“Gli uomini possono chiudere gli occhi davanti alla grandezza, davanti all’orrore, e turarsi le orecchie davanti a melodie o a parole seducenti. Ma non possono sottrarsi al profumo. Poiché il profumo è fratello del respiro“: questo scrive Patrick Süskind nel suo celebre romanzo “Il Profumo”. Non ci si può sottrarre alla loro presenza, alla loro capacità persuasiva ed evocativa: per me, le fragranze sono soprattutto il prendere vita di sensazioni e ricordi, anche spesso lontani, che rappresentano un aspetto di me e della mia vita. Ma non sono solo questo: più mi addentro in questo mondo, così preciso e ricco, più realizzo che i profumi sono capaci di sorprenderci sempre più e in modi sempre diversi, stuzzicando la nostra curiosità proprio per la loro ineffabile natura.
Quando parlo con esperti del settore, è come se per un istante, questa loro natura si facesse più concreta in parte: come mi è successo con Silvia Bianco, founder dello store Cardamomo e mente di Mani Perfumes, una linea composta da cinque Eau de Parfum, cinque mantra della serenità, che vedono come comune denominatore il cardamomo e le ispirazioni evocative, di benessere. In un viaggio tra ingredienti e ispirazioni, tra il valore delle emozioni di chi sceglie il proprio Mani e vedere la serenità come un’esercizio di consapevolezza, Silvia è capace di trasformare le sue storie in altro, qualcosa di effimero quanto i profumi ma che, proprio come loro, ti permea e rimane con te a lungo. Forse addirittura per tutta la vita.
Come e quando è nata la tua passione per il mondo del beauty in generale e poi nello specifico per le fragranze?
Nel mondo del beauty io parto soprattutto dalla skincare, per cui cura del corpo, cura del viso, e da una passione che è quella per l’ayurveda, quindi dal mondo della medicina tradizionale indiana, che è molto legata all’erboristeria, alla composizione, non a fini estetici ma di salute. Da lì, la mia curiosità di sapere come si era aggiornato il mercato dell’ayurveda: la scienza nel tempo si è evoluta e io mi sono appassionata alle formulazioni naturali.
La parte della profumeria è arrivata immediatamente dopo: io ho iniziato a lavorare come formatrice nel 2012 circa, per marchi che mi avevano contattata per spa e negozi. Girando per negozi, ho iniziato a vedere le sezioni di profumeria artistica che prima conoscevo solo marginalmente, e questo mondo mi è piaciuto tanto. Insomma, mi sono appassionata prima da cliente e poi da tecnica.
Dallo store Cardamomo al brand Mani perfumes: come sta andando e come si sta evolvendo il viaggio nel mondo delle fragranze?
Lo Studio Bianco e Cardamomo coesistono all’interno dello stesso spazio: lo Studio Bianco è la parte dedicata ai trattamenti e alle consulenze, mentre Cardamomo è lo shop, il concept store. In negozio, io non dico mai che si tratta della mia linea di profumi, tranne alle persone che ci seguono sui social o che seguono me, e quindi lo sanno, però tendo a non dirlo per evitare di condizionare la loro reazione. I profumi piacciono molto, e i clienti stanno avendo delle reazioni che non mi aspettavo: c’è una delle fragranze, che è Shamanic, che io e la naso, Rosa Vaia, abbiamo fatto uscire perché era particolare e ci piaceva, ma col pensiero che non avrebbe mai venduto. E invece è andata esattamente al contrario! [ride] È tra i profumi più venduti, forse proprio perché è strano e ha qualcosa di non sentito prima, per cui è stata una bella scoperta.
È bello vedere le reazioni delle persone e scoprire le loro impressioni: alcune sono in comune con le idee che avevo io, altre invece completamente diverse.
Il progetto sarebbe quello di avere tanti rivenditori in tutto il mondo; io guardo un po’ di più all’estero che in Italia, forse perché la realtà delle profumerie italiane l’ho vista talmente tanto da dentro che mi piacerebbe averne pochi ma selezionati qui. Invece, magari, all’estero potrei avere un po’ più di respiro, fare più ricerca. Alla fine, molto spesso si assiste a tantissime profumerie artistiche che però hanno tutte la stessa selezione di marchi, e questo è un po’ un peccato, perché diventano una sorta di catene. Da grande frequentatrice di profumerie, a me piace scoprire la specificità e l’unicità dei negozi. Nel mio negozio, ho tanti marchi, e chi viene da noi sono quelli che cercano la nicchia della nicchia, che cercano un’identità da prendere.
Il fatto è che è molto difficile slegare l’Italia dalla moda, il che nel nostro Paese è un po’ limitante, mentre all’estero forse è uno dei motivi per cui amano molto tutto quello che è italiano. Per esempio, adesso siamo in trattativa con un distributore americano che prende marchi italiani, perché lì è molto prestigioso il fatto che un marchio sia italiano, con la sua eleganza proverbiale, eccetera.
Il cardamomo è l’ingrediente chiave di tutte e 5 le feel-good fragrances della linea: come sviluppi la selezione degli ingredienti, e come avviene l’associazione con degli ideali di benessere?
