su di lui come persona, devo dire che qualunque Sandro Botticelli sia quello che si vede ne “I Medici” su Rai 1, sia molto vicino alla mia persona sotto certi aspetti. Ho davvero sentito una connessione con lui. Durante la mia vita, ho avuto la fortuna di far parte di diverse famiglie, come se fossi stato semi-adottato. Ho una famiglia meravigliosa a casa ma viaggio molto, sono stato in un qualche senso adottato da altre persone, e credo che sia una cosa fantastica. Essere con qualcuno che non conosci e fare cose che magari gli altri non capiscono, avere una famiglia o degli amici che ti accolgono, che ti supportano e che ti amano. Mi sono sentito vicino a lui in questi termini.
Hai interpretato Alfonso D’Aragona ne “I Borgia” e Botticelli in “I Medici”, entrambi ambientati nell’Italia del Rinascimento: quali sono state le maggiori differenze per te nell’interpretare questi due personaggi?
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Sembra esserci uno schema! Sono preoccupato che non riuscirò mai ad uscirne. [ride] No, sono fortunato e onorato in realtà. Entrambi sono stati adottati, uno era amato, supportato e celebrato dalla famiglia, ossia Botticelli, mentre Alfonso è stato quasi assassinato dalla sua famiglia adottiva. Questa è la differenza principale.
“Ho davvero sentito una connessione con lui. Durante la mia vita, ho avuto la fortuna di far parte di diverse famiglie, come se fossi stato semi-adottato”.
Che esperienza è stata vivere in Italia? Ti piace il nostro paese?
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Amo il vostro paese, davvero. Ma devo essere sincero: ho speso due anni quasi in Italia per “I Medici” e non appena mi ci sono recato per lavoro tutto ciò che volevo fare era mangiare pasta per il resto della mia vita… Ora invece penso che non mangerò pasta per un anno almeno. Ragazzi siete straordinari: siete nati con questo metabolismo incredibile, vi svegliate e mangiate cornetti e biscotti, poi uno spuntino a metà mattina, alle 11 pasticcini e poi pasta, pizza e “primo, secondo e contorno”. [ride] Insomma, fermatevi! Santo cielo, è assurdo!
Stavo diventando una mongolfiera! Ho amato tutto, ma ora so che siete dei bugiardi. Le persone inglesi vengono in Italia e mangiano quello che mangiate voi, quindi primo, secondo e dolce ad ogni pasto mentre voi ci guardate pensando: “Guarda questi stupidi inglesi, mentre voi vi mangiate la vostra mezza porzione. E nel mentre, noi stiamo ingrassando. Ma mi è piaciuto molto.
Dovresti andare a casa di una nonna italiana! Si lamentano sempre di quanto tu sia magro.
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Si, sempre! Ma voi vivete a Milano, e non è lo stesso. Lì puoi prenderti un’insalata o simili. Botticelli indossa questo costume che sembra un vestito, e abbiamo scherzato parecchio a riguardo perché ero ossessionato da alcuni nonni pugliesi che facevano le orecchiette sul ciglio della strada, quindi potrei essere una “Nonna Boticelli” con un vestito pomposo. Prima di indossare la cintura dicevo sempre: “Volete delle orecchiette di Nonna Botticelli?”
Dovresti aprire un ristorante e chiamarlo “Nonna Botticelli!”
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Hai ragione, dovrei, è una bella idea. Non possono stare lontano dagli italiani per troppo tempo. Dopo “I Medici”, Botticelli potrebbe fare orecchiette per 50 anni prima di morire.
“Volete delle orecchiette di Nonna Botticelli?”
Sei anche uno sceneggiatore, c’è un soggetto sul quale vorresti concentrarti in futuro?
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Ce ne sono milioni.
Quali sono per te le differenze principali tra recitare difronte a una telecamera e scrivere una sceneggiatura? Quali diverse emozioni provi facendo le due cose?
