Partendo dal presupposto che all’effettivo Impero Romano ci penso circa una volta alla settimana (ora anche di più grazie al trailer de “Il Gladiatore II”), devo ammettere che sono una grande amante del concetto dell’individuare il proprio Impero Romano. Dicasi tale quell’argomento, o quella lista di argomenti, che rappresentano una vera e propria ossessione personale, sui quali ci teniamo costantemente aggiornati e che ci animano quando spuntano in un discorso, facendoci apparire anche un po’ weird a volte.
Il bello è che questo discorso si può applicare ad ogni argomento: storia, cultura generale, film, cronaca e, ovviamente, moda. Ecco, se devo pensare alla mia passione per questa area di interesse, devo anche ammettere che è stato un amore influenzato da tanti elementi, look e nozioni accumulatesi nel tempo e ora gelosamente custodite in uno scaffale (anche se sarebbe più appropriato dire guardaroba) nella mia memoria, quasi fosse un’emozione a sé stante se volessimo vederla con gli occhi di “Inside Out”.
Su tutti, ovviamente, spiccano dei grandi protagonisti, alcuni dei quali possono sembrare insignificanti agli altri ma che, per chissà quale motivo, sono impressi nella mia mente e non intendono andarsene. Sono, per l’appunto, quegli Imperi Romani che custodisco gelosamente nel cuore e che mi fanno diventare insopportabile quando si apre uno spiraglio di conversazione in cui inserirli. Hanno senso? Sì e no. Sono capisaldi della moda universalmente riconosciuti tale? Non tutti, non per forza. Non mi interessa e per questo motivo procederò a presentarli ugualmente? Precisamente.
Le Smoking di Yves Saint Laurent
L’anno scorso sono stata a Marrakesh e non potevo non visitare il Musée Yves Saint Laurent: appena si entra, c’è una parete di foto che ripercorre la straordinaria carriera di Yves Saint Laurent, tra cui l’iconico scatto di Vogue France del 1975 che ritrae Vibeke Knudsen con indosso l’altrettanto iconico Le Smoking dello stilista. Saint Laurent è stato il primo nella storia ad adattare un completo ritenuto esclusivamente maschile fino a metà degli anni ’60, per ridimensionare il concetto di sensualità ed ampliare gli orizzonti della femminilità, che si è fatta così androgina e audace come mai prima di allora. Penso alla forza assoluta che devono aver sperimentato le donne ad indossare un simile pezzo sapendo di provocare, letteralmente, un incredibile cambiamento culturale e di stile: e sono gelosa di non essere stata tra loro.
Audrey Hepburn in “Colazione da Tiffany”
Chiamatemi pure “basic” ma il modo in cui questo film ha formato la mia passione per la moda è indiscutibile. Quel primo frame di Audrey Hepburn che si ferma davanti alle vetrine di Tiffany con l’iconico Little Black Dress di Givenchy, il lenzuolo (accuratamente poi sistemato da Givenchy in persona) usato da Holly come abito per la scena della festa a casa sua, gli accessori… Sarà che Audrey Hepburn è la mia attrice preferita in assoluto, ma è innegabile l’influenza che questo film e il personaggio di Holly hanno avuto non solo nella storia del cinema, ma anche della moda.
La Collezione Plato’s Atlantis di Alexander McQueen
Chissà cosa penserebbe Lee Alexander McQueen se fosse ancora qui per ammirare la sorprendere influenza che il suo lavoro ha avuto e ha tutt’oggi nella moda. In particolare modo, la sua ultima collezione, presentata nel 2010, la Plato’s Atlantis, una rievocazione in chiave futuristica della leggendaria città di Atlantide, dove il tema della metamorfosi e del mare fanno da protagonisti dell’incredibile lavoro scenografico, sartoriale e artistico che rende questa collezione un tripudio di sperimentazione e meraviglia. Protagoniste assolute, le vertiginose scarpe Armadillo rese poi iconiche da Lady Gaga. Un intreccio di storia, natura, tecnologia, avanguardia, mito ed eccessi che ancora oggi non si può definire in altro modo se non: rivoluzionario.
