Netflix, Chili, InfinityTv, NowTv, Amazon Prime Video e aggiungiamoci anche qualche sito non esattamente rispettoso degli addetti ai lavori. Sono talmente tante le offerte di film in streaming che è difficile orientarsi per azzeccare ogni sera qualcosa che ci emozioni, ci faccia viaggiare o ci diverta anche se la qualità dell’offerta spesso è alta. Tendiamo ad affezionarci ad un portale e agli incantesimi dei suoi algoritmi tanto che la nostra ricerca ricade unicamente sullo stesso spacciatore di pellicole che ci ammalia con le sue percentuali di compatibilità basate su chissà quali criteri astrusi.
Nella mia personale indagine mi preparo a sorbirmi risme di pagine web: si affastellano titoli su titoli con le relative locandine, le sbircio, leggo le recensioni e visiono trailer perfetti, conscio che spesso siano mentitori. Mentre cerco mi rimbomba in testa una frase di Goethe, “la vita è troppo breve per bere vini mediocri”. La vita è troppo breve anche per vedere film mediocri quindi proseguo a cercare come un avventuriero! Dopo poco mi imbatto in un film dal titolo orrido ma che attrae istintivamente la mia attenzione. “Dieci cose di noi” di Brad Silberling.
Odiare è un brutto verbo che oggi si usa troppo spesso ma concedetemi una licenza per dire che odio i traduttori italiani di titoli stranieri: vanno sempre nella direzione sbagliata senza rispettare la natura del film in favore di un sentimentalismo melenso che dovrebbe attirare l’italiano medio (o mediocre?). “Ten items or less” è un chiaro riferimento alle casse veloci dei nostri sfavillanti supermercati che frequentiamo nella nostra frenetica mondanità.
Un film sintetico ed indipendente costato pochissimo, portato sulle larghe spalle di Morgan Freeman (anche produttore esecutivo) con Paz Vega, unitamente ad un buon cast. Presentato nel 2008 al Torino Film Festival, negli Stati Uniti ha incassato bene e ne è scaturita (ovviamente) anche una serie. Tuffatevi per settantacinque minuti (è persino più breve ed emozionante di una partita di calcio) in questo film che vi racconterà una vicenda semplice senza concedervi un attimo di tregua.
Una superstar di hollywood, senza lavoro da quattro anni, sceglie di tornare sul grande schermo interpretando il protagonista di una produzione indipendente (e squattrinata!) nei sobborghi latinoamericani di Los Angeles. Morgan Freeman interpreterà il ruolo di un direttore di supermercato quindi, da attore professionista qual è, per immergersi nella parte, decide di ‘vivere’ a tutto tondo la vita del personaggio che andrà ad interpretare. E’ un mattino soleggiato a L.A.: un runner della produzione scarica Morgan in un piccolo supermercato di zona, lui vi si aggira osservando e rubando con gli occhi. La cassa numero due, quella veloce dedicata ai ‘10 articoli o meno’ (ten items or less!), è gestita da una donna dotata di una capacità di calcolo prodigiosa, unita al nerbo giusto per mettere in riga ladruncoli e sbruffoni tipici di qualsiasi sobborgo. L’attitudine perennemente serena, la natura buona – curiosa più di quella di un bambino, fanno sì che Morgan Freeman (nel ruolo di sé stesso) passi tutta la giornata insieme a Paz Vega (la cassiera) condividendone vita e vicende. Dirò di più: preparandola per la sua parte, ovvero sostenere un colloquio per un posto da segretaria che rimanda da troppo tempo.
Credere in sé stessi è, probabilmente, il tema cardine del film. L’attore aiuterà la cassiera a tenere dritta la schiena in qualsiasi occasione, le insegnerà a tirare fuori il coraggio, il cervello – quindi anche il suo fascino – dimostrandole che ogni aspetto della vita è intimamente collegato e basta iniziare da un filo per slegare anche il nodo più grosso. Freeman sembra avere la pacatezza di un monaco tibetano in grado di trovare il buono in tutto e tutti, sempre sorridendo e con modi gentili, affianca Paz Vega in una giornata della sua vita che scopriamo, di sequenza in sequenza, essere un’accozzaglia di confusione, incertezza e delusione.
Un punto di forza del film sono i dialoghi (che alcuni critici anglosassoni e statunitensi hanno definito frettolosamente moralistici) semplici e diretti, capaci di alzare continuamente il livello della conversazione tra i due protagonisti, soggetti antitetici, incuriositi l’uno dell’altra. Durante le molte commissioni da svolgere i due si conoscono e si scoprono, rendendo i loro dialoghi sempre più coinvolgenti. ‘Dieci cose di noi’ è il nome gioco che sta all’apice del film. “Dimmi quali sono le dieci cose fondamentali per te”, si sfidano i protagonisti. Non c’è pietismo né buonismo ma si assiste un incontro sincero tra due esseri umani che si sono appena conosciuti.
Il film, inoltre, si snoda tra situazioni tanto assurde quanto private, costellate di personaggi secondari – perfettamente in parte, ed è un viaggio che assume via via le caratteristiche di una formazione. Morgan Freeman è irresistibile, elegante, delicato, ha una buona parola per ogni persona che incontra e riesce a trasformare ogni evento in un haiku (godetevi la scena all’autolavaggio, animata da un tocco in stile vecchio film hollywoodiano).
Il film si svolge nell’arco di una giornata e quest’unità temporale ha il vantaggio di catturare lo spettatore tanto quanto il magico rapporto tra i due adulti nel corso di poche ore. Un gioiello, scritto e diretto da Brad Silberling al suo quinto film. Non vi ho convinto? Eccovi altri motivi: l’andatura e la gestualità di Morgan Freeman, i cameo di personaggi minori che popolano il film, la scrittura teatrale della sceneggiatura, l’assenza di sentimentalismo e… l’auto di Paz Vega!