Il terzo giorno della Mostra di Venezia è stata all’insegna del western e del country, con le premiere di “A Star Is Born” e del nuovo film dei fratelli Coen.
Dopo dieci anni, i fratelli Coen sono tornati a Venezia e nel Far West con “La ballata di Buster Scruggs”.
Titolo
“La ballata di Buster Scruggs”
Dietro e Davanti alla Cinepresa
L’anno scorso erano stati presenti indirettamente, con “Suburbicon” di George Clooney su una loro vecchia sceneggiatura, ma a Venezia 75 i fratelli Coen si sono presentati con un film antologico in sei parti creando sei storie diverse ma tutte ben costruite.
Sin dalla prima storia che vede protagonista Tim Blake Nelson nei panni di un sorridente fuorilegge canterino, fino all’inquietante dialogo fra Tyne Daly, Brendan Gleeson, Jonjo O’Neill, Saul Rubinek e Chelcie Ross, i Coen creano un’atmosfera western sul filo del ridicolo come solo loro sanno fare, e con un cast stellare in cui troviamo James Franco, Liam Neeson, Harry Melling, Zoe Kazan e il bravissimo Tom Waits.
Chi Scrive
Alla sceneggiatura troviamo sempre i Coen, con il loro stile unico e ormai “scolastico” sempre sul filo del comico ma comunque ancorato al tragico, a volte anche esagerato. Ed è proprio per questo che i Coen sanno dare il massimo di se stessi con i western, con situazioni deliranti e al limite della sopravvivenza che viste oggi fanno quasi ridere (un po’ come il ‘700 inglese visto da Lanthimos) ma con un velo costante di precarietà e di senso di morte continuo.
La struttura ad episodi del film permette loro di sfruttare tutte le loro armi migliori e, per quanto solitamente le loro trame siano sempre state efficaci proprio per i lunghi e difficili intrecci, la raccolta che hanno creato riesce ad essere un ottimo film divertente e appassionante.
Cosa c’è da sapere (NO SPOILER)
Come detto il film è strutturato in sei episodi, tutti diversi fra loro, posti a mo’ di capitoli di una raccolta di racconti ambientati nello stesso posto.
I capitoli hanno tutti un’atmosfera differente, dalla scanzonata alla tetra, dalla parodistica alla tragica.
Cosa dicono
Durante la conferenza stampa a Venezia i fratelli Coen hanno spiegato la creazione di questo film, che ha avuto una gestazione lunga 25 anni: “A noi piacciono tutti i tipi di film, anche i corti, ma non c’è mercato commerciale per i corti. Abbiamo visto molti film italiani degli anni ‘60, commedie che abbiamo visto da ragazzi, ma il formato antologico sembrava adatto per questo film, perché semplicemente sembrava adatto a queste storie. Inizialmente pensavamo di fare tutto in alcuni film individuali.
Di cosa avrete bisogno
I Coen non perdono il proprio black humor in nessuna salsa, riuscendo a far ridere con situazioni che in mano a Ford o Leone sarebbero state l’apoteosi del tragico. Come al solito però il tutto viene posto in modo da essere apprezzato da (quasi) tutti, senza bisogno di essere per forza dei cultori del genere.
Recentemente abbiamo scritto alcuni racconti e avevamo l’idea di unirli anche se erano diversissimi come genere e tutto, ma erano più o meno sullo stesso argomento. Quello antologico è un tipo di film che nessuno sta più facendo e volevamo farlo tornare.
Avevamo idee molto chiare dato l’inizio della sequenza delle storie, anche se non erano scritte nell’ordine in cui le vedete.
Il film ha una progressione, comincia come commedia e diventa sempre più cupo. Ma non c’è una ricetta, l’abbiamo fatto ad istinto per quello che sembrava giusto a livello di progressione del film. Non è una progressione narrativa ma quasi emotiva.”
A proposito della produzione Netflix: “Non cambierà nulla a prescindere dalla piattaforma in cui verrà visualizzato. É stato progettato per essere visto così in modo abbastanza neutro, così come tutto quello che facciamo. Le nostre scelte sono state prese prima. Ovviamente la versione in sala ci aiuta. Siamo persone di cinema e per noi è importante che chi vuole vedere il film in sala lo possa fare. Netflix è una società che fa film che non sono mainstream, diverse società hanno diversi prodotti e diversi modi di fare, ma più ce ne sono e meglio è anche per l’industria e per tenere vivo il cinema.”
Parte importante e unificatrice del film è la colonna sonora: “Abbiamo discusso molto se le canzoni dovessero creare un legame, e parlandone insieme siamo arrivati in modo intuitivo a creare questa colonna sonora. È una cosa che abbiamo fatto naturalmente e non so quanto unisca, ma quello che era certo è che sarebbe dovuta essere un collante.”
