Ogni indumento ha uno scopo effettivo, ma può anche essere tramite di un messaggio, o avere un determinato significato: anche l’intimo vive, e ha sempre vissuto, questa duplice valenza.
Oggi simbolo di femminilità e di inclusività, riscoperto di recente anche dalle Maison di lusso per adattarlo ai propri canoni, per inserire una nota di sensualità nelle loro collezioni o per rivolgersi ad un pubblico più ampio (e giovane), l’underwear affonda le proprie radici in un passato remoto, o meglio antico e, insieme alla società e alla cultura, è cambiato nel tempo fino ad arrivare ai giorni nostri. Ecco cosa sapere sull’evoluzione dell’intimo nei secoli!
Dall’Epoca Romana al Medioevo: le prime forme di Intimo
Le prime forme di indumenti intimi si attestano già nell’antico Egitto, ma fu in Italia, precisamente durante l’Epoca Romana, che si verificò il loro sviluppo, rendendoli “simili” a quelli che utilizziamo oggi. Nella società romana, la cura e la pulizia del corpo (che doveva essere tonico e in forma) rappresentavano una parte importantissima della quotidianità, ed è in questo contesto che le donne cominciarono a indossare i primi reggiseni; questi erano delle fasce strette non sopra, ma sotto il seno, una sorta di “push-up” reso obbligatorio dalle società patriarcale: gli uomini infatti, mal sopportavano la vista di un seno grosso e cadente, che ricordava quello delle popolazioni barbare. L’esibizione del corpo femminile diventava dunque un mezzo per dimostrare e rimarcare ulteriormente la superiorità della loro civiltà.
Passando all’Epoca Medievale invece, le fonti sono incerte e rendono difficile l’identificazione di quali fossero gli indumenti intimi in voga: sembrerebbe tuttavia che la biancheria fosse riservata agli uomini, con le cosiddette “brache”, ossia delle mutande/pantalone. Le donne erano solite utilizzare della biancheria durante il ciclo, che consisteva in una sorta di assorbenti primordiali o, addirittura, del muschio, per fermare il sangue. Queste pratiche erano diffuse soprattutto tra il ceto aristocratico, in quanto le donne popolane non solo non potevano permettersi questi indumenti, ma le condizioni di malnutrizione e di scarsa igiene facevano in modo che il ciclo fosse molto irregolare, con la conseguenza che entravano in menopausa prima del tempo.
Nel Rinascimento, invece, si hanno i primi capi unisex, delle camicie e mutandoni lunghi fino sotto le ginocchia; inoltre, si assiste alla nascita delle giarrettiere. Si pensa in realtà che il primo ad indossarle fu… Carlo Magno! Inizialmente, erano accessori utilizzati dagli uomini per reggere, per l’appunto, le calze. Tuttavia, quando entrarono a far parte del corredo femminile, diventarono un’arma di seduzione, e ben presto iniziarono ad essere impreziosite da nastri e gioielli.
Dal 1500 a fine 1800: Corsetti e non solo
Dal 1500 fino al 1900, la lingerie femminile fu un insieme di capi e strutture stringenti volte a modellare e a trasformare il corpo affinché si confacesse a determinati canoni di bellezza e sociali. Ad esempio, il bustino, che ad oggi si utilizza in medicina, nacque con uno scopo estetico e, nel corso dei secoli, assume svariate forme e dimensioni per adattarsi alle mode e agli standard in vigore. Tracce del bustino si attestano fin dalla civiltà cretese, ma il suo periodo di massimo utilizzo si ebbe dal 1500 con Caterina de Medici. La vita della moglie del re di Francia, a discapito delle aspettative, non fu facile: vista come una straniera e criticata per il suo aspetto, si dice che inventò il bustino proprio per ridurre il suo girovita “curvy”, imponendolo poi a tutte le altre donne della corte. Viene inoltre ricordata per la sua cura dell’igiene: fu lei infatti che introdusse in Francia l’utilizzo del profumo e delle fragranze, mal sopportando l’odore del marito.
