Quando ho deciso di fondare The Italian Rêve, uno degli obbiettivi (se non l’obbiettivo principale) che volevo fosse chiaro, era quello di sorprendermi ogni giorno, e in questo modo speravo di sorprendere chi ci leggeva o guardava i nostri contenuti. Come? Beh, soprattutto attraverso le persone. Mi è sempre piaciuta l’idea e il pensiero che ognuno di noi abbia tanto da dire, da raccontare e che condividerlo con tutti sia un gesto di infinita umanità. Le storie di tutti possono ispirare tutti.
La scorsa estate mi sono ritrovata, non so per quale motivo in particolare – forse era più una sensazione – ad aspettare impazientemente l’arrivo di questa nuova serie su Netflix: “Ozark”. E così il 21 luglio 2017, il giorno stesso in cui è uscita, ho cominciato ad assaporarla. Non in maniera compulsiva: ogni volta che avevo un momento “sacro” di tranquillità, la guardavo. E così è finita molto, molto velocemente.
Tutti, ma proprio tutti, in quel cast sono eccezionali, e Jason Bateman li conduce in uno storytelling mai scontato, oscuro, umano e tremendamente sincero. Ma, il personaggio che mi ha colpito di più è stato quello dell’agente dell’FBI Roy Petty: forse per il suo modo di fare così arrabbiato, per il suo volto, per la sua fame nel fare le cose, nel non seguire le regole e quel suo grande, grandissimo senso di colpa che sembra, a volte, impedirgli anche di respirare. E tra le migliori scene della serie, lui c’è.
L’attore che lo interpreta è Jason Butler Harner, già conosciuto per la sua parte nel film di Clint Eastwood “Changeling” come il serial killer Gordon Northcott. Un’interpretazione magistrale. Ha poi avuto successo sul piccolo schermo con serie tv come “Ray Donovan”, “Homeland”, “Alcatraz” e “The Blacklist”. Ma il suo cuore vive felice sul palco di un teatro, non importa quando grande esso sia. E il suo umorismo e modo di fare lo renderebbe perfetto per far parte di una sceneggiatura di Greta Gerwig (cosa che anche lui conferma essere un grande desiderio).
Quando ho letto le risposte alle mie domande ho riso, mi hanno fatto riflettere e pensare che questa forse è l’anima artistica più sincera che io abbia mai incontrato finora. Mi sono emozionata nel leggere che volesse condividere tanto di lui e la sincerità con cui si è raccontato è palpabile.
Per un istante mi è sembrato di averlo davanti a me.
In attesa della seconda stagione di Ozark (noi non vediamo l’ora), perdetevi anche voi tra le sue parole, i suoi sogni e i suoi bar preferiti dove bere un buon bourbon a New York City.
Ed io aspetterò impaziente il giorno in cui potrò vedere uno dei suoi appunti sul cellulare, diventare un’opera a teatro, in televisione o al cinema. Sapendo già che avrà quel tocco di empatia ed umorismo che riflette l’essenza dell’umanità.
_________________________
Abbiamo letto che non hai sempre pensato di diventare un attore. Quale è stato il “click”, la cosa che ti ha fatto pensare che questa potesse essere la tua vita?
_________________________
Come per la vita, è sempre questione di una serie di “click” – una serie di epifanie – che mi hanno permesso di crederci. Non sono mai stato “ossessionato” da questo lavoro, quindi grazie per non aver fatto questa domanda. Ho sempre saputo però di essere felice mentre recitavo. Sapevo di essere sempre stato un ragazzo sensibile e perspicace. Ma ci è voluto un po’. Mi ci sono voluti diversi momenti per capirlo, come ad esempio parlare ad un pubblico di migliaia di persone come Eugene Morris Jerome nella piece “Brighton Beach Memoirs” a Richmond quando avevo 20 anni, e sentire il pubblico ridere e poi tutto ad un tratto essere silenzioso. Lì ho capito che lo avrei fatto spesso. Molti anni dopo quando ho interpretato Tom in “The Glass Menagerie” con Sally Field, ho avuto un’esperienza di recitazione the mi ha dato la direzione, mi ha fatto capire quello che dovevo fare.
Può essere vissuto come un momento spirituale. Preferisco quando lo è.