In occasione della Premiere Britannica del film al London Film Festival, abbiamo parlato con alcuni membri del cast sul red carpet, chiedendo loro alcune curiosità riguardo al film e ai loro personaggi.
Essendo l’Antologia una forma di narrazione molto particolare, eravamo curiosi di sapere qualcosa di più sull’esperienza di Jonjo O’Neal, e di come si è preparato e confrontato con gli altri episodi:
“Innanzitutto, li ho letti. Ho letto tutto il copione perchémi è stato dato nella sua interezza, per quanto mi riguarda è sempre stato visto come un tutt’uno, come un’intera raccolta di storie. Ed ha senso, poi, sapendo che il nostro pezzo è la conclusione, la fine di tutta la sceneggiatura e di tutte le vicende di morte raccontate nel film. Ho anche avuto l’opportunità di confrontarmi con altri attori, nonostante ci fossero delle sovrapposizioni temporali: ad esempio Tom Waits, che aveva appena finito di girare quando abbiamo cominciato…ma eravamo per lo più con i registi.”
Gli abbiamo anche chiesto come si sentisse a lavorare su un genere così classico e caro all’industria del Cinema americana, e ha risposto: “Parlando francamente, è assolutamente un sogno avere l’occasione di lavorare con i fratelli Coen ad un western. È come riunire due sogni. L’unica cosa che desidero, però, è di essere il cowboy la prossima volta, e imparare tutti i trucchetti e i giochi con la pistola. Tim [Tim Blake Nelson] lo fa, in questo film, quindi dovrà insegnarmi”.
Bill Heck ci ha anche raccontato qualcosa in più sulla preparazione del suo personaggio, nell’episodio “The Gal Who Got Rattled”: “Ho letto alcuni libri, ho fatto ricerche, ho imparato ad andare a cavallo: in questo senso, mi sono esercitato sulle cose pratiche. Ma i Coen sono fantastici. Il materiale che creano è così specifico, così ricco e profondo che una parte importante del lavoro sta nell’interiorizzare il materiale che ti viene dato. Molto del lavoro è già stato fatto per te, in un certo modo, e si cerca solo di non intromettersi troppo.”
A proposito dell’unicità dell’umorismo che caratterizza il lavoro del fratello Coen, Bill ha anche detto: “Il loro senso dell’umorismo è intrinseco alla scena. È identificabile nell’interezza dell’opera, ma fa parte del tessuto narrativo, quindi viene da sè. Loro come persone, poi, sono molto divertenti ed infondono un’atmosfera di leggerezza al set: ciò funge indubbiamente anche da lente per i temi che esplorano, tra i quali ci sono anche la tragedia e l’orrore. E tutto molto fisico.”
Ha anche parlato della storia del suo personaggio, Billy Knapp: “Non descriverei il modo in cui queste due persone si avvicinano e connettono come una storia d’amore. È tutto spinto da motivazioni pratiche, scoprono la necessità di sopravvivere l’uno con l’altra, ma lo fanno in un modo che li rende rispettivamente più vulnerabili.”
Abbiamo anche chiesto a Harry Melling della sua esperienza a teatro e di come lo ha aiutato nel ruolo di Harrison:
“Penso che sia stato molto utile avere un’esperienza teatrale alle spalle. É divertente perchè quando ho fatto un’audizione avevo appena finito di recitare in una commedia di Shakespeare, e penso che questo tipo di esperienza ti aiuti davvero. E in questo caso particolare la fisicità del personaggio era molto specifica, quindi ottenere un buon risultato in questo senso era molto importante per me: è stato davvero meraviglioso, volevo farlo al meglio perché era questa la cosa importante. Ho anche studiato cosa avrebbe potuto essere d’aiuto nella vita di Harrison, la malattia con cui è nato, tutto il suo background, ma in un certo senso ho anche deciso di dimenticarmene, perché tutto stava nelle battute, nel far percepire la trama. E i Coen mi hanno aiutato nel loro modo, che è davvero unico.”
“Il materiale che creano è così specifico, così ricco e profondo che una parte importante del lavoro sta nell’interiorizzare il materiale che ti viene dato.”
Un’ultima cosa…
“La ballata di Buster Scruggs” è il film dei record per i Coen diventando il loro fil più lungo con ben 132’ e il loro primo film creato per la televisione. Infatti inizialmente il progetto doveva essere una miniserie TV, ma poi è stato preferito il formato antologico.
Voto su 5 Leoni (Venice Edition):