Nozioni di metacinema per una terapia di full immersion nel mondo del cinema
Tu dici PRIMAVERA, io dico APRILE. Tu dici APRILE, io dico MAGGIO. Tu dici MAGGIO, io dico CANNES. E se dovesse scapparti la parola “CANNES” nel mese di MAGGIO, che è quello che viene dopo APRILE, quando comincia la PRIMAVERA, è quasi automatico che io ti risponda “FESTIVAL DI CANNES”. È una logica contorta che, però, sottende una verità inconfutabile: il Festival di Cannes è alle porte e il suo programma ufficiale è stato annunciato da poco, sfoggiando una scaletta niente male, con nomi del calibro di Terrence Malik (“A Hidden Life”), Pedro Almodovar (“Dolor y gloria”), Marco Bellocchio (“Il Traditore”), Xavier Dolan (“Matthias & Maxime”) e Quentin Tarantino (“C’era una volta…a Hollywood”).
Qui ed ora, alle soglie di una nuova e ricca edizione del Festival, quale momento migliore per avviare una bella terapia di immersione nel mondo della cinematografia?
La sessione di oggi sarà incentrata sull’esperienza del metacinema, con riferimento ad alcuni film più o meno famosi che rientrano in questa categoria.
Un po’ di storia e definizioni
Il metacinema (dal greco antico “meta” che significa “oltre”, ma anche “a proposito di sé o di altre cose dello stesso tipo” + “cinema”) è una modalità di produzione cinematografica molto antica e diffusa, che realizza il desiderio più profondo del cinema stesso: quello di parlare di sé. Da “La lanterna magica” di Georges Méliès (1903) in poi, molti film hanno incominciato a rompere l’incantesimo del realismo forzato – la “regola” del cinema classico secondo cui l’artificio doveva essere nascosto il più possibile, in modo che lo spettatore riuscisse a percepire la storia come una verosimile e naturale riproduzione della vita quotidiana. Quando il dialogo con il pubblico diventa più importante della sua seduzione, è allora che si entra nel campo del cinema che parla di cinema: il metacinema.
I metafilm, ovvero i film che parlando del mondo della cinematografia, rivelano l’esistenza di diverse prospettive da cui osservare il cinema e i suoi annessi e connessi; i metafilm, in questo senso, spesso si trasformano in vere e proprie riflessioni sull’arte cinematografica.
Sono tantissimi i film che raccontano storie i cui eroi sono persone del cinema e le cui vicende ruotano intorno alla produzione di un film e, in particolare, pare che il cinema americano abbia parlato di sé molto più di qualunque altro cinema del mondo.
Qui di seguito, alcuni dei migliori assaggi di metacinema in circolazione, nella fiducia che una full immersion nel mondo del cinema possa preparare l’atmosfera per l’imminente inizio del Festival del Cinema di Cannes.
________
Metacinema
“BIRDMAN” o (L’imprevedibile virtù dell’ignoranza) – 2014
________
Il regista Alejandro González Iñárritu si lancia senza paura nelle grinfie della commedia noir con il racconto della storia di un attore (Michael Keaton) diventato famoso in tutto il mondo per aver interpretato in un film un supereroe alato e mascherato di nome Birdman. Il suo bisogno impellente di dimostrare a tutti quanti di essere più di Birdman, di avere grandi potenzialità come artista, lo spinge a scrivere, dirigere e recitare in un adattamento di un racconto di Raymond Carver col piano di metterlo in scena a Broadway e includere nel cast anche sua figlia Sam (Emma Stone), appena uscita da un centro di disintossicazione, la sua amante Laura (Andrea Riseborough) e Mike Shiner (Edward Norton), un attore di talento col quale è difficile andare d’accordo.
Vincitore di quattro premi Oscar (Miglior film, Miglior regia, Miglior sceneggiatura originale e Miglior fotografia), “Birdman” è un capolavoro di metacinema, con la sua messa a nudo, senza peli sulla lingua, dei meccanismi del mondo dello spettacolo, e con i suoi numerosi riferimenti più o meno espliciti alla Hollywood del mondo reale: da non dimenticare, per esempio, che Michael Keaton, esattamente come il personaggio che interpreta, deve la sua fama internazionale all’interpretazione del supereroe mascherato e alato Batman, ma è più di Batman, è un attore di straordinario talento.
________
Metacinema
“OMICIDIO A LUCI ROSSE” – 1984
________
Jake Scully (Craig Wasson) è un giovane attore squattrinato che ha appena perso la parte in un film sui vampiri a causa della sua claustrofobia. Mentre è alla ricerca di un posto in cui fermarsi per un po’ nella costosa Los Angeles, incontra Sam (Gregg Henry), un collega attore che gli propone di trasferirsi temporaneamente a casa di un suo amico fuori città per qualche mese. Jake accetta l’offerta e si ritrova a vivere in una villa di lusso sulle colline di Hollywood. In salotto, l’occhio gli cade subito su uno strano telescopio che punta verso la finestra della vicina. Jake non resiste alla tentazione e comincia a spiare la donna, ogni sera alla stessa ora, quella dello spogliarello coreografato, finché, una di quelle sere, lo spettacolo non degenera nel brutale assassinio della protagonista. Una diva del cinema porno (Melanie Griffith) aiuterà Jake a fare chiarezza sul mistero nascosto dietro la vicenda.
Diretto da Brian De Palma, il film ha tutte le carte in regola per essere etichettato come metafilm, a partire dal titolo originale, dove “body double” significa “controfigura” e si riferisce, forse, a quella usata in particolare nelle scene di nudo dei film, o forse è una metafora di quella sottilissima linea che separa la realtà dalla finzione nel mondo del cinema, diventando, così, anche una chiave di lettura del film stesso.
