Un’attrice brillante, versatile, e una donna determinata, forte, libera, proprio come i personaggi che ricerca e sceglie di interpretare: Sveva Alviti si muove e agisce in direzione di un cinema d’impatto, sociale, che apra le menti e scuota le coscienze.
In “Entre Le Vague” di Anaïs Volpé, presentato al Festival di Cannes lo scorso anno, interpreta una regista e una madre single alle prese con le scelte più difficili della sua vita; in “Dalidà” di Lisa Azuelos, interpreta una donna e figura iconica per la comunità italiana e mondiale: Sveva si alimenta delle promesse di libertà che il cinema le offre, soprattutto quello francese con cui ha un rapporto speciale. Una libertà che esplora attraverso le emozioni, attraverso l’atto di dar voce a quei membri della società, come le donne, che spesso non hanno modo di farsi sentire. Un’artista che “si stimola molto da sola” grazie alla sua natura curiosa e socievole, si fa spazio nel mondo dell’intrattenimento scrivendo sceneggiature, si confronta con il mondo della moda da quando era ragazzina, nonostante la consapevolezza di quanto difficile sia crescervi a così diretto contatto.
Ma è solo la consapevolezza di aver dato il massimo, che ci consente di fare sogni tranquilli, e vivere nel rispetto di noi stessi e di chi ci circonda.
Qual è il tuo primo ricordo legato al cinema?
Quando ero piccola, non ricordo a che età, mio padre mi fece vedere tutti i film di Antonioni, tra cui “La notte”, con Monica Vitti. Questo film mi colpì tantissimo, per l’eleganza delle immagini, per i silenzi, e per questo personaggio tormentato, che era quello di Monica Vitti. Devo dire che questo mi colpì molto, perché avevo un’età in cui già potevo capire la differenza da film a film: il linguaggio di Antonioni è sempre stato un linguaggio di poche parole e di molti silenzi, di un cinema molto lento rispetto ai film più animati che vedevo da bambina; quindi questo film mi colpì molto e tutt’ora è uno dei miei film preferiti.
In “Entre Le Vague” di Anaïs Volpé, una storia di amicizia e competizione, in concorso alla 53a Quinzaine des Realisateurs del festival di Cannes 2021, interpreti tutt’altro ruolo: una regista, madre single, che si ritrova a dover compiere alcune scelte cariche di significato. Com’è stata la tua esperienza su questo set?
Devo dire che il set di “Entre Le Vague”, il film francese che ho presentato a Cannes alla Quinzaine des Realisateurs, è stato un set molto intenso, molto bello anche perché è stato girato tra le due correnti del Covid, tra i due lockdown, quindi si aveva veramente voglia di tornare sul set per creare e testare un ambiente artistico che ci poteva ispirare tutti. Il mio è un personaggio che ho amato molto, perché è un personaggio molto forte, determinato, che si ritrova a dover lottare tra questa pièce teatrale, che è tutta la sua vita, e l’amicizia tra queste due attrici che poi sono anche migliori amiche.
La regista, Anaïs, con la quale ho un rapporto bellissimo, ha voluto fare molta improvvisazione: girando nel teatro, avendo io la maggior parte delle mie scene appunto in teatro e girando lei con camera a mano, avevamo la libertà di poter esplorare lo spazio attraverso le nostre emozioni, attraverso le nostre scene. Quindi avere la libertà di poter veramente essere e vivere nei nostri personaggi: una cosa che trovo fantastica, perché ci dà la possibilità di entrare, scena per scena nel nostro personaggio e di confrontarci con gli altri personaggi del film in una maniera molto vera, molto profonda.
Sono stata molto felice di presentare questo film a Cannes, perché è stata la mia prima volta a Cannes con un film in concorso. È stata un’emozione meravigliosa poter andare sul red carpet con un film di cui vado fiera, che uscirà il 18 marzo in Francia; è un film che sta anche vincendo molti premi in festival francesi e internazionali, quindi c’è molta attesa. Spero che esca anche in Italia.
