Dopo ben nove anni da Fantastic Mr. Fox, Wes Anderson torna allo stop-motion con L’Isola dei Cani, un film straordinario sotto tutti i punti di vista, che sarà in sala dal 1° maggio.
Titolo
L’Isola dei Cani
Dietro e Davanti alla Cinepresa
Wes Anderson ormai è famoso per la sua maniacale attenzione ai dettagli, per le sue inquadrature geometricamente perfette, le trame semplici che nascondono messaggi molto più complessi e per i suoi cast sempre eccelsi.
Ne L’Isola dei Cani troviamo un cast vocale così stellare da sembrare il video di “We Are the World” (cito Bill Murray, ma avendolo pensato anch’io per un attimo mi permetto di essere orgoglioso della mia testa): Bryan Cranston, Edward Norton, Bill Murray, Jeff Goldblum, Ken Watanabe, Greta Gerwig, Frances McDormand, Harvey Keitel, Liev Schreiber, Bob Balaban, Scarlett Johansson, Tilda Swinton, F. Murray Abraham, e addirittura Yoko Ono.
Chi scrive
Per la prima volta Wes Anderson scrive tutto da sé, facendosi aiutare solo per raccogliere le idee e creare la trama dal fedele Jason Schwartzman, dal produttore Roman Coppola e dall’attore Kunichi Nomura, che infatti risultano come creatori della storia insieme al regista.
Anderson affronta il grande genere del futuro distopico citando i grandi maestri sin dai primi minuti ma rendendo il tutto magnificamente proprio, dai dialoghi ben costruiti, posati e sempre sagaci, alle ambientazioni tanto minimal quanto complicate in modo assurdo, all’intrecciarsi del sottotesto che rende il tutto così maturo e d’autore.
Cosa c’è da sapere (NO SPOILER)
Il film è ambientato in una città di un Giappone distopico del 2037 con a capo il sindaco Kobayashi che, essendo la sua famiglia in contrasto da secoli coi cani per antichi screzi, approfitta dell’”influenza canina” per bandirli tutti su un’isola di immondizia. Ed è qui che qualche anno dopo conosciamo i nostri eroi, un gruppo di cinque cani stanchi della vita da reietti e desiderosi di tornare alle vecchie vite agiate. Finché non arriva Atari Kobayashi, un ragazzino alla ricerca del proprio cane, che risveglia in loro il senso di lealtà e rivincita.
Le trame dei film di Anderson, soprattutto quando lavora in stop-motion, non sono mai troppo complesse ma nascondono sempre più messaggi, che siano sociali, universali o interni alla pellicola. L’utilizzo di animali gli permette infatti di straniare il tutto dai soliti racconti, ma senza perdere la qualità e la profondità dei suoi film “in carne ed ossa”.
Merito sicuramente anche dello stile del suo stop-motion, sempre molto materiale, che non vela l’artificialità dei protagonisti, ma con un’anima e un’espressività che vanno oltre alle apparenze, facendoci perdere nel suo mondo. Com’era già successo con Fantastic Mr. Fox, sembra di tornare bambini a quando si credeva senza dubbi alle storie della buonanotte, ascoltandole come se fossero storie di vita vissuta, ma vivendo una sintesi fra la sensazione bambinesca e la consapevolezza adulta.
Altra nota di merito tecnica va al geniale utilizzo delle lingue parlate nel film. Con tanto di nota per lo spettatore Wes Anderson spiega scherzosamente il modo in cui parleranno i personaggi: utilizzando l’ambientazione giapponese fa parlare i cani in inglese, mentre gli umani nella lingua autoctona mai tradotta, se non attraverso divertenti e brillanti escamotage, in modo da rendere lo spettatore sempre più vicino alla situazione dei protagonisti del film.
Di cosa avrete bisogno
Dopo averle viste, nessuno potrà riuscire a resistere alle action figure in pieno stile giapponese di tutti i personaggi del film. Sono bellissime!
Cosa dicono
Durante la conferenza stampa al Berlinale 2018, in cui è stato presentato L’Isola dei Cani, Wes Anderson ha spiegato che “l’idea non è nata per essere una specie di tragedia greca, ma volevamo parlare di un cane che vivesse su un’isola di spazzatura. In più erano anni che parlavamo di fare qualcosa in Giappone, o sul Giappone, qualcosa comunque legata alla nostra passione comune per il cinema giapponese, soprattutto per Kurosawa. Questa storia poteva effettivamente essere ambientata ovunque, ma esplicita la nostra versione fantasiosa del Giappone.”
Sul suo ritorno alla stop-motion ha ammesso: “La stop-motion è in assoluto la tecnica che preferisco, amo i modellini e li preferisco alle tecniche moderne digitali. Dipende sicuramente dal mio amore per i vecchi film, dove il plastico era davvero fondamentale. La cosa divertente è che ho usato i modellini proprio perché erano modellini, e quando poi stavo facendo il film mi sono ritrovato a dover quasi convincere la gente che non fossero modellini.”
Un’ultima cosa…
Alle musiche troviamo per la quarta volta Alexandre Desplat, che collabora con Anderson da Fantastic Mr. Fox e con cui è riuscito a vincere il suo primo Oscar per la colonna sonora di Grand Budapest Hotel.
Parlando del lavoro svolto per L’Isola dei Cani (un “Fantastic Mr. Fox sotto acidi” secondo il compositore) ha detto che le musiche sono un incontro fra la musica giapponese e il suono dei sassofoni, e bisogna ammettere che, nella sua semplicità, è la miglior definizione possibile del corredo musicale, che oltre alle musiche originali di Desplat spazia da classici occidentali a sonorità tipicamente orientali.
Voto