Abbiamo conosciuto Ludovico Girardello l’anno scorso, con l’uscita del suo film “Il ragazzo invisibile 2” e rincontrarlo, dopo quasi un anno, mille progetti e una crescita continua, non è stata una sorpresa. Lo sapevamo.
Forse uno degli attori più limpidi, sinceri e senza filtri che ci siano e con cui possiate mai parlare, che dice le cose come le pensa, senza troppi giri di parole e con la mente di chi è davvero giovane, che vuole fare qualcosa e che vorrebbe vedere un vero cambiamento nel mondo del cinema. Un mondo del cinema che segue una sola ed unica parola: libertà.
Come sempre con lui non si può che ridere e divertirsi, ascoltando di pazzi progetti (che non vediamo l’ora di vedere realizzati) e parlando del suo nuovo film “Capri-Revolution” che ha portato alla Mostra del Cinema di Venezia di quest’anno e che uscirà al cinema questo dicembre. Senza dimenticare il progetto che per lui è quello più è vicino alla verità dell’attore: il teatro.
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Ci spieghi un po’ del tuo personaggio nel film?
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Io in generale interpreto “la spalla”, il discepolo del protagonista maschile che è l’uomo barbuto. E niente, in pratica io sono quasi sempre in mezzo tra la ragazza e lui, perché lui parla praticamente solo inglese e lei solo in napoletano, quindi io gli faccio da traduttore. Poi ho dei rapporti con lei, più di amicizia, e con lui che è proprio il mio maestro, sia a livello artistico perché mi insegna a dipingere, sia come filosofia di vita. È tutto molto bello.
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Per il tuo personaggio come ti sei preparato?
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A livello di pittura avevo già un disegno già fatto su cui io ci ripassavo qualcosa sopra. Come preparazione in realtà niente di che, più che altro perché avevo già capito subito il personaggio, è abbastanza semplice da capire, non ha grandi giri mentali suoi su cui si potesse approfondire, è un ragazzo che non ha molte paranoie.
“…in generale interpreto ‘la spalla’…”
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E com’è stato il lavoro con il regista e il resto del cast?
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Mi sono trovato molto bene con la regia, perché Mario [Martone], essendo regista di teatro lavora più o meno come a teatro, quindi un lavoro molto di gruppo, ci sono le idee di tutti nel film, e quindi ciò che mi è piaciuto è stato creare qualcosa tutti insieme, non seguendo le indicazioni solo di uno. Ci siamo divertiti molto di più. È stato un lavoro artistico dall’inizio alla fine, anche solo per decidere le cose più piccole come “io quella lampada me lo vedo di più da quella parte”. A fine giornata dici “ho fatto il mio”, che è meglio di star lì a fare solo quello che ti dicono.
“È stato un lavoro artistico dall’inizio alla fine”.
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Com’è essere ritornati a Venezia?
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Allora diciamo che me lo aspettavo abbastanza con questo film perché facendomi due conti ho detto “secondo me prima lo mandano Venezia poi lo mandano in sala”. E infatti è stato così.
All’inizio avevano l’idea di mandarlo a Berlino o a Cannes però era tutto molto presto o molto tardi, e quindi hanno pensato a Venezia. Però figo essere qua, è gigante. Poi in concorso, a premi, come possono essere gli Oscar o i Golden Globe.
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In competizione e non quest’anno ci sono anche remake.
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I remake mi sono sempre stati un po’ sul c****, vedendo come sono andati i vari remake in generale. Alla fine, basta anche prenderci un libro e fare il film su quel libro, non è difficile. Però uno deve per forza riprendere roba vecchia. Sembra che ogni regista non abbia più idea di che cosa fare e che cosa raccontare, deve sempre riprendere roba già fatta, dei grandi cult come “Ghostbusters”, o anche “A Star is Born”.
“I remake mi sono sempre stati un po’ sul c****”.
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“Capri-Revolution”. Qual è la rivoluzione che ti piacerebbe vedere nel cinema?
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Che ognuno possa raccontare quello che vuole senza avere censure o cose del genere. Ci sono veramente tante censure nel mondo dello spettacolo in generale, e c’è sempre da lamentarsi su questo perché uno dice “ok, mi faccio produrre una storia che mi sono fatto io, qualcosa di nuovo, qualcosa su cui nessuno ci abbia mai fatto un film”, e dovrebbe poterla raccontare come vuole.
Avere un produttore, in sintesi, che ti permetta di fare quello che vuoi, senza che ti dica “no quello no, quello sì, questo no, quello sì”. “Essere liberi” dovrebbe essere la cosa principale essendo un lavoro artistico. Se uno fa un lavoro artistico indirizzato verso una cosa “perbenista”, allora non ne vale neanche la pena per me. Io adesso sto facendo un cartone animato, completamente dal niente. In 5 persone stiamo lavorando a un cartone animato e io non voglio andare da un produttore e dire “Oh io ho quest’idea. Me la fai? Me la produci?”. Non ne ho bisogno, nel senso che al massimo posso farmela distribuire. Però io lo faccio per me, non lo faccio perché voglio farci i soldi con questa cosa.
Siamo in 5 ragazzi, c’è uno che ha studiato al BigRock che fa animazione, poi ci sono 4 ragazzi che mi fanno i disegni, io mi occupo della sceneggiatura e con altri dopo facciamo il doppiaggio. In un gruppo di 20 persone si può fare un cartone animato di 10 puntate.
Quindi è quella la cosa che vorrei vedere negli artisti in generale. O comunque vedere gente che ti produce contenuti belli, che non sia “il solito” su cui si va sul sicuro, con cui non si rischia mai.