Ho cominciato a studiare recitazione al college per disperazione. Non ero riuscito ad entrare in altre scuole per studiare materie che pensavo avrei voluto fossero la mia vita. Volevo insegnare ai bambini con disabilità ma i miei voti al liceo non erano abbastanza buoni e non riuscivo a trovare la mia direzione. Il Destino mi ha lanciato un’ancora di salvezza facendo sì che fossi abbastanza intelligente da prendere in considerazione quella lettera di ammissione al college a cui non volevo dare tanto peso.
Il teatro mi ha salvato la vita. Non esagero.
Mi ha dato la concentrazione e il modo di incanalare tutto il casino nella mia testa, cuore e anima. Quindi sì, ci sono stati dei “click” lungo il percorso. E ci sono ancora. La maggior parte degli attori, pur sapendo che stanno facendo la giusta carriera, stanno ancora cercando quel “click”. Un po’ come Brick in “La gatta sul tetto che scotta”. Aha.
_________________________
Ti sei preparato per interpretare personaggi molto oscuri e complicati (Changeling, Ozark, Alcatraz, Homeland etc.). Qual è stato il processo che ti ha portato a scegliere questi personaggi così profondi e dark?
_________________________
Sembra che ultimamente mi sia lanciato sui “tizi complicati”. In realtà sono loro a trovare me. Non sono io a cercare loro, credimi. In realtà vorrei essere in una commedia. Ma li apprezzo. Li servo. Sono grato loro. E dico di no a molti di loro perché ci sono alcuni spazi di me in cui non sono più interessato a farli entrare. Ma allo stesso tempo mi trovano sempre.
Tutti derivano dal grande regalo che mi è stato dato la prima volta che ho interpretato una persona danneggiata, con Angelina Jolie e Clint Eastwood in Changeling. La porta si è aperta con Gordon Northcott Jr. ed è rimasta socchiusa (a volte più di quello che avrei voluto).
Inizialmente è stato una grande sollievo poter vivere ed abitare questi angoli nascosti di me. Fino a quel momento avevo interpretato anime riflessive e pensierose, quindi ero alla disperata ricerca di una nuova sfida. Volevo ricevere un pugno dal mondo. Ero così stanco di piangere e di essere isolato 8 giorni su 7, ho desiderato questo per molto.
Ed è successo! Gordon era una persona reale.
Un serial killer Americano. Era stato abusato dai suoi genitori che sono stati poi incarcerati quindi capire da dove proveniva la sua anima disturbata, è stato facile. Adesso che ho interpretato un po’ di questi personaggi severi e minacciosi con moventi nascosti, la sfida è diventata un po’ più ardua. Sento che tutti quei personaggi definiti come “psicopatici” sono quasi sempre ridicolmente bidimensionali, puramente mezzi funzionali, e quindi noiosi da interpretare.
Con Petty (Ozark), sono stato fortunato perché ci sono state delle “ragioni” per cui era così motivato nel fare quello che faceva e sono immensamente grato agli scrittori che mi hanno dato lo spazio per rivelare il perché.
La più grande sfida nell’interpretare questi uomini risiede però quasi sempre nella loro TOTALE assenza di espressione, proprio perché la loro persona include così tante sfaccettature.
È come creare una stampa negativa: una radiografia distorta di un uomo.
_________________________
Qual è per te l’aspetto più importante quando ti approcci a raccontare una storia attraverso un personaggio?
_________________________
Sono sempre stato interessato agli opposti di un personaggio, come anche nelle persone della vita di tutti i giorni. Qual è il punto debole, se ha volontà sulla sua sessualità, come si sente più vivo, o dove il più umile e quieto. E poi, molto importante, sono interessato al loro senso dell’humor, cosa li fa ridere.
A questo punto si tratta di capire in quale punto nella loro vita si trovano, e come le cose possano cambiare o esplodere e sorprendere così me (e il pubblico) nel modo più autentico possibile.
Ad esempio, sempre l’agente dell’FBI Petty, è animato dal senso di colpa nei confronti della dipendenza dalle droghe di sua madre, che pensa essere colpa sua anche se in realtà non è così. Anche mentre cercava di sedurre Russ per avere informazioni su Marty, allo stesso tempo un po’ se ne innamora. Una cosa non esclude l’altra. Entrambe possono succedere e Roy Petty non riesce ad avere sempre il controllo delle sue decisioni e non sempre riesce ad essere oggettivo. Ha anche un senso dell’humor un po’ rozzo, il che lo rende affascinante per Russ.
