Abbiamo avuto l’onore di incontrare Susanne Bier alla Mostra del Cinema di Venezia, dove era presente in qualità di presidente della giuria della sezione Virtual Reality.
Quando le abbiamo chiesto dei cambiamenti che l’innovazione potrebbe portare all’industria, Susanne ha precisato che siamo ancora distanti dalla possibilità di un lungometraggio in VR, dal momento che le risorse da investire sarebbero enormi, tuttavia rimane un elemento che porta qualcosa di nuovo al Festival.
Oltre al suo ruolo a Venezia, non potevamo non parlare del fatto che fosse la prima regista donna a vincere un Premio Oscar, un Golden Globe e un Emmy per Miglior Regia. Susanne non ci va per il sottile quando le viene chiesto quale consiglio darebbe alle giovani registe, invitandole a “non farsi indebolire” e, se hanno una voce, di farla sentire.
Riguardo il suo lavoro, a volte per lei il punto focale non è il genere o la storia in sè, ma quando la narrativa è intrigante, quanto i protagonisti sono capaci di catturare la sua completa attenzione. Venite con noi a conoscere questa regista dall’animo forte e scoprite di più sul suo ultimo progetto: “Bird Box”.
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Cosa si prova ad essere nella Giuria della Mostra di Venezia?
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È un grande onore, ed è anche divertente. È molto interessante. Sai, sono il Presidente della Venice VR e non so bene come sia arrivata qui non sapendo molto a proposito del VR, perché è un medium così nuovo, ma è incredibilmente interessante. È molto stimolante. In un certo senso si ha la possibilità di vedere cose che si svilupperanno in futuro e vedi dei tentativi che, nel giro di un paio d’anni, diventeranno qualcosa di ben più sviluppato.
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Cosa significa per te Virtual Reality? Cosa pensi che possa voler dire per l’industria cinematografica?
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In realtà non ho una risposta chiara, penso che sia complicato. Perché per un lungometraggio, questa è la parola chiave, si ha bisogno di parecchie risorse. Non riesco ad immaginare uno grande spazio con sedie che si possono girare nello spazio VR, occhiali e che chiunque possa vedere, ma penso sia possibile avere tanto una narrativa all’avanguardia quando l’esperienza da spettatore di poter vedere tutto in dettaglio, e di provare ognuno una propria esperienza unica. Quindi penso che abbia un probabile futuro, penso solo che avrà bisogno di tante risorse. E penso che per i bambini sia scontato… So che nel mondo dei videogiochi il VR è già molto sviluppato, ma anche per i bambini in termini di film in VR, penso possa avere un gran futuro.
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Sei la prima regista donna a vincere un Golden Globe, un Oscar e un Emmy. Possiamo dire quindi che sei assolutamente un’ispirazione per molte giovani registe. Cosa vorresti dire alle registe che stanno iniziando ora?
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Mai, mai farsi indebolire dall’incontro col mondo dominato dagli uomini. Non fatevi sminuire. Non permettete mai agli uomini di pensare che voi non abbiate un punto di vista, che non abbiate la capacità di farvi strada, che non abbiate forza di volontà. Che non possiate fare qualsiasi cosa abbiate deciso di fare solo perché parlate in modo diverso, solo perché non usate il tipico linguaggio da uomini, solo perché vi relazionate con la gente in maniera differente da come fanno loro. È un mondo di uomini. E, in quanto registe donne, avete bisogno di fiducia in voi stesse, anche se avete un linguaggio differente, un diverso stile di vita, un modo diverso di affrontare le cose.
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Cosa intendi per “linguaggio differente”?
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Eh sì, è un linguaggio diverso. Ed è difficile per una giovane donna. Mi sento come se le giovani donne sentissero di dover acquisire il linguaggio maschile. Penso che molte ragazze sentano l’obbligo di essere come gli uomini per poter sopravvivere, e non lo fanno. Non dovete essere come gli uomini. Dovete fidarvi di voi stesse per qualsiasi cosa, e che qualsiasi vostro punto di vista artistico è altrettanto prezioso anche se è diverso dal solito.
“Mai, mai farsi indebolire dall’incontro col mondo dominato dagli uomini”.
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Stavamo parlando proprio ieri con Mark Cousins, che ha portato a Venezia un documentario sulle donne: “Women Make Film: A New Road Movie Through Cinema”. Racconta la storia del fare cinema, dall’inizio fino ai giorni nostri, visto solo attraverso il lavoro di registe. Pensi che ora ci sia una sorta di emancipazione o di cambiamento nell’industria cinematografica?
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Penso che stiamo facendo dei piccoli passi. È un inizio. Penso che la strada sia ancora lunga e senza dubbio il movimento “Me Too” ha spinto il tutto e ha in qualche modo fatto aprire gli occhi su un problema davvero molto radicato e complicato. Ma penso che la strada sia ancora lunga. E penso che ci siano tante giovani donne che pensano ancora di dover scegliere tra la famiglia e la carriera, ad un certo punto. Io ho due figli ormai grandi, e sono già nonna, quindi è decisamente possibile, ma hai bisogno di fidarti di te stessa.
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Nei tuoi film hai creato soprattutto drammi familiari. C’è un argomento che ti è più caro?
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Mi piacciono diverse cose. Mi piacciono le belle storie. In realtà non penso che sia il tema della storia a guidarmi: penso che sia la qualità della narrativa, quanto io rimanga intrigata dal protagonista o dall’antagonista, da quanto sono entusiasta di un evento sorprendente presente nella storia: sono queste cose a guidarmi. E anche, se mi fa provare qualcosa di moralmente elevato allora è una storia che voglio raccontare. Dipende più da quanto sia d’accordo a livello morale, più che se sia una storia familiare o politica.
