Tratto da uno dei bestseller di maggior successo dello scorso anno, “La ragazza del treno” è uscito nelle sale italiane il 3 novembre 2016, diretto da Tate Taylor (The Help) e con la sceneggiatura di Erina Cressida Wilson, e conta un cast eccezionale, a cominciare da Emily Blunt nei panni della protagonista Rachel, una donna alcolizzata che non riesce a superare il divorzio dall’ex marito Tom (interpretato da Justin Theroux) avvenuto quasi due anni prima.
Ogni giorno prende il treno che la porta a Manhattan (dove la coinquilina crede che abbia ancora un lavoro), dal quale scruta fuori dal finestrino: in particolare, si sofferma a immaginare la vita di una coppia (Megan e Scott Hiwell, interpretati rispettivamente da Haley Bennett e Luke Evans) che per lei rappresenta l’incarnazione dell’amore. Un crudele scherzo del destino, visto che poche case più avanti si trova la sua vecchia casa dove ora vive Tom con la nuova compagna Anna (Rebecca Ferguson) e la loro figlia.
Sarà proprio questa attenzione morbosa a portarla a doversi confrontare con se stessa: una mattina nota infatti Megan abbracciata ad un uomo che non è Scott; rimane a tal punto sconvolta da questa visione che finisce per ubriacarsi più pesantemente del solito e prende la decisione di tornare nel suo vecchio quartiere per dire a Megan quanto si pentirà della sua scelta.
E questa è l’ultima cosa che ricorda…
Quando poi scopre che Megan è scomparsa proprio quella sera, Rachel si trova costretta a dover colmare il vuoto che ha nella sua mente.
E non è mai una lotta facile quella che intraprendiamo contro noi stessi: tra indizi sfuggevoli, ipotesi incerte e potendo contare soltanto sulle proprie forze, Rachel dovrà mettere in dubbio tutto ciò che conosce, anche le sue poche e deboli certezze, per affrontare finalmente la realtà e realizzare che non tutto è come sembra…
Il film ci porta un grande insegnamento, ossia quello di contare su noi stessi e sulle nostre convinzioni, anche se tutto il mondo ci è contro, e di non lasciarci mai manipolare dagli altri.
La resa della storia è ben riuscita nel complesso, e il film scorre con un ritmo incalzante (anche se non sempre spedito, vista la scelta di mantenere la narrazione dai 3 punti di vista delle donne come nel libro) fino al finale che ci lascia stupiti e forse anche scioccati, sicuramente un po’ più dubbiosi su quanto possano divergere le idee che ci facciamo su qualcuno e quel che effettivamente è.
Il cast è stato scelto accuratamente, soprattutto per le protagoniste femminili, a cominciare da Emily Blunt, della quale il regista ammette che è stato difficile renderla “brutta”: “Rachel non ha soldi per tingersi i capelli, che quindi erano di un marrone spento. E gli abiti che indossa sono indietro di sei stagioni rispetto a quelli ora di moda”.
Il risultato tuttavia è assolutamente realistico e anche doloroso a vedersi.
L’attrice stessa rivela la difficoltà nell’interpretare una donna quasi sempre ubriaca: “Rachel è una persona talmente tossica, emotivamente e fisicamente, che non vuoi respirare troppo a lungo la sua stessa aria. (…) Per fortuna avere una bambina che mi aspettava a casa mi impediva di stare nel personaggio tutto il tempo, sarebbe stato veramente troppo”. Basta perfezione o modelli di bellezza dunque, ma un “semplice” ritratto di una donna devastata dal passato dalla quale non riesce (o non vuole?) separarsi.
Nel primo weekend d’uscita negli Usa ha incassato 24,7 milioni di dollari e anche in Italia si è piazzato al primo posto nella classica dei più visti, confermandosi come uno psicodramma interessante, nonostante forse manchi la suspance che solo leggendo il romanzo siamo spinti a immaginare e vivere.
A dir poco scenografica la premiere mondiale che si è svolta a Londra, dove è stato ricostruito a Leicester Square un binario sul quale il cast si è fatto immortalare, a rappresentazione forse della vita che prosegue nonostante tutto, durante la quale non dobbiamo mai smettere di essere speranzosi e fiduciosi di ciò che le nostre possibilità e il futuro possono riservarci se siamo abbastanza coraggiosi da crederci fino in fondo.