Coi suoi mostri ha conquistato il mondo, creando un proprio stile e diventando uno dei registi più amati degli ultimi anni, portandoci dalla Spagna franchista con “Il labirinto del fauno” fino a presentarci una delle storie d’amore più belle di sempre ne “La forma dell’acqua”.
Ecco le nozioni base per conoscere e capire chi sia Guillermo del Toro, il regista che ha monopolizzato gli Oscar dell’anno scorso e che, quest’anno, sarà Presidente della Giuria Internazionale di Venezia.
Chi è
Guillermo del Toro Gómez nasce a Guadalajara il 9 ottobre 1964. Il padre Federico è un imprenditore con la testa fin troppo sulle spalle mentre la madre Guadalupe è una poetessa amatoriale che si diletta nella lettura dei tarocchi.
Per chi già lo conosce è facile pensare che sia stata la madre ad essere più importante per lo stile di Del Toro, ma la mancanza di fantasia del padre ha spronato Guillermo a cercare di stupirlo e confonderlo il più possibile.
Del Toro è sempre stato un amante dell’arcano e dell’oscuro, dai mostri classici alla magia nera, e questa passione non l’ha mai persa, facendola evolvere e crescere con se stesso.
I suoi film
E i suoi film, infatti, sono da sempre pregni di un’aura mistica con un’importante simbologia racchiusa in ogni personaggio, ambientazione e, soprattutto, in ogni mostro, la rappresentazione del pensiero di Del Toro, sin dai primi cortometraggi ai tempi del liceo.
Già dal primo lungometraggio “Cronos”, nel 1993, lo stile di del Toro è stato riconosciuto ed apprezzato tanto da ottenere subito un premio a Cannes, spalancandogli così la strada per Hollywood, dove la “sezione mostri” si stava lentamente addormentando.
Nel 1997, con “Mimic”, Guillermo del Toro riesce già a dare una scossa positiva, creando un film che, per quanto rientri nel mainstream, segna un piccolo ma importante risveglio, tanto da diventare una trilogia slegata da Del Toro, così come succederà per la saga di “Pacific Rim” (2013).
Dopo aver soddisfatto il fan-boy che era in lui girando “Blade II” (2002) e l’adattamento di Hellboy (2004), Del Toro segna la sua filmografia con una delle sue migliori pellicole, “Il labirinto del fauno” (2006), che racchiude tutte le caratteristiche della sua poetica.
Poetica che è evidente anche nel suo ultimo lavoro “La forma dell’acqua – The Shape of Water” (2017) che lo ha portato finalmente sul tetto del mondo.
Per il futuro si vedrà, intanto il produttore premio Oscar per “La forma dell’acqua” J. Miles Dale ci ha detto che hanno già ben due film in ottica.
La poetica
Sia ne “Il labirinto del fauno” che ne “La forma dell’acqua” del Toro utilizza il mistico per raccontare il quotidiano, la magia per raccontare la storia. Ed è proprio questa la forza della sua narrazione, il riuscire a raccontare le parti più cupe attraverso una specie di straniamento nel suo mondo unico.
Ne “Il labirinto del fauno”, riesce a raccontare la Spagna franchista attraverso gli occhi di una bambina e sfruttando magistralmente la propria simbologia: la vicenda si svolge nel 1944, in pieno regime franchista, e mostra da vicino lo scontro tra regime e ribelli; in mezzo a tutto questo una bambina e la sua immaginazione ci portano nel magico mondo del fauno, da cui lei in realtà proviene.
È interessante vedere la bambina come la personificazione della Spagna che, proveniente da un mondo di libertà e magia, si ritrova soggiogata da un padrigno malvagio che finisce per ucciderla, metafora del dittatore fascista Francisco Franco.
E lo stesso modus operandi lo ritroviamo ne “La forma dell’acqua”, in cui Guillermo del Toro utilizza il proprio mostro per raccontare da una parte la paura del diverso e, dall’altra, la paura della Guerra Fredda.
