Wagner Moura è uno di quegli attori che non si dimenticano. La sua famosa interpretazione nei panni di Pablo Escobar in “Narcos” l’ha reso immortale e ci ha fatto divorare la serie, rendendo il personaggio così credibile che ad un certo punto tutto il mondo aveva gli occhi su di lui. Esattamente come noi che poi non lo abbiamo più lasciato, seguendo la sua carriera e percorso.
Come Wagner stesso dice, è una “persona politica“, a cui piace interpretare questi personaggi complessi, vuole imparare tutto su di loro, soprattutto se si tratta di persone realmente esistite, ma solo per poi riuscire a dimenticare ciò che ha imparato, per riuscire a vivere e respirare davvero il personaggio.
E lo ha fatto anche con il film diretto da Olivier Assayas “Wasp Network,” che sarà distribuito in Italia da BIM. Il film si basa sul libro “Os últimos soldados da Guerra Fría: A história dos agentes secretos infiltrados por Cuba em organizações de extrema direita dos Estados Unidos” del giornalista Fernando Morais. Il film racconta la storia della creazione della rete di spie che il governo cubano aveva instaurato a Miami negli anni ’90, per infiltrarsi e scoprire tutto sui movimenti anti-Castro nel territorio statunitense.
Wagner Moura interpreta Juan Pablo Roque, un soldato traditore che lascia Cuba nuotando verso Guantanamo per cercare asilo politico. Affascinante all’inizio, il personaggio si trasforma lentamente, lasciando intuire che nasconde qualcosa, per poi finalmente svelare i suoi veri obbiettivi.
Durante la nostra intervista con lui, ci ha sottolineato quanto l’empatia sia importante nel mondo di adesso, e quanto sia importante imparare ed educarsi per diventare una persona migliore, non solo un migliore artista. E come ultima cosa, ma non per importanza, ci ha raccontato quanto ami i personaggi non realmente esistiti, perfetti per liberare la sua creatività. Non ci rimane quindi che aspettare di conoscere il suo prossimo personaggio.
Non è la prima volta che interpreti un personaggio realmente esistito: qual è l’aspetto che preferisci di questo tipo di lavoro?
La verità è che preferisco i personaggi inventati, quelli che non esistono, perché quando interpreti un personaggio realmente esistito hai delle responsabilità in più nei confronti della vita di quella persona. Non dico che sia un lavoro meno creativo, perché non è così, ma richiede una maggiore responsabilità.
Che tipo di rapporto avevi con il regista Olivier Assayas sul set e come avete costruito insieme il personaggio e la storia?
Il mio rapporto con Olivier è di pura ammirazione. In conferenza stampa, qualcuno mi ha fatto una domanda sul film che ho diretto, che parla di una rivoluzione, e mi ha chiesto quale fosse il legame tra il mio film e la rivoluzione cubana; io ho risposto che i cubani sono un importante punto di riferimento per chiunque in Sud America voglia essere un rivoluzionario o innescare una rivoluzione, e che sono stati anche per me un riferimento fondamentale quando ho diretto il mio film. Anche “Carlos” di Olivier è stato un riferimento importante, infatti è un film fantastico e credo che “Wasp Network” lo riprenda, in un certo senso, a livello di struttura.
Il mio rapporto con Olivier è di pura ammirazione, quindi, come ho già detto, penso che lui sia uno dei migliori registi in circolazione oggi, è una persona deliziosa, allegra e intelligente.
Per quanto riguarda il modo in cui lavoro io, di solito cerco di imparare tutto quello che posso, in questo caso su Cuba e Juan Pablo Roque e la sua vita a Miami; ho cercato di leggere e informarmi il più possibile sulla storia vera con l’obiettivo, in seguito, di dimenticarmene e crearne la mia versione personale. A proposito della costruzione del personaggio, invece, ho fatto quello che ho fatto anche per Pablo Escobar, ho letto tutto quello che c’era da leggere su di lui, ho visto un migliaio di video e di film e poi ho cancellato tutto dalla memoria e creato la mia versione di quello che pensavo fosse accaduto. Il personaggio a cui ho dato vita, ovviamente, non è il vero Roque: è l’uomo basato sulla storia scritta inizialmente dall’autore del libro, Fernando Morais, poi sulla sceneggiatura di Olivier, ed infine su me stesso, quindi ha delle fondamenta abbastanza solide, ma allo stesso tempo è una creazione.
