Margot Robbie nei panni di Tonya Harding rivive lo scandalo sportivo che fermò l’America degli anni ’90.
La nostra recensione dell’eroina più controversa degli ultimi tempi.
Titolo
Tonya
Dietro e davanti alla Cinepresa
Un astro sempre più luminoso tra le star hollywoodiane, nota al pubblico per la sensuale e provocante bionda nella Wall Street di Scorsese e per la psicopatica amante di Joker nei “supercattivi” della DC, Margot Robbie quest’anno conquista il grande schermo con forse la sua più significativa interpretazione: la controversa pattinatrice americana Tonya Harding.
A dirigerla il regista australiano Craig Gillespie, che per l’occasione sceglie un cast, seppur ristretto, di brillanti interpreti; prima tra tutti la meravigliosa Allison Janney che, nonostante il trucco da vecchia megera, non abbandona il suo elegante humor e come sempre in modo magistrale s’immedesima in ogni diverso ruolo che le viene affidato.
Ad interpretare uno dei protagonisti-chiave di questa rocambolesca “commedia” Sebastian Stan (“Gossip Girl”, “Captain America”), che “congela momentaneamente” il suo personaggio di Bucky nel Wakanda per interpretare un uomo “reale” con paure e molti conflitti interni.
Nel cast, non meno importanti, Bobby Cannavale (“Vinyl”, “Blue Jasmine”), Julianne Nicholson e la giovanissima Mckenna Grace.
Chi scrive
Sceneggiatore di “Kate & Leopold” e “P.S I love you”, Steven Rogers si distacca dal suo solito genere “rosa” per firmare una dark comedy irriverente basata su una serie di interviste fatte alla Harding e al suo ex marito Jeff Gillooly che ricostruiscono – ognuno con la propria versione – la storia della pattinatrice americana più discussa degli anni ‘90. Una sceneggiatura originale, diretta abilmente da Gillespie, che non rinuncia a raccontarci la verità dei fatti, ma in una chiave di lettura spassosa, dai ritmi dinamici, umoristica anche nei punti più scomodi.
Una sorta di biopic anticonvenzionale da low-budget, strutturato sull’alternarsi di ricostruzioni flashback dettate dalle contraddittorie interviste ai protagonisti della storia, realmente registrate dallo stesso Rogers e fedelmente riprodotte dai suddetti interpreti.
Cosa c’è da sapere (NO SPOILER)
La pellicola ripercorre la vita di Tonya Harding, la prima pattinatrice su ghiaccio americana ad eseguire un “triplo axel” in una competizione ufficiale, e le vicende legate allo scandalo sportivo che la videro coinvolta durante i Campionati Nazionali del 1994.
È la stessa Tonya a raccontarsi e spiegarci i suoi “come e perché” riguardo ai fatti, impersonata da un’esplosiva Margot Robbie, che unisce l’ormai nota espressività alla Harley Quinn e l’ineguagliabile fascino da sexy-icon in un’interpretazione tragicomica di una “provincialotta” irascibile e immatura.
“Che dirà di me la gente? Che sono una persona vera”
Un outsider sia fuori che dentro la pista, distante dall’immagine che ogni sportivo ha o che dovrebbe avere, ma soprattutto distante dallo stereotipo ideale di pattinatrice voluto dai giudici.
Cresce a Portland in una famiglia poco agiata e viene spinta a soli 4 anni sulla pista ghiacciata dalla madre Lavona che muterà quella passione infantile in una sorta di rigido dovere a cui Tonya dovrà adempire assiduamente. Niente distrazioni, bando alle tenerezze e all’apprensione che può dispensare una comune mamma, l’unico obiettivo è vincere e riuscire ad evadere da quella vita mediocre; un intento molto forte quello di Lavona tanto da soffocare e crescere la figlia nel seno della violenza e del rancore.