“Che ognuno possa raccontare quello che vuole senza avere censure…”
“‘Essere liberi’ dovrebbe essere la cosa principale essendo un lavoro artistico”.
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Un film che ti ha fatto sperare che ci sia ancora questa creativa di cui parli?
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Mah, il cinema indipendente in generale. Perché in quello sta il “racconto come voglio io e basta”, però nella maggior parte dei film “classici”, non dico tutti, la maggior parte è indirizzata verso la sicurezza di farlo andar bene e puntare sul numero e non sulla qualità. Al che dici “va bene ok, ma allora perché lo fai?”.
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E la tua idea di interpretare un personaggio pazzo e cattivo c’è ancora? È ancora il tuo sogno?
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Sì sì, finché non me lo danno io non sono contento.
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Invece a teatro cosa stai facendo ora?
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Dobbiamo fare “Il gatto con gli stivali” per i bambini; adesso abbiamo creato all’interno dell’Accademia un gruppo giovani di sei attori, più o meno tutti della stessa età, io sono il più piccolo, nella quale facciamo tutti spettacoli per bambini ma di testi classici, quindi molto Shakespeare, o andiamo a toccare Goldoni e altri ancora. Per adesso facciamo “La tempesta” e “La commedia degli errori”.
Io personalmente invece recito in “Sogno di una notte di mezza estate”.
Molto spesso quando si parla di spettacoli per bambini si pensa che sia una stronzata, invece è una delle cose più faticose da fare, perché non puoi mai stare fermo in scena. I bambini si distraggono facilmente, devi sempre attirare la loro attenzione, appena li perdi basta, puoi anche tirare il sipario e andare a casa perché non ti ascoltano più.
Poi abbiamo “Il ritratto di Dorian Gray” che quello è uno dei pochi testi moderni che io abbia mai toccato, ho sempre fatto cose “antiche”.
E andremo a riprendere anche altri spettacoli perché ci sarà il “dicembre shakespeariano”, come “Romeo e Giulietta”, “Macbeth”, “La tempesta”, “La dodicesima notte”.
“Romeo e Giulietta”
“Macbeth”
“La Tempesta”
“La dodicesima notte”
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Una tua nuova Epic Fail sul lavoro
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Durante il “Macbeth“. Io e un altro attore facciamo Malcolm e Macduff, quando dalla Scozia si sono nascosti in Inghilterra dopo che Macbeth ha preso il potere, e noi siamo lì che organizziamo con il re d’Inghilterra un esercito per andare a toglierlo dal trono. C’è questa scena in cui io dico a Macduff che sono il figlio del re morto che stato ucciso.
In pratica noi dobbiamo organizzare questo esercito però litighiamo su idee contrastanti. Nel momento in cui lui si siede in mezzo al pubblico, incazzato, io gli dico “io non sono questo, io sono uno sfigato, uno che non ha ambizioni quanto mio padre” e in pratica gli dico “adesso andremo insieme, e che il successo sia pari alla giustizia della causa”, gli do la mano, lui mi prende e lo tiro su, e ci tocchiamo la testa. Allora l’ho preso e *pam*! Ci siamo tirati una testata fortissima. Che poi non puoi dire qualcosa in quel momento in cui hai la gente attorno. Che dolore allucinante!
Durante “La tempesta” anche, seconda data. Avevo un vestito lunghissimo. La scena è con gli spiriti che si sono messi dei vestiti a caso per fare una scena di spettacolo che parla degli dei per i due amanti, Miranda e Ferdinando. Entriamo noi, scazzatissimi perché ovviamente gli spiriti non hanno voglia, e dopo tutto un ballo di questo spettacolo con la fertilità e cose così, Prospero ci manda via, ci caccia, e noi andiamo via correndo.
Io avevo un vestito lungo che mi è andato totalmente sotto il piede e sono finito dentro la quinta. Sono entrato in scivolata dietro la tenda e un’altra attrice mi è salita sulla schiena perché doveva uscire anche lei dalla mia stessa parte.
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Come speri e come credi che il pubblico accoglierà il film?
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Credo piacerà molto a quelli che vanno spesso a teatro, perché è molto teatrale nel suo essere comunque cinematografico, e quindi secondo me chi è abituato a vedere una cosa in quello stile lì, e comunque è anche un film ambientato in un’altra epoca, lo accoglie meglio rispetto a chi è abituato a vedere film come gli “Avengers” o comunque film molto diversi. Poi ovvio magari piacerà comunque, però non dirà “ah, lo metto nella lista dei miei film preferiti”, può essere interessante. Per cui secondo me dipende solo dal punto di vista delle persone, non posso dire che deve piacere per forza oppure no. Ognuno ha un proprio modo di vederlo.
“…dipende solo dal punto di vista delle persone, non posso dire che deve piacere per forza oppure no”.
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Il film che ti fa piangere ogni volta?
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“Up”.
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Il film che non sei riuscito a finire?
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“C’era una volta in America”.
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L’ultima scommessa che hai perso?
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Io vinco sempre (ride).
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Se la tua vita fosse un film, come si intitolerebbe?
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“Il panico”.
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Se potessi andare a cena con tre persone, del passato o del presente, chi sceglieresti?
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Leonardo Da Vinci, perché sarebbe bello vederlo mangiare e parlare con me. Dario Fò, perché fa ridere e renderebbe tutto più frizzante. E Lucy, l’australopiteco brutto e basso. Che bella cena.
Photos and Video by Johnny Carrano.