I mostri
I mostri sono, quindi, la firma di del Toro, il megafono per raccontare tutte le sue storie, il suo efficace mezzo di critica sociale.
I mostri di Del Toro, infatti, non sono mai i tipici mostri da “monster movie” ma sono rappresentazioni della fantasia, anche quella meno “fatata”, e con connotati positivi, mentre i veri mostri finiscono per essere gli esseri umani: ne “Il labirinto del fauno” il patrigno è l’antagonista mentre il fauno, per quanto la spinga verso avventure pericolose, vuole salvare la bambina; ne “La forma dell’acqua” il vero mostro è il colonnello, interpretato da Michael Shannon, accecato dalla frustrazione della Guerra Fredda e pronto a schiacciare chiunque pur di raggiungere il proprio obiettivo.
La casa
L’amore per i mostri e l’importanza che hanno avuto nella sua vita e nella sua poetica sono rappresentati dalla sua casa-ufficio a Los Angeles, che Guillermo del Toro ha allestito come un museo con le riproduzioni originali delle sue creature e quindi dei suoi pensieri.
La “Bleak House”, o come la chiama del Toro la “man-cave”, è una vera e propria riproduzione della sua mente e del suo lavoro, gigante, profondo, pieno di significato e a tratti anche oscuro.
La televisione
Uno dei primi giocattoli di del Toro bambino è stato un lupo mannaro peluche, e il suo primo film parlava di vampiri, quindi l’amore per i mostri classici non è mai stato un segreto.
Ed è proprio questo amore per il classico, il gotico, che dà a del Toro una marcia in più nella realizzazione delle sue creature.
Non a caso ha voluto creare “The Strain”, la serie TV di successo della FX, anche come risposta alla nuova moda di vedere i vampiri come personaggi romantici e sensuali (e “sbrilluccicanti”), riportando la tradizione folcloristica polacca di cui è appassionato.
Gli Oscar
Con “La forma dell’acqua” Guillermo del Toro è riuscito finalmente a vincere il premio più prestigioso del mondo cinematografico, aggiudicandosi ben due statuette (Miglior film e Miglior regia) oltre a quelle per Miglior scenografia e Miglior colonna sonora, arrivate tra le complessive 13 nomination (tra cui Migliori costumi a Luis Sequeira).
Magari sarebbe riuscito a conquistarle prima se non avesse dovuto abbandonare la regia della trilogia de “Lo Hobbit”, di cui comunque è co-sceneggiatore, ma a pensarci bene è meglio che sia stata proprio una sua creatura a dargli questa soddisfazione, coronando una carriera che come abbiamo visto è molto più che semplice fantasy.
Del Toro quindi è diventato il terzo regista messicano in 5 anni a vincere l’Oscar alla miglior regia, dopo che il suo grande amico Alfonso Cuarón ha portato per la prima volta in Messico la statuetta con “Gravity” nel 2014, seguito dalla doppietta di Alejandro González Iñárritu, altro suo grande amico d’infanzia.
Non a caso i tre registi vengono definiti (in riferimento al grande successo del 1986 di John Landis con Steve Martin, Martin Short e Chevy Chase) i “Three Amigos”, ormai icone dell’età d’oro del cinema messicano e fondatori della casa di produzione “Cha Cha Cha Films”.
Venezia
Com’era successo l’anno prima con il “La La Land” di Damien Chazelle, la corsa all’Oscar è partita dalla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia anche per “La forma dell’acqua”.
Dopo la praticamente unanime approvazione da parte di tutta la critica e del pubblico, e del riconoscimento più alto ottenuto vincendo il Leone d’oro al miglior film, del Toro ha iniziato a raccogliere tutti i premi più importanti fino alla statuetta d’oro dell’Academy.
E per segnare ancora di più il legame fra il regista e Venezia, del Toro sarà il Presidente della Giuria Internazionale di quest’anno, in un’edizione che già si prospetta molto interessante!