Un film che fa da ponte fra le generazioni, passate, presenti e future. “Ready Player One” porta il passato nel futuro divertendo, appassionando e facendo leva sulle nostalgie.
In un periodo in cui il passato è tornato prepotentemente con reboot e remake, “Ready Player One” dimostra che il modo migliore per avere nostalgia del passato è usarlo per superarlo, non per riproporlo in salse diverse.
Titolo
Ready Player One
Dietro e Davanti alla Cinepresa
Un film intriso della cultura pop anni ’80, e a dirigerlo c’è uno dei pilastri della filmografia di quel magnifico decennio: Steven Spielberg.
L’uomo che ha rivoluzionato il cinema girando in dieci anni film come “Lo squalo”, “I predatori dell’arca perduta” ed “E.T. – L’extra-terrestre”, senza parlare di quelli che ha prodotto, ha portato sul grande schermo uno dei romanzi più geek degli ultimi anni, “Player One” di Ernest Cline.
Per interpretare il protagonista Wade Watts (e Parzifal) la produzione ha voluto rimanere in linea col personaggio e ha aperto i casting a chiunque, ma alla fine la scelta è ricaduta su Tye Sheridan, che già era entrato in un mondo fantastico con la parte di Scott Summers (a.k.a. Ciclope) in “X-Men: Apocalisse”.
Ad affiancarlo sia nella realtà che dentro OASIS troviamo Olivia Cooke (“Quel fantastico peggior anno della mia vita”), Lena Waithe (“Master of None”), Win Morisaki e Philip Zhao, al suo debutto.
I creatori di OASIS James Halliday e Ogden Morrow sono rispettivamente Mark Rylance (“Il ponte delle spie”, “Dunkirk”) e Simon Pegg (la spalla di Nick Frost nella “Trilogia del Cornetto”, anche se è riduttivo).
Chi scrive
“Ready Player One” è tratto dal primo romanzo di Ernest Cline che ha anche lavorato all’adattamento cinematografico insieme a Zak Penn, nome dietro a titoli come “X-Men: Conflitto finale” e “The Avengers” e a diversi videogiochi sempre a tema supereroi.
La sceneggiatura rimane in linea con la vicenda raccontata nel libro, riuscendo a non snaturarne il senso anche ribaltando completamente alcune parti (tranne forse una nota nel finale che lo rende fin troppo autoconclusivo per i gusti del sottoscritto).
Cosa c’è da sapere (NO SPOILER)
Come nel libro la storia si apre nel 2045 in un momento buio della Terra, al limite della sovrappopolazione e dell’inquinamento, con le fonti energetiche allo stremo. La popolazione vive tutta ammassata intorno alle grandi città, in particolare Columbus, Ohio, dove abita Wade Watts. Wade è un giovane ragazzo che, come tutti ormai, cerca di evadere dalla realtà attraverso OASIS, l’universo virtuale gratuito creato da James Halliday e Ogden Morrow e dalla loro Gregarious Simulation Systems, diventati per questo due degli uomini più ricchi del mondo.
Halliday, cresciuto da solo ed emarginato, alla sua morte ha lasciato tutta la gigantesca eredità in mano ad un gioco interno ad OASIS: chiunque trovi le tre chiavi e risolva i rispettivi indovinelli arriverà a scoprire un Easter Egg, col quale diventerà unico erede e gestore di OASIS [dicesi Easter Egg, letteralmente “uovo di Pasqua”, un contenuto nascosto inserito dagli sviluppatori in un software, come le uova di Pasqua nascoste in giardino appunto].
Armati di visore e guanti aptici, tutti i giocatori del mondo si sono messi quindi alla ricerca dell’Easter Egg, prendendo il nome di Gunter (da “egg hunter”).
Appassionato della cultura pop degli anni ’80, Halliday ha creato OASIS sulle proprie passioni, film e videogame in primis, requisito principale dei Gunter quindi è essere praticamente onniscienti su tutto quello che concerne quel decennio.
La sfida all’ultima citazione viene però guastata dalla Innovative Online Industries (IOI), guidata da Nolan Sorrento (Ben Mendelsohn), la seconda azienda più potente dopo la GSS, che per questo è determinata a prendere le redini di OASIS e raggiungere il primato mondiale.
Tutto questo viene detto nei primi cinque minuti del film, il resto è pura goduria nerd a colpi di citazioni, personaggi, oggetti e ambientazioni che sono nel cuore di tutti (o comunque di molti).
Di cosa avrete bisogno
Un “piccolo” ripasso di tutta la cultura pop di quegli anni permette di godersi il film al massimo esultando ad ogni comparsa inaspettata, ma la cosa migliore sarebbe leggersi il romanzo di Cline per entrare completamente nella sua testa, proprio come i Gunter con Halliday, magari ascoltandosi tutto il meraviglioso concept album dei Rush “2112”.
Cosa dicono
Per rendere al meglio il film la Warner Bros. e Spielberg hanno avuto bisogno di una montagna di diritti di altre case di produzione e a tal proposito il regista ha detto: “Avevamo una lista dei diritti che desideravamo avere, e gli addetti della Warner Bros. Hanno provato ad accontentare le nostre richieste. Sono andati dalla Disney e la Disney è stata disponibile tanto quanto le altre compagnie, come Universal, Paramount e Fox, dandoci i diritti di alcuni dei loro personaggi alieni. E la Disney ci ha dato tutto…se guardate attentamente potrete vedere delle piccole versioni di tutto. Non volevamo usare le grandi icone di Star Wars perché, ora ancora di più, è una saga viva e contemporanea e andrà avanti per sempre; volevamo tanti personaggi secondari e qualche navicella, gli X-Wing, e la Disney ha collaborato dandoci i permessi”.
Nel libro però le citazioni erano anche su Spielberg stesso, eppure nel film ne vediamo molte meno. Secondo lo sceneggiatore Zak Penn “è stata una mossa intelligente. Praticamente ha sentito come se il fare riferimento a se stesso avrebbe portato il pubblico a distrarsi dalla storia e non era quello che voleva. Steven vuole invece che tu venga catturato, non è Lars von Trier, non sta cercando di creare una sorta di esperienza brechtiana.
E dà ragione al collega l’autore e sceneggiatore Ernest Cline, che aggiunge: “Un altro importante motivo per cui Steven non ha citato gli altri propri film è che questo è un film di Steven Spielberg nuovo di zecca, quindi perché rallentare questo prodotto nuovissimo firmato Spielberg facendo riferimento ai vecchi film targati Steven Spielberg?”
È proprio da commenti come questi che si capisce la mossa vincente di “Ready Player One”. Questo film vuole sì omaggiare il passato e tutto quello che ha significato per le generazioni che hanno vissuto quegli anni e quelle che invece li ricercano continuamente, ma vuole soprattutto lanciare un nuovo modo di guardarli.
“Ready Player One” è il Bifrost che unisce il passato al presente passando per il futuro, e dà una lezione di cinema e furbizia a tutti quelli che da anni cercano il nuovo riciclando il vecchio.
Un’ultima cosa…
Proprio come gli anni ’80, parte fondamentale di questo film è la musica composta dalle musiche originali di Alan Silvestri e da alcune canzoni simbolo di quegli anni.
Purtroppo il maestro Williams, occupato con “The Post”, non ha potuto collaborare due volte contemporaneamente con Spielberg come quasi in tutti i film del regista, ma Silvestri ha dimostrato di non essere da meno. Dopotutto Williams sarà sempre Williams, ma quando vediamo una DeLorean sono le note di Silvestri quelle che ci fanno arrivare a 88 MPH con l’immaginazione!
Voto