“…avere la libertà di poter veramente essere e vivere nei nostri personaggi…”
Lavori molto in Francia, oltre che in Italia: noti differenze tra i due tipi di sistemi di intrattenimento? Cosa, del cinema francese, vorresti importare in quello italiano, e vice versa?
Amo sia il cinema italiano sia il cinema francese. In questo momento in particolare sto facendo un percorso in Francia perché ho interpretato un personaggio in un film che ha avuto molto successo, e che mi ha permesso e mi permette oggi di interpretare ruoli che amo. Il cinema francese a differenza di quello italiano, ad oggi, ha la possibilità di esplorare dei nuovi confini, dei generi diversi. Io amo la commedia, il cinema drammatico, il cinema d’autore, il cinema d’azione, però le proposte che ho in Francia rientrano nel cinema che io amo di più, ovvero quello delle tematiche sociali, le tematiche d’autore, cioè la possibilità di dare ai miei personaggi una voce, poter dare a delle donne una voce che magari a volte non hanno.
Spererei tantissimo in Italia si facciano più film d’autore, più film con tematiche sociali, e anche più film sperimentali, se vogliamo, perché ce n’è bisogno, perché l’Italia è un paese meraviglioso e dobbiamo educare le persone a vedere anche un cinema scomodo. Trovo che sia la Francia sia i francesi siano abituati a guardare film di un certo tipo, non per forza noiosi o drammatici, ma con un linguaggio cinematografico diverso. Io spero tanto che il nostro cinema continui così, nel senso che sto vedendo che molti registi giovani stanno iniziando a fare un nuovo cinema, un cinema sperimentale, più scomodo.
E spero di tornare presto a girare un film in Italia.
Hai partecipato a vari progetti interessanti. Qual è stato l’incontro cinematografico più significativo della tua carriera, finora?
Non c’è un incontro in particolare, tutte le persone che ho incontrato nella mia carriera a partire dalla regista di “Dalida”, Lisa Azuelos, sono state persone che mi hanno insegnato e mi hanno aperto la mente in un modo diverso. Ogni storia è una storia a sé: ho avuto, finora, l’opportunità di fare e di amare tutti i personaggi che ho interpretato. Posso dire che Liza Azuelos, in questo caso, mi ha dato la possibilità più grande della mia vita, e insieme abbiamo dato tutte noi stesse per fare un film che fosse all’altezza del personaggio iconico di Dalida. Anche con Anaïs Volpe, nel film “Entre les vagues”, ho lavorato in maniera incredibile, e trovo che lei sia una regista che sa veramente quello che vuole dai suoi attori. Con tutte le persone che ho incontrato fino ad oggi, anche nel film Italiano di Marco Amendola, “Tra le onde”, mi sono trovata benissimo, sia con Vincenzo Amato, l’attore, ma anche con Marco, il regista, e tutta la produzione.
Un altro personaggio che ho amato molto è stato Jean-Claude Van Damme, perché l’ho trovato una persona molto umana, molto sensibile, cosa che non si direbbe, perché il ruolo più comune che interpreta nei suoi film è quello degli action movie, quindi a volte non traspare questa sua sensibilità e bravura attoriale.
Fino ad oggi ho conosciuto delle persone incredibili, umane, sensibili, che mi hanno dato delle opportunità meravigliose, e con le quali sono ancora in contatto.
Chi o cosa ti ispira sul lavoro, ma anche nella vita di tutti i giorni?
Io sono ispirata da tutto, veramente: dal momento in cui mi sveglio la mattina, ho come dei radar accesi che lavorano, che pensano, e che si fanno ispirare da tutto. Il mio compagno, nella vita, è una persona che mi ispira, una persona molto profonda che mi dà molte idee e che mi stimola. In realtà, sono una persona che si stimola anche molto da sola, perché vado molto al cinema, leggo molto, sono molto curiosa, anche nei rapporti interpersonali, incontro molte persone, parlo con loro, mi confronto, perché credo che questo possa essere un modo per creare, per entrare nel profondo dell’essere umano, che è una cosa meravigliosa, una cosa umana bellissima, ma anche per poter pensare a delle storie, scrivere delle storie, pensare a dei film.