Rogers disegna il personaggio della madre appositamente su Allison Janney, ruolo da lei spesso interpretato in varie sfumature (“Mom”, “Tallulah”, “Hairspray” o – per chi l’avesse riconosciuta – in “American Beauty”): meravigliosa come sempre, con un make-up d’eccezione, incarna una donna dispotica e torva che ingabbia la figlia nel pattinaggio, opprimendola e negandole una normale adolescenza, un’istruzione e ogni tipo d’affetto – suo o di altri.
Quella che seguirà sarà una vita di eccessi, coronata successivamente dal matrimonio con Jeff Gillooly, un odi et amo, paradossalmente attuale, dai tratti morbosi e violenti, che porterà Tonya a ritrovarsi nuovamente vittima, se prima di una madre crudele, ora di un rapporto malato, che non farà altro che aumentare l’irascibilità e l’oppressione in sé stessa e sulla pista. Infatti, proprio per questa sua immagine di “ragazzaccia” trasgressiva nei body appariscenti e sgraziata nel modo di essere e danzare, che i giudici la valuteranno non idonea a rappresentare l’America o meglio il lato oscuro di quel Paese produttore di opere grandi e mistificatore dei suoi stessi errori (ed orrori).
L’esatto contrario della sua acerrima avversaria Nancy Kerrigan, leggiadra sui pattini e modello sano di atleta, vittima dell’aggressione che, nel pieno svolgimento delle qualificazioni alla squadra olimpica del 1994, porterà al celebre scandalo che trascinerà in tribunale come primi indiziati la stessa Tonya e coniuge.
La pellicola mostra quindi l’altra faccia del mondo dello sport, dove il desiderio di vittoria e la presunzione prevalgono e la passione lascia il posto ad una sorta di spirito di sopravvivenza: Tonya non sa fare niente se non danzare sul ghiaccio e migliorarsi in quell’unica via di fuga che ha dalla dispotica madre, dal compagno e dai giudici che la valutano per la sua esteriorità poco elegante e volgare. Il rancore per quella vita che l’ha cresciuta nel seno della violenza e il desiderio di amore che, assente nella madre e possessivo nel marito, ritrova nel pubblico una volta finita la sua performance, proclameranno Tonya una delle migliori danzatrici su ghiaccio di sempre.
Da subito si presenta alla telecamera di Rogers sicura di quello che ha da dirci e di come vuole apparire: vera e “senza alcuna responsabilità” riguardo qualsiasi fatto accadutole e di cui viene accusata. Allora dove sta la verità? Non parliamo di un incompreso talento del pattinaggio alla Surya Bonaly, tantomeno dell’eroina a cui aspirare fin da giovanissimi, ma della storia di una ragazza che finiremo per adorare, compatire e che giudicheremo ancora una volta, sebbene ora con coscienza dei fatti.
Chi è veramente Tonya Harding? Una pattinatrice o una criminale?
Di cosa avrete bisogno
Se siete degli sportivi o lo siete stati, il mood del film vi sembrerà molto familiare: allenamenti, rapporti con il coach, l’adrenalina pre-gara …Tonya è una sportiva e chi meglio può capirla se non l’occhio e il cuore di un’atleta. Tuttavia, il film è un’originale elogio al mondo dello sport intriso di drammaticità e umorismo tagliente con delle tecniche registiche e di montaggio assolutamente singolari.
Una storia che affronta anche il rapporto madre-figlia, che se in Lady Bird troviamo comune e sano, in Tonya è crudele ai confini del tragico. Come lo stesso matrimonio con Gillooly che tocca il tema, purtroppo attualissimo, della violenza domestica e spiega come l’immaturità di certi giovani, forse con troppa voglia di evadere, porti a scelte di vita affrettate e malsane (e il più delle volte deludenti).