Questa è molto divertente da raccontare. Quello che la gente non sa è che io non sono una formulatrice, per cui ho avuto una naso, cosa che dichiarano in pochi. Io stimo molto la mia naso professionalmente, quindi ammetto con orgoglio che dietro le mie fragranze c’è lei. In pochi forse sanno che quando si commissiona una linea di profumi, tu puoi dare l’idea della sensazione, del tema della linea, e poi il naso ti fa delle proposte di piramidi olfattive. Nel mio caso, però, è successo il contrario: ho terribilmente offeso la mia naso, perché sono stata io a proporle le piramidi [ride]. Tranne per Shamanic, in effetti!
Il cardamomo è una delle spezie più care e più pregiate del mondo, insieme alla vaniglia e allo zafferano; per me è una spezia super particolare, perché legata ad un ricordo che ho, che è quello del chai. La prima volta che sono andata in India per motivi di studio per me è stata uno shock culturale. Non ho mai fatto una vacanza rilassata lì, sono sempre stata in famiglia, ho vissuto il suo lato più autentico, ed è stata un’esperienza abbastanza intensa: arrivata lì, volevo andar via, senza mezzi termini, fin quando in Ashram non mi hanno servito un chai al cardamomo con il latte zuccheratissimo e quello è stato il momento in cui mi sono detta, “Posso restare”. Mi ha dato una sensazione di casa, e questo ricordo olfattivo del cardamomo un po’ tostato, perché si trovava nel tè, e che tale e quale si ritrova in Humani, che è una delle fragranze, ogni volta che lo sento mi restituisce una sensazione di casa e benessere. È per questo che il mio negozio si chiama Cardamomo, perché vorrei che le persone si sentano a casa quando entrano da me. Il concetto di benessere per me coincide con il riuscire a dare ai clienti quella stessa sensazione di comfort, di sentirsi a proprio agio, che è quello che secondo me il profumo dovrebbe fare. Il profumo è un po’ come un vestito: io posso decidere di indossare il meraviglioso Oud per far sentire che entro nella stanza, o la vaniglia per una coccola, però in sostanza quello che conta è che io mi senta a mio agio. Anche il profumo, dunque è una forma di comfort, e le formulazioni dovrebbero guardare anche a questo, oltre alla moda di cui parlavamo prima.
Da cosa deve farsi guidare una persona nello scegliere le tue fragranze? È più una questione istintiva, emotiva o pratica?
Ti rispondo in due modi diversi: da Silvia formatrice, che dice che esiste un percorso che prevede di andare dalla fragranza più nota e meno intensa a quella un po’ più strutturata, per una questione di facilità olfattiva. A un‘altra parte di me, però, piacerebbe che le persone scegliessero il proprio profumo pensando a come si sentono loro quando lo indossano e non a cosa penseranno gli altri. Poi, quest’ultimo è un effetto collaterale che fa molto piacere, quando vai in giro e la gente ti chiede che profumo indossi, però è più importante domandarci che cosa sentiamo noi quando lo indossiamo. Per me, è molto emozionante quando le persone mi dicono, per esempio a proposito di Manipura, “Mi fa sentire al sicuro”, o di Rimani, “È una coccola, mi fa sentire più dolce”. È bello pensare a come mi sento io con quei panni olfattivi addosso.
“Il concetto di benessere per me coincide con il riuscire a dare ai clienti quella stessa sensazione di comfort, di sentirsi a proprio agio, che è quello che secondo me il profumo dovrebbe fare”.
Qual è la storia che preferisci tra quelle che raccontano le tue fragranze e perché?
Trovo le storie tutte ugualmente emozionanti, al momento, mi emoziona ogni feedback che arriva attraverso la stampa, per esempio, e il fatto che le persone non credano che il mala sia incluso, e invece lo è, e la sua inclusione sia stata una mia grande lotta, perché è bello, è tattile, e ognuno ha un suo significato. Mi emoziona vedere le persone che indossano il mio mala, mi emoziona conoscere le varie reazioni, tornando a quello che ti dicevo prima sulle persone che mi chiedono che profumo indosso.
In che modo l’olfatto, ma tutti i sensi in realtà, ti aiutano a comprendere meglio te stessa e il mondo che ci circonda? Trovi che siano una chiave di lettura utile per interpretare la realtà?
Faccio fondo alle mie nozioni di psicologia: l’olfatto è uno dei sensi che per noi è stato meno alterato rispetto ad altri sensi, per cui è meno filtrato ed è ancora una delle cose che abbiamo più simile agli animali. Tramite l’olfatto recuperiamo immediatamente il senso di pericolo, il senso di agio; pensiamo a quanti odori non sentiamo più perché non li percepiamo come pericolo, oppure al fatto che anche con il raffreddore riusciamo a sentire l’odore di bruciato.