Sono fortunata, perché mi sento davvero ispirata da tanti personaggi della mia vita, da tante persone che mi arricchiscono ogni giorno.
Hai intrapreso anche il percorso di sceneggiatrice, che storie vuoi raccontare?
Le storie che amo raccontare sono storie di vita, storie difficili, di cui non si parla tanto. Ho iniziato a scrivere e mi piace molto; ho scritto il mio primo cortometraggio, che ho girato qualche settimana fa, che si chiama “Le jour d’après” e racconta la storia di un uomo che si sveglia avendo perso la madre la notte prima. Si chiama “il giorno dopo” perché la cosa che mi affascinava era il risveglio, il risveglio in questo dolore, in questa fine dell’essere umano, dell’uomo e della donna, di essere figlio, in qualche modo.
Le tematiche che amo sono tematiche di donne: possono essere semplici, possono essere un po’ folli, sociali, di denuncia; io amo le storie in generale, le storie di donne che sono quelle che mi parlano di più in qualche modo, ma le storie che amo raccontare, di solito, sono storie di denuncia rispetto a tanti argomenti di cui non si parla abbastanza.
“…Storie di vita, storie difficili, di cui non si parla tanto…”
Qual è, per te, la più bella battuta della storia del cinema?
“È proprio quando credete di aver capito qualcosa che dovete guardarla con un’altra prospettiva”.
Questo è un film che mi ha colpito molto, si chiama “Dead Poets Society”, in italiano “L’attimo fuggente”, con Robin Williams. Ho amato tantissimo questa frase perché rispetta veramente quello in cui io credo.
Che ruolo occupa la moda e la tua esperienza da modella nella tua realtà di tutti i giorni?
Io amo la moda, fa parte di me, è qualcosa con la quale sono cresciuta, perché mio padre è sempre stato un amante della moda, del vestirsi bene, molto chic ed elegante, e anche mia mamma.
Ho iniziato a vivere nella moda all’età di 17 anni, e da lì mi si è aperto un mondo meraviglioso. Con la moda io amo giocare, nel senso che amo vestirmi rispetto ai miei umori, amo tirarmi su a volte, se sono triste, e vestirmi bene, carina, perché mi dà forza. La moda è parte della mia vita, è qualcosa che mi viene naturale, che amo, che mi piace, che mi appassiona e che mi diverte.
“Con la moda io amo giocare, nel senso che amo vestirmi rispetto ai miei umori…”
Se potessi assumere uno stilista che ti vestisse ogni giorno e un regista che ti dirigesse le giornate, chi sceglieresti e perché?
Sicuramente, Anthony Vaccarello di Yves Saint Laurent, uno stilista che amo molto e che trovo rappresenti la donna nella sua bellezza e forza assoluta. Per quanto riguarda il regista, ne ho tantissimi, però posso dire che mi piacciono moltissimo i fratelli Dardenne, due registi che vengono dal Belgio e fanno del cinema meraviglioso, e con loro amerei tantissimo lavorare.
Un personaggio di un film o serie TV che ti piacerebbe avere come amico?
Mi piacerebbe tanto avere come amica Carrie Bradshaw di “Sex and the City”. È stata una serie meravigliosa che mi ha accompagnata in momenti difficili, anche quando vivevo a New York da sola, quindi in qualche modo, con questo gruppo di donne io empatizzavo tantissimo, e mi sentivo parte di loro, delle loro esperienze e delle loro follie.
Un epic fail sul set?
Quando, durante le riprese di “Dalida”, mi trovavo di fronte a 300 persone, perché era il giorno in cui giravamo tutte le scene dei concerti di Dalida e, ballando, sono caduta davanti a tutti.
Il tuo must have sul set?
