Hot topic di questi ultimi anni, l’armocromia è una guida alla costruzione dell’immagine, ma anche una vera e propria disciplina. In poche parole, l’armocromia è lo studio del modo in cui i colori influenzano e valorizzano l’aspetto di una persona in base alle sue caratteristiche cromatiche, ovvero il tono della pelle, il colore degli occhi e dei capelli. Pratica dominante nel campo della moda e del make-up, l’armocromia è anche un faro nella notte del filmmaking. Basti pensare a registi come Wes Anderson, Tim Burton, Paolo Sorrentino: autori di film che definiremmo, senza pensarci due volte, “in palette”. Nel cinema, infatti, l’armocromia viene utilizzata, più o meno consciamente, per creare coerenza visiva, esprimere emozioni e definire i personaggi. L’uso strategico dei colori è fondamentale: può influenzare la percezione del pubblico della storia e dei suoi elementi, migliorare l’efficacia della narrazione e rafforzare l’identità visiva di un film.
La scelta di colori specifici quando si lavora ai costumi e al trucco dei personaggi, così come nelle scenografie, è in grado di definire non solo le personalità e lo stato emotivo, ma anche il mood della storia. Prendiamo, ad esempio, i colori caldi come il rosso e l’arancione: questi suggeriscono passione, energia o aggressività, mentre i colori freddi come il blu e il verde trasmettono calma, tristezza o mistero. In generale e nel contesto di un racconto da grande schermo.
L’armocromia applicata al cinema, insomma, è uno strumento molto potente: è il racconto di una storia senza l’uso delle parole.
“The Grand Budapest Hotel” di Wes Anderson
In questo film, l’uso di colori pastello e tonalità vivaci crea un’atmosfera fiabesca e surreale che lo rende un’icona del nostro secolo cinematografico. In questo caso, gli interni dell’hotel, i costumi dei personaggi e le scenografie sono tutti accuratamente coordinati per creare un’armonia visiva che è diventata un tratto distintivo dello stile di Wes Anderson. Il regista, infatti, è famoso per scegliere sempre palette cromatiche caratteristiche e armoniche per ogni suo film, che contribuiscono a creare un mondo visivamente coeso e unico, ormai diventato un suo marchio di fabbrica.
“Mad Max: Fury Road” di George Miller
Nell’action movie post-apocaliptico, così come nel prequel/spin-off da poco uscito, “Furiosa: A Mad Max Saga”, la palette di colori è dominata da toni caldi e sabbiosi che rappresentano l’ambientazione desertica e post-apocalittica, con evidenti contrasti tra il rosso/arancione del deserto e il blu del cielo. Questo non solo enfatizza l’aridità e l’ostilità del mondo in cui si svolge la storia, ma crea anche un impatto visivo potente che cattura l’attenzione. Inoltre, l’uso di colori più saturi e vivaci nelle sequenze d’azione contribuisce a sottolineare l’intensità e la frenesia delle scene.
“Her” di Spike Jonze
La palette di colori caldi e soffusi di questo film riflette la dolcezza e la malinconia di una storia d’amore futuristica, onirica, ma dal retrogusto reale. Il film utilizza prevalentemente tonalità pastello come rosa, arancione e rosso appunto per evocare un senso di intimità e calore, di futuro sereno ma idealizzato, in linea con la storia d’amore tra Theodore e l’intelligenza artificiale Samantha. Un mondo pastello, è, insomma, un mondo dal sapore dolceamaro, restituibile tramite le giuste sfumature sensoriali.
“Laurence Anyways” di Xavier Dolan
Il protagonista di questa storia, Laurence, attraversa una transizione di genere: Dolan utilizza i colori in modo sapiente, per riflettere il suo viaggio interiore e le sue trasformazioni esterne. All’inizio, infatti, i colori sono piuttosto sobri e vagamente spenti, ma nel corso del film diventano più vivaci e variegati, riflettendo la crescente accettazione di sé e la liberazione personale di Laurence. Insomma, in questa storia i colori di costumi e scenografie cambiano per rappresentare gli stati emotivi dei personaggi, con scene di conflitto o dolore colorate con tonalità più scure e fredde, e momenti di gioia e amore tinteggiati di colori caldi e vibranti. In più, la storia è ambientata negli anni ’90 e Dolan utilizza una palette di colori che richiama questo decennio: oltre ai colori pastello, motivi e combinazioni cromatiche tipiche che contribuiscono a creare un’atmosfera nostalgica e autentica.