Il grado di consapevolezza di sé secondo me riguarda proprio questo: perché ci sono degli odori che mi sono rimasti in memoria olfattiva in questo modo e il tipo di sensazione che suscitano è inevitabilmente legato alle emozioni che ho provato nel momento in cui mi si è creata una memoria olfattiva. Dalla prospettiva di un senso diverso, quello della vista, se ci pensi a volte abbiamo un bias per cui se io incontro una persona che assomiglia al mio ex, o a qualsiasi persona mi stia sulle palle, associando dei tratti somatici che semplicemente molto somiglianti, istintivamente io mi metterò sulla difensiva, o sarò molto offensiva. Con i profumi, succede lo stesso, in modo un pochino diverso, nel senso che siamo meno abituati a ragionarci su;
però, vale la pena soffermarsi sulle sensazioni che un profumo ci suscita, perché spesso si va a un ricordo anche molto lontano nel tempo, di solito nell’infanzia, dove si formano le memorie olfattive, perché abbiamo bisogno di immagazzinare le informazioni per la sopravvivenza.
La serenità è forse lo stato d’animo più difficile da raggiungere, perché mentre la felicità spesso è rapida, il tempo di un istante, la serenità è un concetto che si protrae più sul lungo termine: che cosa rappresenta per te questo sentimento?
La serenità io la collego molto alla pace, e la pace è molto difficile da descrivere in poche parole… è una sorta di “bassa stimolazione-bassa reazione”, o meglio, un controllo delle proprie reazioni, quindi per questo quando si parla di meditazione, o di distacco, come predica il buddismo, si parla anche di pace, serenità, perché in quegli stati si riesce meglio a raggiungere quegli obiettivi. Detto ciò, non è sicuramente la nostra cultura quella distaccata.
Il metodo per raggiungere la serenità probabilmente consiste in un percorso di accettazione che non può essere perpetuo, perché non possiamo essere costantemente sereni e non possiamo arrivare a rimanere in uno stesso stato per un sacco di tempo. È per evolvere si deve anche stare scomodi. Ti do un’immagine: il mio maestro spirituale era molto critico nei confronti degli eremiti, con i maestri che andavano a isolarsi dal mondo per meditare e per raggiungere l’illuminazione; giustamente lui diceva: “L’illuminazione non la raggiungi isolandoti dal mondo, così è troppo facile. L’illuminazione la raggiungi stando nel casino”. È giusto, si evolve anche nella situazione molto scomoda; è facile raggiungere la serenità nella spa di un hotel 5 stelle, mentre è molto più difficile raggiungerla quando sono in una situazione di discomfort, con informazioni che mi arrivano sulla guerra, pressione sul lavoro. Se in quei contesti riesco a mantenermi almeno mentalmente stabile, quello può essere un buon grado di serenità.
È un esercizio di consapevolezza: non può essere tutto in equilibrio, quindi sta tutto nel capire cos’è che non sta andando bene, in che modo, se ci sono delle energie che mi stanno ostacolando nel raggiungimento di un obiettivo, che cosa sto sabotando io. È sempre un lavoro su di sé. Per raggiungere momenti di pace e serenità dopo la meditazione, ad esempio, si dice spesso “memorizza questo stato”, per usarlo quando non ce l’hai, e per ricordare a te stesso che quella cosa lì sei in grado di raggiungerla, è dentro ognuno di noi: dobbiamo solo andarla a ripescare.
Che cosa significa per te sentirti a tuo agio nella tua pelle?
Vuol dire tantissime cose. Sentirmi a mio agio nel mio corpo vuol dire essere nella totale accettazione che il mio corpo sta funzionando, che lo accetto così com’è, che sta facendo del suo meglio per farmi stare bene, che è il mezzo attraverso il quale io posso evolvere in questa vota. Sicuramente, c’è una parte meno spirituale che è: mi sento nel posto giusto, mi sento la persona giusta per…
“L’illuminazione non la raggiungi isolandoti dal mondo, così è troppo facile. L’illuminazione la raggiungi stando nel casino”.
Qual è la cosa più coraggiosa che tu abbia mai fatto?
Accompagnare mio papà alla morte. Con lui ho avuto un rapporto terribile, però quello è stato uno di quei momenti in cui mi sono detta: “Adesso batto cassa”. Tutto il lavoro di perdono è il lavoro su di sé sono molto facili se fatti a distanza, ma nei momenti veri, invece, è difficile, e per me è stata una guarigione molto importante.
Qual è la tua isola felice?
Io sono di origini sarde, quindi non posso dare una risposta diversa se non “la Sardegna” sennò verrei diseredata [ride], un po’ perché è lì che fisicamente ho casa, ma soprattutto perché è lì che ho più famiglia. Poi, amo la Sardegna perché è un’isola molto semplice nella sua totale ricchezza archeologica e naturale: è un posto dove sento di voler tornare, nonostante io sia nata e cresciuta a Milano. In realtà però, in generale, il mio posto felice è casa mia, anche qui a Milano, perché è un posto a mia immagine e somiglianza, così come il mio negozio. Io sono una persona che si è sempre mossa abbastanza, a dire il vero, perciò ci sono tanti posti in cui riesco a sentirmi a casa. Quest’anno, per esempio, sono stata a Lanzarote e mi sono innamorata: tante foto di Mani sono state scattate lì!