Cosa dicono
Margot Robbie: “Penso che molte persone si siano chieste, “Perché stai facendo un film su questo argomento?”. La gente era convinta di conoscere già l’intera storia e il loro giudizio su Tonya Harding […] ma la cosa più interessante è stata vedere la reazione di questa gente al film; gli stavamo mostrando qualcosa che non conoscevano, il dietro le quinte della storia e la gente che usciva dai cinema era tipo: “Sono sorpresa/o, non posso credere di non essere stato a conoscenza di tutto questo. Non pensavo mi importasse”. È stato incredibile sentire quelle parole dal pubblico, un sorta di grande complimento per noi”.
“Il formato usato da questo mockumentary nel corso del film, il commento dei protagonisti sulle loro vicende personali e le svariate versioni degli eventi, la struttura non-lineare, tutte queste cose insomma. È stato piacevole e selvaggio da leggere. Quell’aspetto ribelle che sentiamo nel film rispecchia perfettamente la natura dei personaggi che raccontiamo”.
Allison Janney: “Bhe, ho voluto interpretarla – in modo “che non piacesse” -volevo trovare la sua umanità. Volevo trovare le sue sofferenze, perdite, la delusione e volevo che tutto ciò trasparisse nella mia performance. Volevo che la gente vedesse una donna molto complicata, sotto molti aspetti rallentata emozionalmente e incapace di esprimere e dare amore. Non era di sua competenza; come qualcuno cresciuto non nella propria famiglia, così lei non sa come manifestare amore”.
Un’ultima cosa…
Margot Robbie e Allison Janney, due donne e un potenziale supremo in un biopic complesso che cammina sul filo sottile tra il grottesco e il melodrammatico.
L’interpretazione di Margot Robbie, produttrice esecutiva della stessa pellicola, è una riconferma della sua magistrale espressività, dai tratti folli “quasi clowneschi” che, come trucco colato, svelano un’identità triste e angosciata. Voluta espressamente da Tonya Harding in persona, impara a pattinare per l’occasione e con vigore riesce a commuovere e conquistare il pubblico, nascondendo momentaneamente la sua straordinaria bellezza e mostrandoci un lato artistico da premio Oscar.
Tuttavia, la statuetta dorata deve aspettare e il film le vale solo la meritata nomination agli ambiti Academy Awards come migliore attrice protagonista, ai Golden Globes di febbraio, BAFTA e Critic’s Choice Awards.
Sarà Allison Janney a portare a casa il conteso tris vincente, aggiungendo al Golden Globes e al BAFTA, l’Academy Awards come miglior attrice non protagonista. Ha dell’incredibile pensare che un’interpretazione così unica ed esemplare, una tirannia tanto realistica da innervosire anche lo spettatore più insensibile, venga impersonata dalla Janney per solo 8 giorni di riprese. Un’arte di solo pochi grandi interpreti.
Seppur non entrando tra i 9 migliori film dell’Accademy, la pellicola è stata nominata per lo straordinario montaggio ad opera di Tatiana S. Riegel, collaboratrice di Tarantino e di diversi cult-movie e ai BAFTA per la sceneggiatura di Steven Rogers.
Riguardo i fatti realmente accaduti, Tonya Harding ha più volte ribadito la sua versione in diverse interviste televisive, e nonostante il film cerchi di raccontare gli eventi in modo oggettivo e veritiero, la pattinatrice americana Nancy Kerrigan si è rifiutata di prendere parte alla produzione e persino alla visione del progetto finito per “non dover rivivere ancora quell’inferno” a sua detta.
Fun Fact: Proprio quest’anno, alle Olimpiadi invernali di Pyongchang, la ventiquattrenne Mirai Nagasu è riuscita a rompere l’incantesimo diventando la prima americana ad eseguire un triple axel ai giochi olimpici. La prima nella storia fu la giapponese Midori Itō nel 1989 seguita dalla connazionale Mao Asada, un primato dunque fino a quest’anno detenuto dal Giappone. Le americane Tonya e Kimmie Meissner, rispettivamente nel 1991 e nel 2005, riuscirono a completare il salto, ma mai durante un evento olimpico.
Tempismo perfetto, Mirai!
Voto