“Non ti preoccupare, mi faccio solo gli uomini che vogliono essere scopati”, mentre pescano sul fiume, è una delle battute più belle per le quali sono stato pagato.
_________________________
Reciti anche a Teatro. Qual è secondo te la più grande differenza con il cinema? E in particolare con i film di grande produzione?
_________________________
Lotti per essere più vero e spontaneo possibile in entrambi, ma il canale d’espressione è molto diverso. Sul palco si prova, si passa del tempo insieme decidendo quale possa essere il modo migliore per raccontare la storia e nella notte sono padrone di me stesso. Vivo e respiro con questi attori e in particolare con l’audience che ci guarda, parlando di fatti nel presente – e cerchiamo tutti di vivere e far vivere l’esperienza migliore in QUELLA sera precisa, mentre tutti condividiamo lo stesso spazio ed energia.
In qualsiasi schermo, piccolo o grande che sia, il tempo e la storia sono raccontate in modo diverso. C’è bisogno di creare in modo più veloce, più piccolo, cercando di essere precisi come una lama di un rasoio ma allo stesso tempo assolutamente imprevedibili e reali. Questo succede solo quando sono nello stesso spazio e condivido la stessa energia con quel preciso attore e con quella precisa crew, permettendo alla camera di semplicemente documentare ciò che accede. Gli strumenti alla fine sono gli stessi, entrambi richiedono supporto del respiro ed essere rilassati, è solo questo su cui mi devo concentrare.
_________________________
Abbiamo amato il tuo Roy in Ozark. L’intensità nella scena del motel quando distruggi tutto è molto potente, rimane impressa. Come ti sei preparato per la scena? E come fai a “riprenderti” come Jason? O è stato semplice “mantenere le distanze”?
_________________________
Grazie mille davvero. Amo il povero, irruento Roy Petty. È così solo. Io non sono più arrabbiato quanto lo ero una volta, ma ho ancora i miei demoni con i quali convivere. Sai, lo sapevo che non avremmo fatto nulla come la scena di Martin Sheen di “Apocalypse Now”, ma ci siamo ispirati da quella. Era l’ultimo giorno di riprese della prima stagione. Eravamo così stanchi di quella stanza d’hotel. Volevamo tutti che morisse di una morte orribile. È stato strano viverla con lo stesso personaggio per 6 mesi e ancora peggio con tutta la crew sempre lì.
Ci sono state delle discussioni su cosa avrei distrutto e lanciato, cosa no e come. Non ho mai recitato in una scena in slow motion prima. È sorprendentemente molto tecnica, perché rivela ogni cosa, quindi sincronizzarmi con la telecamera e il focus puller non è stato semplice, soprattutto perché doveva essere una scena grezza. È stato importante che il lancio della lampada, lo schianto del microonde e del televisore ecc., fosse tutto connesso con ciò che stava accadendo a Petty: il suo catastrofico fallimento.
Hanno urlato ‘cut’ nel momento in cui il frigo stava uscendo dalla finestra, non riuscivo più a smettere di ridere. Non riuscivo. Anche perché era l’ultima notte, ero emozionalmente più connesso con la fine di qualcosa nella mia vita reale, il che ha provveduto una specie di antidoto a tutta la forte adrenalina che provavo in quest’altra falsa vita.
Non riuscivo più a smettere di ridere.
Non riuscivo.
_________________________
Parlando di Ozark, quale è stata la cosa che più ti ha più attratto della serie? E ci puoi dire qualcosa, anche una piccola, sul tuo personaggio nella seconda stagione?
_________________________
JB (Jason Bateman). 100%. Ero emozionato solo al pensiero di lavorare con lui ancora una volta e poi, ovviamente, con Laura Linney. E soprattutto una serie tv con loro due. Poi, questo complicato, sfumato mondo che è stato creato, dove ognuno ha la sua dimensione, anche iI personaggio più oscuro, è stato un’incredibile incentivo a farne parte. Nel mio caso, Petty è un uomo che non riesce a liberarsi dai suoi fantasmi e guidato da un senso di colpa così profondo, ma allo stesso tempo non prova vergogna. È dell’FBI, ha una visione limitata della vita, con i paraocchi, ed una “smisurata ambizione”, direbbe Shakespeare. Ed è gay. Non si era mai visto un personaggio così in televisione. Non posso rivelare nulla sulla seconda stagione, alla quale ho cominciato a lavorare a dicembre, ma…come visto nell’ultima puntata, ha gettato un frigo fuori dalla finestra e poi si è seduto e ha legato un’esca, e Russ, l’uomo che amava, è morto… quindi di sicuro l’agente Petty sarà ancora meno frenato in questa stagione.