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Amo entrambe allo stesso modo ma mentre una è molto solitaria, l’altra è totalmente collaborativa. Entrambe richiedono felicemente qualcosa, ma è anche ciò che rende difficile il mio lavoro: se sei un attore ti serve un copione, un regista, una camera, un produttore e un costumista. Se sei uno sceneggiatore, ti servono un regista e degli attori. Sono sempre stato geloso del fatto che nella mia famiglia siano tutti musicisti, invidio il fatto che se sei un musicista con la tua chitarra puoi esibirti e cantare tranquillamente. Puoi farlo anche come attore ma è più difficile.
Trovo la scrittura molto solitaria e difficile ma amo creare nuovi universi e mondi, è la mia più grande passione. Forse è dovuto al fatto che non mi sento molto a mio agio in questo mondo: mi emoziona trovarmi davanti a una pagina bianca, al contrario di altre persone che lo trovano scoraggiante. Sono una specie di truffatore, voglio arrivare alla fine, uscirne, e voglio che qualcuno ci faccia qualcosa con il mio lavoro, che lo legga, lo renda uno spettacolo o simili.
Come attore credo sia molto bello il fatto che posso scrivere, ma quando recito sul set c’è sempre qualcuno che mi dice: “Stai qui, devi dire questo, indossa questo”, e lo trovo liberatorio. Molti lettori leggeranno questa risposta e penseranno: “È un maledetto impostore perché recitare è molto più di questo!”. Mi diverte parecchio.
“Trovo la scrittura molto solitaria e difficile ma amo creare nuovi universi e mondi, è la mia più grande passione”.
“Sono una specie di truffatore, voglio arrivare alla fine e voglio che qualcuno ci faccia qualcosa con il mio lavoro”.
Che tipo di storie ti piace scrivere?
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Al momento ne ho due o tre. Un libro, il primo di una trilogia, che è una storia fantascientifica ambientata nel 2078, ma anche nel 2018 allo stesso tempo: è difficile parlarne senza fare spoiler. Mi piace scrivere storie per bambini, ho scritto un film per i ragazzi intitolato “Kids in Love” e ho uno spettacolo che sta prendendo forma, è di carattere politico, ma è ancora agli albori.
E non è “Wow“, non so nemmeno se uno di questi lavori sia buono. Come attore devi tenere a mente un’altra cosa: stai sempre scrivendo per fare in modo che il tuo agente ti chiami. Sei costantemente in attesa di fare audizioni, costantemente in attesa di altre persone. Come scrittore, invece posso scrivere, semplicemente, mi richiede solo di alzarmi la mattina, scrivere e poi portare il materiale ai produttori e dire: “Dovete leggere questo”. Viene tutto da me.
Sono così ansioso: un sacco di attori sono bravi a farlo, si siedono, vanno in palestra, e leggono, io invece devo fare qualcosa. È come una terapia.
Sei un cantante, uno scrittore un attore anche a teatro e un patrono delle arti: dove trovi l’arte e l’ispirazione nella vita?
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Sei molto gentile a definirmi un cantante, ma non è vero. Mi piacerebbe essere Elton John, ma non lo sono. Come patrono delle arti, mi piacerebbe esserlo, mi impegno tanto e mi piacerebbe fare molto di più per ampliare le possibilità con cui esprimere il proprio talento. Penso che questo business sia come un imbuto, ci sono così tante persone creative, di talento e straordinarie in alto, ma l’imbuto permette solo a pochi di uscire, e credo che sia un sistema merdoso, antiquato e stupido. In un mondo dominato da Internet, dalle applicazioni, dalla connettività e simili, è stupido che sia così. Ma penso che le cose cambieranno.
Questo ti dà la libertà di parlare con chiunque tu voglia; puoi sollevare le persone che hanno bisogno di essere sollevate.
“Penso che questo business sia come un imbuto, ci sono così tante persone creative, di talento e straordinarie in alto…”
“…ma l’imbuto permette solo a pochi di uscire, e credo che sia un sistema merdoso, antiquato e stupido”.