“Sweeny Todd: Il diabolico barbiere di Fleet Street” di Tim Burton
Nero, bianco, grigio e rosso: morte e sangue per un film musical-horror dalla palette più tetra che mai. In questo film, Burton utilizza un cromatismo molto distintivo, caratterizzato da toni scuri, desaturati e monocromatici che contribuiscono a creare l’atmosfera gotica e sinistra, accentuando la natura macabra della storia. I toni freddi e cupi, come il nero, il grigio e il blu scuro, dominano le scene, riflettendo la depressione e la disperazione dei personaggi principali, i cupissimi Sweeney Todd, Mrs. Lovett e il giudice Turpin.
“Marie Antoinette” di Sofia Coppola
In questo cult sulla regina di Francia, la regista ha utilizzato una palette di colori pastello vivaci e lussuosi, come rosa, azzurro e verde menta, per rappresentare l’opulenza e la decadenza della corte di Versailles. I costumi, le scenografie e persino il cibo nel film contribuiscono a creare un’estetica che rispecchia il mondo frivolo e superficiale in cui vive la giovane regina. L’uso dell’armocromia in questo film non solo ne esalta l’aspetto visivo, ma aiuta anche a sottolineare il contrasto tra l’apparenza scintillante della vita di corte e le pressioni sociali e politiche che Marie Antoinette deve affrontare nel corso della sua vita.
“La favorita” di Yorgos Lanthimos
Per restare in tema di reali, aspettative sociali, vita di corte e, in generale, film in costume, in “La Favorita” Lanthimos fa un uso molto specifico dei colori nei costumi, nel trucco e nella scenografia, che contribuiscono a delineare i personaggi e a creare un’atmosfera super riconoscibile. Il film, ambientato nel XVIII secolo, utilizza una palette unica per ogni personaggio, che riflette la sua posizione sociale, il suo carattere e i suoi stati emotivi. Ad esempio, i costumi della regina Anna (Olivia Colman) spesso includono toni scuri e ricchi che rispecchiano la sua posizione di potere e il suo stato di salute precario. In contrasto, Sarah Churchill (Rachel Weisz) e Abigail Masham (Emma Stone) sono vestite in colori più tenui all’inizio e più brillanti e vivaci alla fine, a rappresentare il loro progressivo cambiamento di status e il loro conflitto interno.
“La forma dell’acqua” di Guillermo Del Toro
Il film premio Oscar del 2018 utilizza una palette di colori prevalentemente freddi, come il verde acqua, il blu e il grigio, che riflettono l’ambientazione acquatica e sottolineano il senso di mistero e magia dominante nel film. I colori caldi come il rosso e il giallo, invece, sono utilizzati per creare contrasto e sottolineare i momenti di passione, pericolo o umanità. Ad esempio, il rosso viene spesso associato all’amore e alla vitalità, rompendo la predominanza delle tonalità fredde. L’armocromia in questo film aiuta a creare un’atmosfera onirica e surreale, che alla fine è anche una cifra stilistica del regista.
“Annette” di Leos Carax
In questo musical romantico e surreale, i colori vengono usati strategicamente per evidenziare i momenti di tensione e dramma tra i protagonisti, Ann (Marion Cotillard) e Henry (Adam Driver). Palette specifiche vengono associate a ogni personaggio: Ann è spesso associata a tonalità calde e luminose che riflettono la sua carriera di cantante d’opera e la sua personalità radiosa, mentre Henry è legato a colori più scuri e cupi che rappresentano il suo lato comico ma anche vagamente inquietante. Un po’ come in Dolan, qui i cambiamenti cromatici accompagnano le trasformazioni emotive e narrative, sottolineando l’evoluzione dei personaggi e la progressione della trama: scelte in palette che contribuiscono a creare un’atmosfera unica e immersiva, enfatizzando il tono sognante e tragico della storia.