________
Metacinema
“THE DISASTER ARTIST” – 2017
________
James Franco racconta la vera storia di Tommy Wiseau, sceneggiatore, produttore e regista di “The Room”, film quasi universalmente considerato come uno dei peggiori film mai fatti. San Francisco, fine anni Novanta: Tommy (James Franco) è un uomo dall’aspetto bizzarro e dai modi altrettanto bizzarri, con un passato misterioso; capelli lunghi e neri, occhiali scuri anche con la luna piena, poche parole escono dalla sua bocca, tuttavia abbastanza per conquistare l’amicizia dell’aspirante attore Greg Sestero (Dave Franco). Ad un certo punto, i due decidono di trasferirsi insieme a Los Angeles per cercare fortuna nell’industria cinematografica; la serie di eventi infelici che ne segue convince Tommy a mettersi a scrivere, produrre, dirigere e recitare in un film tutto suo, più tardi descritto come “il peggior film mai fatto nella storia del cinema”.
Rappresentazione nuda e cruda del materialismo che permea l’essenza dell’industria hollywoodiana, il nuovo esperimento da regista di James Franco svela alcuni dei meccanismi dell’industria cinematografica in un miscuglio di commedia, satira e biografia, raro nel cinema contemporaneo.
________
Metacinema
“HUGO CABRET” – 2011
________
Sono gli anni Trenta e il dodicenne Hugo (Asa Butterfield) vive nei meandri della stazione centrale di Parigi insieme a suo zio, il manutentore di tutti gli orologi di Paris Montparnasse. Dopo la morte di suo zio, Hugo eredita il suo mestiere, approfittando della vita tra gli ingranaggi per cercare una chiave o un qualche marchingegno con cui azionare lo strano oggetto lasciatogli in eredità dal suo defunto padre. Il suo adorato papà (Jude Law), infatti, è morto in un incendio, lasciando incompleto il perfezionamento di un robot, che Hugo vuole far funzionare a tutti i costi. Durante la sua missione, il ragazzo incontra la giovane e brillante Isabelle (Chloë Grace Moretz), che lo aiuterà nelle sue ricerche e asseconderà la sua passione per il cinema. Grazie a Isabelle, Hugo avrà l’opportunità di incontrare uno dei più grandi registi mai esistiti, un pioniere del cinema, un certo Georges Méliès (Ben Kingsley).
Con Martin Scorsese alla regia, il film si trasforma in una straordinaria lezione di cinema, un progetto unico nel suo genere che riassume alla perfezione l’immenso potere evocativo dell’arte cinematografica.
________
Metacinema
“NOTTING HILL” – 1999
________
Nel vivace quartiere di Notting Hill, a Londra, William Thacker (Hugh Grant) condivide un piccolo appartamento con un suo vecchio amico, il bizzarro Spike (Rhys Ifans). In quello stesso quartiere, William è proprietario di una libreria in cui, un giorno, entra per caso Anna Scott (Julia Roberts), una famosa attrice americana a Londra per la promozione del suo nuovo film. Tra Anna e Will è amore a prima vista, ostacolato, tuttavia, dalle vite completamente diverse che i due vivono. Infatti, per evitare tanto invasioni di paparazzi quanto complicazioni nella carriera dell’attrice, gli innamorati sono costretti a incontrarsi in segreto e per poco tempo. Come se non bastasse, quando l’ex fidanzato di lei giunge in città, il tutto si fa ancora più complicato.
Al di là della storia d’amore, il cult firmato Roger Michell svela il lato dolceamaro del far parte dell’industria cinematografica, mostrando agli spettatori come essere una star del cinema non significa solo avere soldi e successo, ma richiede anche molti sacrifici, tanto in termini di rinunce quanto di ritmi piuttosto difficili da sostenere.
________
Metacinema
“LA ROSA PURPUREA DEL CAIRO” – 1985
________
In America, in piena Grande Depressione, l’unico modo in cui Cecilia (Mia Farrow) riesce ad allontanarsi da quel despota, disoccupato, ubriacone di suo marito è trascorrere tutti i pomeriggi in un cinema in cui proiettano senza sosta “La rosa purpurea del Cairo”, ogni giorno. Uno di quei pomeriggi, l’affascinante protagonista del “film nel film” (Jeff Daniels) si accorge, da dietro lo schermo, della presenza regolare di Cecilia alle proiezioni del suo film e, stanco di recitare ogni giorno sempre la stessa parte, salta fuori dallo schermo per raggiungere Cecilia nel mondo reale e vivere una tenera storia d’amore con la sua fan numero uno.
Qui, un geniale Woody Allen si assume la responsabilità di rappresentare la relazione tra verità e finzione, realtà e opera cinematografica, e riesce a farlo in modo a tratti struggente, a tratti straordinariamente magico.
________
Metacinema
“IL MIO GODARD” – 2017
________
In un ritratto ironico di una delle più importanti figure del cinema francese (e mondiale), Jean-Luc Godard, firmato dalla sua seconda moglie, Anne Wiazemsky, il regista Michel Hazanaviciu ripercorre i moti del ’68, il maoismo, le proteste contro la guerra in Vietnam, raccontando la storia vera della complicata relazione amorosa tra Jean-Luc (Louis Garrel) e la sua musa Anne (Stacy Martin), tra passione e anticonformismo, gelosia e desiderio di indipendenza, insuccessi cinematografici e attivismo politico.
A metà strada tra biografia, parodia e commedia, il film è uno dei più recenti e brillanti esemplari di metacinema: le scritte sui muri, le voci fuori campo, i dialoghi diretti con il pubblico sono solo alcune delle caratteristiche del film, tipiche anche del linguaggio di un film che parla dell’industria cinematografica e che, in questo caso, rivela il bel caratterino di un odiato e amato pioniere della Nouvelle Vague.