Il mio must have sul set, non so quanto sia originale, ma è la mia sceneggiatura, adattata momento per momento sul personaggio con un lavoro specifico; quella per me è la mia bibbia, e nei momenti in cui per qualche motivo sono più o meno distratta, mi basta aprirla per ritrovare tutto il lavoro che ho fatto sul personaggio in questione.
Cosa significa per te “sentirsi a proprio agio nella propria pelle”?
Sentirsi a proprio agio nella propria pelle è un qualcosa che non ho mai vissuto, se non da qualche anno; mi sono sempre giudicata moltissimo per il mio aspetto fisico, perché, vivendo in un mondo come quello della moda sin da piccola, che imponeva a noi modelle di avere un certo tipo di misure, l’aspetto fisico è stato sempre per me qualcosa di molto difficile da gestire. Adesso che sono cresciuta, che ho un altro lavoro, che ho fatto un percorso su me stessa, ho imparato ad amarmi con tutti i miei difetti e con i miei pregi.
Sentirsi bene nella propria pelle vuol dire stare bene con sé stessi quando si va a dormire, sentire che stai facendo tutto quello che puoi per arrivare ai tuoi obiettivi, che sei una persona che rispetta gli altri e che rispetta sé stessa, che fa del bene e che si fa del bene. Per me è importante rispettare il mondo che ti circonda, perché sennò non ci si può aspettare che le persone rispettino te.
Sentirmi bene con me stessa è qualcosa che mi fa dormire la notte, e che ho imparato a fare e a sentire non da molti anni.
“…ho imparato ad amarmi con tutti i miei difetti e con i miei pregi”.
Qual è la cosa più coraggiosa che tu abbia mai fatto?
Credo sia stata lanciarmi da un aereo a 4000 metri. L’ho fatto qualche anno fa, a Dubai, durante un viaggio organizzato da Bulgari, un brand con il quale lavoro spesso; lì mi si è presentata la possibilità di fare sky diving, e quindi di potermi buttare da un aereo, e il panorama di Dubai è uno dei più belli del mondo da vedere, quindi ho preso quest’opportunità al volo e mi sono gettata da un aereo. I primi secondi sono stati i più intensi, non riuscivo neanche a respirare, è stata la più grande follia che abbia fatto, ma questo mi ha aperto un mondo e mi ha fatta vibrare dentro, mi sono sentita viva, ma così viva che non riuscivo più a stare ferma dalla felicità di aver fatto una cosa del genere.
Cosa che credo sia, poi, la metafora della vita: quando tu ti butti, decidi di lanciarti, e poi tutto il resto è magia.
È vero, perché se noi riusciamo ad affrontare e a controllare le nostre paure, e quindi a prendere delle decisioni che magari ci spaventano, poi ci si aprono delle porte, delle opportunità, e in questo caso ci si aprono delle emozioni che non pensavo neanche di poter vivere.
Di cosa hai paura?
Ho paura di fallire nella mia vita, e quindi di non riuscire a raggiungere i miei obiettivi, ma ho soprattutto paura della morte; so che è un luogo comune, che è un qualcosa di cui hanno paura tutti, perché è un qualcosa di sconosciuto, ma mi terrorizza.
La tua isola felice?
La mia isola felice è la mia famiglia, il mio compagno, è la mia casa, dove mi sento protetta, capita, e dove mi sento io al 100%. Sono felice di avere una famiglia e un compagno che mi danno questo tipo di emozione, questa tranquillità emotiva, perché il nostro è un mestiere talmente complicato e instabile, che dobbiamo cercare di trovare almeno nella nostra vita privata un salvataggio, un qualcosa che ci protegga e ci faccia sentire protetti.
Photos by Johnny Carrano.
Makeup by Adelaide Fiani.
Styling by Sara Castelli Gattinara.
Thanks to Others srl.
LOOK 1
Total look: Giorgio Armani.
LOOK 2
Total look: Redemption.
LOOK 3
Dress: Dior.