Il corsetto si accompagnò ben presto ai guardinfanti e alle crinoline, delle vere e proprie impalcature nate per donare la tipica forma bombata alle gonne d’epoca, oggi attestate dalle rappresentazioni del tempo. Per donare rigidità ai corsetti, venivano utilizzate le ossa di balena oltre a stecche di legno o metallo. Se nel 1700 il corsetto divenne leggermente più confortevole, nel 1800, con la moda del vitino sottile, “da vespa”, si fece costrittivo all’inverosimile.
Verso la fine del XIX secolo, si iniziarono a svolgere degli studi medici sull’utilizzo del busto, che venne riconosciuto come causa di diverse patologie fisiche nelle donne, compreso lo spostamento degli organi, e addirittura mentali, ritenendo che portasse all’isteria. A quel punto, l’intimo diventò un vero e proprio corredo, e si ebbero sempre più modelli disponibili, a tal punto che, gli strati delle sottogonne, andavano da uno a cinque! Inoltre, le donne utilizzavano mutandoni simili ai modelli maschili e calze lunghe fino o sopra al ginocchio, con reggicalze annessi.
Il 1900: un’Epoca di cambiamenti “Intimi”
Il 1900 rappresenta l’epoca in cui si verificarono i principali e più repentini cambiamenti in termini di intimo femminile e, una delle figure tra le più importanti a questo proposito, fu Caresse Crosby (1891–1970): attivista, editrice e scrittrice statunitense, nonché inventrice del reggiseno. Come tante invenzioni di successo, nacque da un mix di necessità e caso, quando Caresse, dicianovenne, voleva partecipare a un ballo evitando la costrizione del corsetto; decise quindi di unire due fazzoletti e un nastro rosa, creando di fatto il primo reggiseno come lo conosciamo oggi. Ben presto la voce si sparse tra le altre ragazze, le quali vedevano come la giovane si muoveva in maniera più leggiadra e libera, cosa altrimenti impossibile dato il corsetto. Il 3 novembre 1914, Caresse ottenne il brevetto per il reggiseno senza dorso: il resto poi, è storia.
Tra i primi stilisti a produrre il reggiseno ci fu Paul Poiret, il quale viene ricordato ancora oggi per aver creato un’immagine femminile nuova, libera, naturale e a tratti esotica; il tessuto dei suoi abiti cadeva sul corpo con leggerezza, in maniera morbida. Anche la stilista Lucy Christiana Duff Gordon, detta Lady Duff Gordon, sconosciuta oggi ai più, ma al tempo una grande innovatrice, nonché inventrice delle passerelle con luci e musica come le conosciamo oggi, approvò in pieno la causa, adottando il reggiseno.
Mentre il corsetto cominciava a sparire, i mutandoni si accorciavano sempre di più fino a diventare slip; nati per la controparte maschile nel 1906, ben presto furono prodotti anche per le donne, che impegnate a loro volta nelle Grandi Guerre, necessitavano di un abbigliamento molto più comodo e pratico per spostarsi e, soprattutto, lavorare: era l’inizio dell’emancipazione femminile. Durante la II Guerra Mondiale, i reggiseni venivano addirittura offerti dalle fabbriche dove per la prima volta le donne erano chiamate come operaie. Negli anni ’30, si cominciarono invece a creare le prime taglie a coppe, dalla A alla E. Ma fu l’invenzione del Nylon a portare i reggiseni ad un pubblico più ampio: i prezzi infatti diventarono più accessibili, proprio perché realizzati con una fibra economica, resistente e solida.
Negli anni ’50 le curve del corpo della donna vennero valorizzate come mai prima, costruendo l’immagine di donna sensuale. Le cosiddette pin-up ad esempio, indossavano una biancheria intima sexy con reggiseni a balconcino e guêpières (il cui nome deriva dal francese “guêpe”: vespa), che aiutavano a dare l’idea di una vita stretta, a vespa appunto; negli anni ’60 invece, si iniziarono ad utilizzare i filati colorati anche per la lingerie e, mentre i riflettori si spostarono sugli slip con la comparsa della minigonna, i reggiseni venivano bruciati dalle femministe, le quali condannavano l’immagine di donna che si era protratta nel corso dei secoli: trucco, ciglia finte, capi imbottiti e tutto ciò che serviva a puro scopo estetico venne condannato. Come risultato, portarono le case di produzione di intimo, e di reggiseni soprattutto, ad utilizzare materiali più morbidi e una linea più naturale, che accompagnasse le forme del corpo senza modificarle.