L’abito di Claire Danes al Met Gala del 2016
Sono passati 8 anni dal tema del Met Gala ‘Manus x Machina: Fashion in an Age of Technology’ (P.S. Quando rivedremo un red carpet altrettanto iconico?!) e l’abito firmato Zac Posen di Claire Danes che si illumina al buio rimane fisso al primo posto della mia classifica personale dei migliori abiti di sempre visti al Met Gala. La forma principesca che richiama il vestito di Cenerentola, l’utilizzo delle fibre ottiche per permettere all’abito di illuminarsi, la magia dell’occasione: una visione celestiale e indimenticabile!
Kate Middleton sposa in Alexander McQueen
E chi se lo dimentica più il momento in cui ho visto scendere dalla Rolls-Royce Kate Middleton il giorno delle sue nozze nel 2011 e il commentatore del TG in sottofondo ha annunciato che si trattava di una creazione di Alexander McQueen? Io no di certo, tanto che da quel momento abbiamo avuto tutti la certezza che Sarah Burton avrebbe guidato benissimo il brand, dopo la scomparsa di McQueen. Un intricato motivo di pizzi e decori floreali con corpetto e gonna a strati, lo strascico di quasi tre metri e i bottoni sul retro dell’abito, la tiara Cartier Halo… Tutti dettagli ancora presenti nella bacheca Pinterest dedicata al moodboard del mio matrimonio.
La cover The Latest Wave e il relativo editoriale Water & Oil di Vogue Italia
Franca Sozzani, storica direttrice di Vogue Italia, ha dato vita ad alcune delle cover del magazine più impattanti ed efficaci di sempre; una su tutte, quella del numero di agosto 2010 dedicata ai disastri ambientali. Ispirata al disastro petrolifero del Golfo del Messico dell’Aprile dello stesso anno, la cover (e l’editoriale all’interno) ha fatto riflettere il mondo intero sull’impatto dei disastri ambientali, aprendo il dialogo intorno al fatto che la moda stessa sia complice di innumerevoli danni al nostro pianeta e a chi lo abita. Scattata da Steven Meisel, la modella Kristen McMenamy viene immortalata ricoperta di olio, intrappolata in reti, agonizzate sulla riva, incapace di salvarsi. Una scelta editoriale tanto audace quanto, purtroppo, ancora tristemente attuale.
La collezione SS18 di Rodarte
Se dovessi scegliere una sola collezione da possedere interamente e da indossare per il resto dei miei giorni, non avrei esitazioni nell’indicare questa. Presentata dalle sorelle Mulleavy in un chiostro in fiore di Parigi durante la stagione Haute Couture, la collezione è un tripudio di fiori, femminilità e dettagli elaborati assolutamente squisita. Dai copricapi con fiori freschi ai fiocchi nei capelli, dai colori pastello ai tessuti leggeri, dalle forme sinuose alle trasparenze, le foto di questa collezione sono il salvaschermo del mio telefono dal luglio del 2017. Giusto per dare l’idea.
La collezione Gucci Resort 2019 di Gucci
Per rimanere in tema sfilate, se la collezione di Rodarte rispecchia la mia estetica in modo perfetto, è anche vero che la collezione di Gucci presentata nella necropoli romanza di Arles ha fatto battere forte il cuore al mio animo gotico come forse solo il film “Dracula di Bram Stoker” del 1992. Ho seguito la sfilata in diretta dalla live IG sul profilo del brand e già dalla scelta della location e delle fiamme a delimitare la passerella, ho capito che un mio nuovo Impero Romano era in costruzione. Alessandro Michele ha combinato l’estetica gotica agli elementi storici e dello streetwear in modo magistrale, oltrepassando il confine tra vita e morte per dimostrare quanto questi due aspetti siano in realtà indissolubilmente legati tra loro.
Serena Van Der Woodsen e quell’abito di Zuhair Murad
“Gossip Girl” ci ha dato una moltitudine di look iconici ma io, essendo team Serena, non potevo che essermi fissata con uno in particolare indossato appunto da Blake Lively: nello specifico, l’abito a cui non ho mai smesso di pensare compare nell’ottavo episodio della quarta stagione, ed è un vestito grigio di Zuhair Murad con dettagli in trasparenza, maniche lunghe e strascico annesso. Vorrei ricordarmi anche il motivo per cui questo abito mi abbia così tanto impressionata ma non ci riesco, quindi ci “accontentiamo” della sua splendida iconicità.