Firmata dall’enfant prodige, che ormai così “enfant” non lo è più, una storia toccante e spaventosamente plausibile della realizzazione di un sogno d’infanzia che deve fare i conti con il lato oscuro di Hollywood. Xavier Dolan è tornato, più forte che mai, con il suo debutto in lingua inglese e il supporto di un cast stellare.
Titolo
“La mia vita con John F. Donovan.”
Dietro e Davanti alla Cinepresa
Da sempre e per sempre tuttofare indiscusso, il trentenne di origine quebecchese Xavier Dolan dirige, scrive, produce, e sceglie i costumi anche in questo suo settimo lungometraggio, come ha fatto in tutti gli altri suoi film. Questa volta, però, si tratta del suo primo esperimento in inglese, lingua che parla fluentemente, ma con cui non è a suo agio come lo è col francese. È stata una bella sfida per lui, quasi quanto contenere l’emozione di lavorare con star di Hollywood pluripremiate del calibro di Kit Harington (John F. Donovan), Natalie Portman (Sam Turner), Susan Sarandon (Grace Donovan), Kathy Bates (manager Barbara Haggermaker) e l’eroe di Xavier (la cui faccia con la barba del professor Silente è tatuata sul suo avambraccio sinistro) Michael Gambon (uomo nel ristorante). Per non parlare della difficoltà del dirigere un bambino, che è un lavoro molto delicato, a prescindere da quanto talentuoso il piccolo attore sia, come nel caso di Jacob Tremblay (Rupert Turner da bambino), protagonista al fianco di Harington.
Il settimo lungometraggio
Chi scrive
La brillante sceneggiatura è il risultato di cinque anni di collaborazione tra lo stesso Dolan e un suo caro amico regista, attore e sceneggiatore di Montreal, Jacob Tierney (“Letterkenny”, “Twist”, “The Trotzky”). I due hanno cominciato a incontrarsi regolarmente a casa di Xavier nel 2013, mentre Dolan stava girando il suo quarto film “Tom à la ferme”. Xavier si è ispirato, per la trama del film, al libro “Lettere a un giovane poeta” di Rainer Maria Rilke e ne ha colorato idee e sentimenti con ricordi ed esperienze personali, come la lettera che scrisse all’età di 8 anni al suo idolo Leonardo DiCaprio e la sua personale concezione del mondo dello spettacolo. Tierney gli ha dato una mano con l’inglese, si è assicurato che Xavier scrivesse dialoghi e indicazioni per gli attori linguisticamente corretti, oltre a scrivere delle parti di sceneggiatura lui stesso. Senza dubbio un ottimo lavoro di squadra!
Cosa c’è da sapere (NO SPOILER)
È il 2016 e il ventunenne Rupert Turner (Ben Schnetzer) sta concedendo un’intervista a Audrey (Thandie Newton), una scettica giornalista con l’incarico di scrivere un articolo sulla nuova pubblicazione di Turner, una raccolta di lettere per e di John F. Donovan, superstar di Hollywood morta di overdose dieci anni prima. Tra aneddoti e battibecchi pungenti, viaggiamo indietro nel tempo, indietro di dieci anni, quando tutto ebbe inizio, quando iniziò la fine.
Ora è il 2006 e Rupert Turner (Jacob Tremblay), attore di 9 anni, ha un sogno: incontrare e recitare in un film con il suo idolo John F. Donovan, superstar internazionale, famoso per aver recitato in una serie tv di grande successo, un uomo di fama mondiale, ricco, con una moglie bellissima. Un uomo felice, all’apparenza.
Come sarebbe andata se John non avesse mai risposto alla lettera che Rupert e sua madre (Natalie Portman) gli avevano spedito? La sua vita sarebbe stata diversa se la corrispondenza con il bambino fosse rimasta un segreto? Avrebbe mai affrontato sé stesso, i suoi problemi familiari, la sua identità sessuale, se non si fosse mai confidato con Rupert?
Di Cosa Avrete Bisogno
Non è richiesta nessuna competenza o conoscenza specifica preliminare: basta sedersi e abbandonarsi alla storia e alle immagini, e munirsi di un orecchio attento alla valenza narrativa delle canzoni in sottofondo, che spaziano dal soul pop di Adele al punk rock dei blink-182. Magari è bene anche procurarsi un pacchetto di fazzoletti, giusto per un paio di scene parecchio emozionanti.
Cosa Dicono
Jacob Tierney (co-sceneggiatore): “Xavier riesce a farti provare delle cose che altrimenti potresti solo immaginare di provare. Uno dei doni di questo film è il fatto che riesca a farti sentire, e non solo pensare. I suoi film sono simili all’opera. Sono dei melodrammi, sono dei drammi con la musica, cioè dei drammi pieni di sentimenti, e questa è una cosa che adoro”.
Xavier Dolan (regista, sceneggiatore, montatore): “Spero che questo film emozioni gli spettatori, non voglio dire che sia il mio unico desiderio, aspiro a molto di più per il pubblico. Ma dico sul serio, anche se si divertissero e si emozionassero solamente, sarei già soddisfatto. Spero che la gente si diverta vedendolo, ma spero anche che capisca il suo messaggio e che ci rifletta su quando torna a casa. Mi auguro che gli spettatori portino a casa con loro un pezzo di questa storia”.
Kit Harington (John F. Donovan): “Mi sono emozionato molto quando ho saputo che Dolan era interessato a lavorare con me. Mi faceva piacere perché amo i suoi film, inoltre trovavo questa sceneggiatura estremamente originale. Non era riconducibile a nessun genere in particolare. Era bizzarra, emozionante, comica e al contempo tragica. Mi dispiace solo di non aver avuto nessuna scena con Natalie [Portman], da piccolo avevo una cotta per lei”.
Thandie Newton (Audrey Newhouse): “Tutto ruota attorno alle parole e alle emozioni, non alle esplosioni o agli effetti speciali, ma al potere delle parole in una conversazione, che viene sfruttato al massimo e splendidamente da Xavier. I dialoghi obbligano gli spettatori non solo a sentirli, ma ad ASCOLTARLI”.
“Spero che questo film emozioni gli spettatori, non voglio dire che sia il mio unico desiderio, aspiro a molto di più per il pubblico”.
Un’ultima cosa…
Dimenticate la triste storia della lunga e travagliata postproduzione di questa pellicola. Ricordate che Xavier Dolan è un inguaribile perfezionista. È un regista così attivo che in questo film si è occupato anche di inquadrature, colori delle luci e costruzione e decorazione dei set, dai motivi della carta da parati ai più piccoli oggetti di scena.
Come risultato, un ritorno in grande stile per il regista canadese, questa volta sul grande schermo con un inedito miscuglio di tutte le tematiche che lo hanno reso famoso in quest’ultimo decennio: il rapporto madre-figlio, l’omosessualità, l’infanzia, amalgamati in una cornice nuova e accattivante.