_________________________
Ozark non è stata la prima volta in cui hai lavorato con Jason Bateman. Come è stato lavorare con lui di nuovo?
_________________________
Assolutamente meraviglioso. È il migliore. Fine. Punto. Fini. E buona notte.
Jason è un regista incredibile ed ancor più, un incredibile essere umano. Mi fido di lui immensamente, mi fa piacere avere la sua opinione. Nessuno mi fa ridere come fa lui, o riesce ad essere onesto, schietto narratore come lui. Conosce la camera così bene. E sa tutto ciò che deve essere fatto per produrre un film, così bene. E, valuta sempre la qualità del processo del fare le cose – con quella crew, quegli attori e per quello studio – nel fare tutto in modo giusto, che ci sia l’eguaglianza. E questo per lui è più importante del risultato finale in sé. Sono incredibilmente fortunato di poter guardare e ridere e creare con una persona come lui. Voglio condividere tutte le mie idee per nuovi progetti con lui e trovare nuovi modi per collaborare. Non succede mai una cosa del genere.
_________________________
In un’intervista hai detto che ami scrivere e che stai scrivendo dei progetti tuoi. C’è un progetto in particolare che potremmo vedere presto?
_________________________
Nulla uscirà presto. Faccina triste. Ma ho una versione ancora grezza di un’opera di teatro che voglio condividere con un caro amico. E ho davvero fin troppi appunti e note sul mio iPhone con titoli e plot di serie tv e film. Adesso come adesso sono solo interessato a raccontare storie che possano essenzialmente mostrare umanità ed empatia al mondo.
In qualsiasi modo lo facciamo, in qualsiasi modo ci possiamo arrivare, non mi interessa, affinché non ci dimentichiamo di provare sempre di far parte di qualcosa che possa riempire quella mancanza di compassione e gentilezza che temo si stia deteriorando ora dopo ora.
“Hai ricevuto un messaggio? Cosa ha twittato questa volta quello stupido?”
_________________________
Un personaggio che ti piacerebbe interpretare?
_________________________
Oltre a quelli che non sono ancora stati scritti?! Sul grande schermo, mi piacerebbe moltissimo riuscire ad interpretare qualcuno che sia molto simile a chi sono io nella vita reale, idealmente in un mondo creato da Greta Gerwig, Donald Glover, Nicole Holofcener, Mike White o Adam McKay – qualcosa che sia profondamente umano con un certo humor e autenticità e basato sulla sfida di esistere di ogni giorno.
In teatro, ce ne sono molti – anche quelli non scritti da Annie Baker, Adam Bock, o Mike Bartlett. Ho visto recentemente uno screening del quarto documentario di Rebecca Miller su suo padre, il che mi ha fatto pensare molto ad Arthur Miller. Recentemente mi sono ritrovato in una Broadway che ha anche scosso un po’ la mia anima. Sono molto interessato a far parte di “Enemy of the People” di Stockmann e Macbeth, potrebbe essere davvero interessante.
_________________________
Con quali attori o registi ti piacerebbe lavorare?
_________________________
Questa lista è lunga.
Voglio dire, siamo arrivati ai mesi dei film degli Oscar quindi sono pieno di nomi di persone con le quali vorrei collaborare. Per quanto riguarda gli attori – oof – la lista è lunga: da Judi Dench, Donald Glover a Tiffany Haddish, facendo l’occhiolino a Michael Caine. Mi piacerebbe recitare con alcuni dei miei più cari amici e vedere come interagiamo in un film, quindi sto pensando a progetti per loro in cui anche io possa avere una parte. Quest’anno, sono semplicemente emozionato di poter recitare con alcuni membri del cast con cui non avevo avuto l’opportunità di collaborare nella prima stagione di Ozark. Se ti dico chi, o perché, sarò molto probabilmente ucciso da Darlene Snell.
_________________________
Qual è il tuo posto felice a New York?
