17 anni fa, la notte del 15 Gennaio 2000. Jim Carrey vince un Golden Globe come miglior protagonista in una commedia, “Man on the Moon”. Chi avrebbe mai detto che, sotto quella vittoria, ci fosse un’interpretazione così profonda da essere, al contempo, disturbante e commuovente. Con il ruolo di Andy Kaufman, Jim Carrey non sono è stato in grado di interpretare uno dei ruoli più profondi e più reali della sua carriera, ma è diventato quel personaggio. Nell’interpretare la storia della vita di Andy, Jim lo è diventato in tutte le sue sfaccettature.
Dalla follia, la sofferenza, alla malattia.
Andy soffriva a causa della relazione con il padre, quindi Jim divenne un ragazzo che, a sua volta, aveva difficoltà a rapportarsi col padre. Andy non era compreso dal pubblico, quindi Jim sentì quell’incomprensione. Andy stava morendo di cancro, Jim si rasò la testa e non fu in grado di camminare se non su una sedia a rotelle.
E, come Andy, Jim iniziò a condividere il suo corpo con la personalità di Tony Cliffton (una personalità aggressiva e non molto piacevole che Andy aveva interpretato, a volte, nella sua carriera).
A Venezia, qualcuno ha chiesto a Jim: “Tony è con te qui a Venezia?”
“Oh no, non è più parte della mia vita a questo punto. Le nostre strade si sono separate”.
Il documentario “Jim & Andy: the Great Beyond. The Story of Jim Carrey, Andy Kaufman and Tony Clifton” è stato generato da un EPK, ovvero contenuti inediti del backstage. Di solito il set viene ripreso in materiale backstage per qualche giorno, ma ciò che successe in quell’occasione fu del tutto naturale e spontaneo. È la documentazione di qualcosa di molto speciale. Sembra quasi che il “dietro le quinte” sia la parte più importante del film.
Ma perché è stato lasciato intoccato per così tanto tempo?
Il Produttore Danny Gabai ha detto: “Non ho dovuto convincere Jim a rilasciare i filmati, perché è stato lui il primo a volere che fossero mostrati al mondo. Molte persone hanno creduto che il vero film fosse dietro le quinte. Ma la Universal aveva una storia da proteggere e non volevano che le persone potessero parlare male di Jim.”
Il regista Chris Smith ha poi aggiunto: “Eravamo interessati alla storia di Andy, ma anche affascinati da Jim. Abbiamo sempre lasciato che le conversazioni seguissero un corso naturale. Abbiamo visto che il film poteva essere realizzato solo quando ascoltavamo la storia di Jim riguardo la sua personale carriera e vita. Ciò si è sviluppato in una meditazione sull’identità e sul successo.”
Jim è un attore comico unico, ma ha dimostrato anche di essere una persona unica. Allo stesso tempo, nasconde un lato misterioso: “Sentivo come se la mia personalità fosse qualcosa di importante. Era tutto, pensavo che fosse tutto per me. Specialmente all’inizio. Con Andy ho realizzato che, quando interpreti un personaggio del genere, perdi la tua personalità. Sono arrivato a realizzare che esiste un personaggio che interpreta me, e credo che questa sia una verità che tutti dovrebbero capire: ci copriamo di strati ed idee, siamo solo idee e la nostra personalità è l’insieme di queste. E mi sono reso conto di ciò che sono: nulla. Ed è una fottuta liberazione.”
Riguardo il nuovo modo di fare film comici, Jim ha sottolineato come ogni generazione ha i suoi eroi: “Tutto ciò che so è che quando sono entrato nell’industria, volevo distruggere Hollywood. Mi facevo beffe del potente, dei grandi uomini con le grandi risposte, di quelli che si atteggiavano alla ‘Clint Eastwood’. Non bisogna per forza avere successo, bisogna solo trovare un luogo onesto per noi stessi.
Qui a Venezia, nella città delle maschere, vengo a dire che la maggior parte di noi ne indossa una: quando qualcuno è autentico, è molto difficile per coloro che indossano maschere, perché improvvisamente appaiono per quello che sono”.