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Tutti parlano dei tuoi lavori, ma come descriveresti, con parole tue, due dei tuoi progetti: “In un mondo migliore” e “The Night Manager?”
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Sono entrambi dei thriller in un certo senso, o comunque hanno entrambi degli aspetti da thriller: nella maggior parte dei miei film si trovano elementi gialli, che sia un thriller vero e proprio o che sia classificabile come una specie di sottogenere. Penso che siano molto diversi. In tutto quello che faccio so di voler anche mettere, sia in me stessa che e in tutti i miei personaggi, molta intensità. Sono una persona molto intensa e penso ritengo tutto quello che faccio che funzioni davvero abbia una forte intensità. E credo che sia un po’ strano, c’è qualcosa di ricorrente in tutti i ruoli emozionali. Trovo che sia questa la cosa in comune.
“Penso che tutto quello che faccio che funzioni davvero abbia una forte intensità”.
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In un’intervista hai detto che il momento in cui ti senti più a tuo agio con te stessa è quando stai facendo il tuo lavoro e girando un film. C’è stato un film in particolare che ti ha fatto sentire in pace con te stessa, dicendo “sono esattamente dove vorrei essere”?
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È esattamente dove vorrei essere, ma probabilmente vale per tutti i miei film. Non è sempre così, ma ci sono dei momenti: durante la giornata c’è un momento in cui dici “sì sono esattamente dove voglio e dove ho bisogno di essere”. E penso di esserlo. Penso di avere un forte stimolo creativo. Lo posso vedere anche nel montaggio, mi può capitare di dire “wow, questo è davvero interessante”. Probabilmente la situazione in cui mi sento meno a mio agio è proprio questa: è molto bello parlare con voi, ma sono molto riservata, e non mi riesce molto facile parlare di me. Ma sto imparando, lo faccio ormai da molti molti anni.
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Stai anche girando “Bird Box”. Cosa ci puoi svelare a tal proposito?
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È un thriller. Ha come protagonista Sandra Bullock, ed è una specie di thriller post-apocalittico in cui la protagonista porta due bambini al fiume, deve salvarli e il pericolo là fuori è qualcosa che non si può vedere. Se lo guardi, è fatale. Quindi si benda gli occhi, anche i bambini sono bendati, e lei esplora questo ambiente ostile senza poter usare la vista.
È con Sarah Paulson, John Malkovich e Trevante Rhodes: è davvero un gran cast. È bello, pauroso, ed è divertente e anche toccante.
BIRD BOX
UN NUOVO THRILLER
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Sei anche la sceneggiatrice di “Dopo il Matrimonio”, cosa ci puoi dire dell’idea?
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In realtà, era Anders Thomas Jensen l’autore. Abbiamo ideato la storia insieme, ma a scriverla è stato Anders Thomas. Anche con “In Un Mondo Migliore”: in tutti i film che abbiamo fatto insieme abbiamo lavorato su sceneggiature originali. In questi casi abbiamo delle idee, ne parliamo e, nel corso del tempo, si trasformano in qualcosa di diverso. Poi scriviamo, oppure Anders Thomas scrive una prima bozza con qualche buono spunto, ma da lì al film effettivo le cose cambiano molto rispetto a quando abbiamo iniziato, anche se l’essenza rimane la stessa.
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Una curiosità: c’è un libro che ti piacerebbe adattare per il grande schermo?
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Sapete, sono sempre stata una grande fan di John le Carré, e mi piacerebbe molto adattare un suo romanzo. Mi piacciono i thriller di spionaggio.
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Hai un film preferito in assoluto?
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Per qualche ragione, in un certo senso, potrei dire che “Il Cacciatore” è il mio film preferito. Potrei dirvi i miei dieci film preferiti: per me sarebbe più semplice perchè li cambio sempre un po’ e non ho sempre gli stessi preferiti, ma “Il Cacciatore” sembra essere il film che ritorna costantemente. Aggiungerò anche “A Qualcuno Piace Caldo”, giusto per confondervi un po’.
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E c’è un film italiano che ti piace particolarmente?
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“La Dolce Vita.”
In realtà credo di non conoscere molti film italiani. Forse “Ladri di Biciclette”. Insomma, in un certo senso credo che “La Dolce Vita” sia uno di quei film che mi piacciono, che potrei vedere ancora e ancora e non mi annoierebbe.
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Il momento del giorno che preferisci per girare?
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Credo che, come per ogni altro regista, i momenti migliori siano al sorgere del sole e appena prima che diventi buio. Quando tutto è blu, è sicuramente un momento magico. È davvero meraviglioso.
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Se potessi andare a cena con due persone, del passato o del presente, chi sceglieresti?
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Buster Keaton e Charlie Chaplin. Loro due, sicuramente.
“In tutti i film che abbiamo fatto insieme abbiamo lavorato su sceneggiature originali”.
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Cosa vorresti vedere “In un mondo Migliore” per il Cinema?
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Mi piacerebbe vedere una versione contemporanea della trilogia de “Il Padrino”, o qualcosa di simile. Vorrei vedere otto ore di un grande classico del cinema trasportato ai giorni nostri.
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C’è qualcosa che hai visto in questo festival riguardo il VR che ti ha colpita particolarmente?
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Posso dire che l’esperienza sensoriale portata dal VR è qualcosa che mi ha scossa profondamente. Il fatto, ad esempio, che ti possa trasportare in un luogo. Io ad esempio ho paura dell’acqua, eppure c’era molta acqua nei progetti presentati in concorso…e la sensazione di essere sott’acqua, mentre in realtà non lo sei, è qualcosa di fantastico ma anche sconvolgente.
Photos by Johnny Carrano.