Qual è la cosa più importante che vorresti trasmettere alle giovani generazioni con il tuo lavoro, sia sul palco che di fronte alla camera?
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Penso, se mai potrò trasmettere qualcosa, che quando qualcuno mi chiede, e molto raramente la gente me lo chiede: “Voglio essere un attore o uno scrittore, voglio fare questo, vuoi dare il mio lavoro a qualcuno o che cosa devo fare?”, l’unica cosa da dire è: fallo.
L’unica cosa che puoi fare è farlo. Ho capito questo: mettiamo che tu conosca Steven Spielberg perché sei il migliore amico di suo figlio; l’unico modo per lavorare con Steven Spielberg non è chiedendoglielo. Non lavorerai mai con Spielberg se, mentre stai cenando con lui, gli dici: “Steven, posso avere un lavoro per favore?”.
Quello che Steven penso ti risponderebbe sarebbe: “Hai fatto qualcosa? Ci hai provato, hai scritto una sceneggiatura? Hai messo in piedi uno spettacolo o hai provato a realizzare un cortometraggio con i tuoi amici? “. E tu ti sentiresti in imbarazzo, perché sei un ragazzo pigro, e gli risponderesti: “No”. E Steven direbbe: “Beh, torna da me quando lo avrai fatto. Non quando avrai qualcosa da farmi vedere, ma quando mi avrai dimostrato che sei disposto a farcela da solo”.
Così l’unico messaggio che posso dare alla gente è: fatelo. Potrebbe non succedere mai, ma l’unico modo per scoprirlo è farlo. Fanculo gli agenti e i direttori dei casting: molti di loro vogliono davvero trovare un talento unico, ma fanculo a chi non lo vuole fare e chi invece vuole solo lavorare con un piccolo gruppo di prescelti. Andate e fatelo voi stessi. Ora con un cellulare si potrebbe girare un intero film, basta farlo! E sì, è difficile, ma se non fosse così, non ne varrebbe la pena.
“Così l’unico messaggio che posso dare alla gente è: fatelo. Potrebbe non succedere mai, ma l’unico modo per scoprirlo è farlo”.
Cosa c’è nel tuo futuro?
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La cena! [ride] Devo finire questo libro e spero, se Dio vuole, che esca l’anno prossimo e ho dei progetti di scrittura interessanti all’orizzonte, mi sto prendendo del tempo per concentrarmi su questi. E su qualunque progetto rinascimentale che mi aspetta!
Scegli il tuo preferito:
Giuliano o Lorenzo de Medici?
Impossibile! Non posso.
La “Primavera” o la “Nascita di Venere”?
La “Primavera.”
Sandro Botticelli o Alfonso d’Aragona?
Sandro Botticelli. Suvvia, è più interessante.
Firenze o Roma?
Non posso dare una risposta veloce. Ho vissuto a Firenze e la amo, è bellissima, ma mi piace Roma, c’è così tanto da vedere. Forse direi Roma.
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Must-have sul set?
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Gli scherzi. È lunga stare sul set tutto il giorno.
Accento preferito?
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Onestamente? Tutti tranne il mio, perché mi fa sembrare snob e lo detesto. Ne sono pienamente consapevole. Quindi parlo un po’ italiano, perché è la lingua dell’amore ma anche perché odio sentire la mia voce. O quello irlandese, o americano, tutti ma non il mio, davvero.
Qual è la tua pizza preferita?
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Capricciosa o Margherita, ma penso di preferire la pizza romana. In Italia direi una margherita perché la fanno meglio, è genuina, in Inghilterra invece devi per forza mettere qualcosa sopra alla pizza perché altrimenti fa schifo.
L’ultima serie TV di cui hai fatto binge-watch?
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“Ozark”.
Qual è il tuo posto felice?
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Ovunque siano i miei amici, e la mia famiglia.