Fu negli anni ’70 poi, con la comparsa di serie tv e gruppi solo al femminile come le famosissime Charlie’s Angels, che i brand e le pubblicità proponevano ideali di donne più disinvolte, fotografate in intimo per mostrare la loro bellezza e sensualità. Negli anni ’80 poi, l’intimo fu ostentato in tutte le sue forme, ma come simbolo di emancipazione, e non di costrizione: come dimenticare ad esempio le iconiche esibizioni di Madonna con reggiseni appuntiti e bustini?
Dagli anni ’90 ad oggi: Wonderbra, Wonderwomen
Negli anni ’90 fece la sua comparsa, indossato per la prima volta da Eva Herzigova, il Wonderbra, conosciuto oggi come push-up. Fu una vera e propria rivoluzione, la cui campagna marketing e pubblicità vengono considerate ancora oggi come tra le più importanti e d’impatto, talmente d’impatto da provocare all’epoca degli incidenti autostradali, dovuti all’iconica frase che si leggeva sotto alla foto della modella in intimo: “Hello Boys”, reso in italiano con: “Guardami negli occhi. Ho detto negli occhi”. Con la nascita di Victoria’s Secret, il più grande marchio di lingerie degli Stati Uniti nel 1977, e dei suoi “Angeli”, l’intimo viene completamente sdoganato e reso mainstream.
Un altro esempio? Oggi abbiamo l’hastag #MyCalvins ma fu a fine anni ’90, inizio 2000, che Calvin Klein rese famoso il suo Underwear grazie alle numerose campagne pubblicitarie, nelle quali si scattavano i modelli con slip e boxer riportanti il nome del brand. Fin dagli esordi, è riuscito a lanciare un messaggio di marketing che non si incentrasse solo sul capo intimo in sé, ma sulla filosofia in generale: un’immagine di uomini e donne belli, forti e sicuri di sé, tutte qualità tipiche di chi avrebbe acquistato e indossato i suoi capi.
E oggi invece? Negli ultimi tempi si preferisce un effetto più naturale, la biancheria intima femminile è decisamente più inclusiva e libera, i materiali sono morbidi, freschi, una sorta di seconda pelle, e si nota la tendenza ad optare per fibre biologiche o sostenibili. Negli ultimi anni l’intimo si è sdoganato ulteriormente, con la lingerie che non è più nascosta, ma in vista, presente sia in collezioni di alta moda che street: l’intimo arriva infatti in passerella da Prada a Versace, passando per i famosi completi minimal di Dior fino alla creazione di linee dedicate esclusivamente alla biancheria come la recente Underwear di N°21.
Oggi l’intimo è stato finalmente sdoganato, e può rappresentare un mezzo per esprimere la propria personalità, sensualità e creatività in modo personalizzato: ognuno di noi infatti, si sente a proprio agio e sexy in maniera diversa e con indumenti molto diversi.
Nascono inoltre le prime linee che producono lingerie mestruale, nel rispetto del nostro pianeta e per offrire un’alternativa sostenibile a Tampax e assorbenti. L’azienda Elia, per esempio, nata nel 2018 dalle menti di Marion e Apolline, produce una linea di intimo mestruale comoda, ecologica ed inclusiva, pensata per ogni forma e tipo di donna. Un altro marchio conosciuto per l’intimo mestruale è Thinx, fondato nel 2015: i loro slip sono lavabili e sono divisi in base al flusso del ciclo, così come Cocoro, che in Italia è distribuito da Pureeros, e che propone modelli di forme e stili diversi oltre alla linea di costumi da bagno assorbenti, che prevedono anche un mini-assorbente lavabile da indossare per una maggior sicurezza.