Hai avuto modo di parlare con qualcuno che ha vissuto il caso in prima persona?
È una storia così recente che per farmi un’idea della vicenda mi è bastato andare a Cuba, a L’Avana, in cui tutti sanno del caso e “i cinque” sono considerati eroi tanto quanto Che Guevara e Fidel Castro: gli hanno fatto delle statue come fossero eroi nazionali, quindi era strano, in realtà, parlare con la gente di una parte così importante della storia cubana.
“Ho fatto quello che ho fatto anche per Pablo Escobar, ho letto tutto quello che c’era da leggere su di lui…”
“…ho visto un migliaio di video e di film e poi ho cancellato tutto dalla memoria e creato la mia versione di quello che pensavo fosse accaduto”.
Hai interpretato molte figure storiche, sul piccolo e sul grande schermo: qual è il prossimo capitolo della storia che ti piacerebbe raccontare?
Ritorno alla tua prima domanda: adoro la politica e sono una persona molto impegnata politicamente; a volte ho voglia di adattare un libro in un film, oppure di creare io stesso un personaggio, o di recitare in qualcosa che non sia basato su niente, ma che comunque abbia il requisito di essere un qualcosa di politico, perché è in quella chiave che vedo il mondo, non si tratta solo di una responsabilità nei confronti degli altri.
Il mio film non è ancora uscito in Brasile, perché diciamo che la strada è piena di ostacoli, quindi a volte è una sofferenza. Per questo ogni tanto sento il bisogno di raccontare una storia più leggera.
Se fossi una spia, in che epoca ti piacerebbe vivere e su cosa ti piacerebbe spiare?
[Ride] Bella domanda! In realtà, il periodo in cui è ambientato il film di Olivier è perfetto, anche se forse preferirei andare indietro di qualche anno, magari alla fine degli anni Ottanta, quando l’Unione Sovietica è vicina al crollo, cade il muro di Berlino, è la fine della Guerra Fredda. Mi piacerebbe essere una spia o in Unione Sovietica, a Mosca, o negli Stati Uniti, per vedere come si comportavano le due fazioni, com’era l’atmosfera da entrambe le parti.
Quanto ti viene proposto un nuovo progetto, cosa ti fa dire “Sì, voglio farne parte!”?
Non faccio mai niente per soldi o perché il film è popolare, o perché è un franchise, per esempio, non me ne frega un cazzo; ci sono così tante altre cose che considero importanti, primo fra tutti, per esempio, il fatto che il progetto sia qualcosa che mi colpisca come essere umano, che mi insegni qualcosa o che mi renda una persona migliore o un artista migliore, o che magari mi faccia imparare qualcosa di nuovo su me stesso e sul mondo. È un ragionamento molto egoista, lo so.
Ma, allo stesso tempo, non si deve giudicare il personaggio, anche quando può essere molto difficile non farlo…
Nessun giudizio, solo empatia, è importante ed è qualcosa che la gente non sa più fare oggi; è questo che cerco di insegnare ai miei figli ogni giorno, mettermi nei panni delle altre persone e chiedermi sempre “come si sono svegliati oggi?”. È un esercizio che tutti quanti dovremmo fare e che gli attori già fanno per loro natura.
Come descriveresti il tuo personaggio in “Wasp Network”?
Sarò in grado di rispondere alla domanda dopo aver visto il film [ride], perché durante le riprese ti fai una certa idea e a volte cambia dopo che guardi il film. Ci sono alcune cose di Roque che capisco, ma altre che non riesco a concepire, come il fatto che si è sposato e poi ha abbandonato sua moglie. Però ora non saprei proprio come descrivere esattamente il mio personaggio.
“Io non faccio mai niente per soldi o perché il film è popolare, o perché è un franchise, per esempio, non me ne frega un cazzo…”
Cosa ci puoi svelare dei tuoi progetti futuri?
Una cosa a cui tengo particolarmente è far uscire il mio film “Marighella” in Brasile. Poi ho prodotto e recitato in un film Netflix, “Sergio” che parla di un brasiliano di nome Sergio Vieira de Mello, una persona importantissima a livello di empatia, che avrebbe dovuto essere il Segretario Generale delle Nazioni Unite dopo Kofi Annan, ma fu ucciso in Iraq nel 2003 durante un bombardamento. Era un uomo straordinario. Il film uscirà il prossimo anno ed è un progetto di cui sono particolarmente fiero.
Photos by Johnny Carrano.