_________________________
New York è il mio posto felice. Ho vissuto lì per 23 anni prima di spostarmi anche ad LA e diventare uno che vive tra una costa e l’altra. 12 viaggi solo quest’anno! I miei amici ti diranno che il mio luogo felice a New York è a teatro. O quando sono fuori a cena con un gruppo di persone. Ma il teatro è il mio posto più felice in assoluto – non importa quanto sia grande o dove si trovi. Cambio soprattutto molti teatri Off-Broadway. Poi adoro un buon hamburger da Joe Allen o un’insalata a La Scala prima di andare in scena per poi finire con un bourbon al Bar Centrale o alla Glasshouse Tavern. Mi ricarico con l’arte e camminando per le strade di New York, quindi passeggio nel Village e finisco al Whitney. I miei bar segreti e ristoranti tranquilli….beh, devono restare un segreto, no? Apprezzo molto un ristorante tranquillo e non chiassoso a New York, di quei ristoranti che ormai sono estinti.. quindi mi tengo vicino a quelli.
_________________________
Qual è l’ultima serie tv che hai bingewatchato?
_________________________
Ho finalmente guardato Narcos. Pedro Pascal è un mio caro amico e stava davvero diventando un problema il fatto che io non lo avessi ancora visto mentre lui aveva già guardato tutto Ozark! È bravissimo, ma questo lo sapevo già. Sono abbastanza fan delle serie tv inglesi: non riesco a fare a meno di “Fleabag” (ne sono ossesionato!), o “The Crown” (Claire Foy è incredibile), o “Catastrophe”, o, “Pulling” (anche questo di Sharon Horgan). Pulling mi ha fatto piangere dal ridere – Tanya Franks mentre legge il suo test di gravidanza è una delle cose che preferisco.
Ci sono così tanti contenuti che mi piacerebbe vedere. Sento che, se non li guardo preso dalla foga del momento in cui tutti impazziscono per quello show in particolare, poi diventano come delle bollette, impilate nella mia scrivania e nella mia lista delle cose da fare: mai aperte, mai pagate, che ti guardano, giudicandoti.
Sì, “Il Trono di Spade”, ti ho visto guardarmi male.
_________________________
In quale progetto ti sei più sentito libero nel recitare?
_________________________
Mi sono sentito incredibilmente libero in “Changeling“, soprattutto per il modo in cui lavora Clint Eastwood, ma anche per la mia completa ingenuità nel periodo in cui l’ho girato. Clint si fida molto del suo cast e del suo team, li lascia fare il loro lavoro, e così mi buttavo in ogni take, dato che ne potevamo fare due o tre alla volta. Era anche la prima volta in cui interpretavo qualcuno di così imprevedibile quindi è stato molto divertente. Ho recitato anche in un piccolo film indipendente che si chiama “The Green“, scritto e prodotto da Paul Marcarelli, che racconta la storia di un’insegnante di scuola superiore che viene accusato ingiustamente di relazione inappropriata con uno studente, ho adorato ogni minuto del lavorare in quel film. Tendo a Iavorare e a divertirmi speso in progetti indipendenti, perché mi sento anche più in controllo di ciò che io posso dare a quel progetto.
Detto questo, Ozark è stata una delle più belle esperienze che io abbia mai avuto in un set.
Il merito va a Bateman e al team ad Atlanta.
_________________________
Qual è il tuo obbiettivo principale come attore?
_________________________
Il mio scopo principale come attore è sempre stato quello di raccontare una storia con il maggior numero possibile di verità e dettagli, nella speranza che qualcuno si commuovesse abbastanza da pensare alla propria esperienza e relazionarsi con la storia. Recentemente, recitare è anche un modo per incoraggiare la compassione e l’umanità nel mondo, mentre si intrattiene il pubblico. Suona serio, lo so, ma succede di più nella commedia che nel dramma. Ho sempre cercato di mostrare quante più dimensioni (alias incongruenze) in un personaggio il più possibile, e spero di raccontare una storia con la maggiore sorpresa e intrigo possibili.
È puntinismo. Dipingo questo colore vibrante, poi quest’altro colore vibrante. E, facendo un passo indietro, vedi come siano tutti connessi. Entrambi sono veri, entrambi sono vitali e il processo di entrambe le cose contemporaneamente è umanizzante per il creatore e lo spettatore.