“Tre manifesti” sono presenti nel titolo di questo film, tre manifesti aprono e chiudono la storia e proprio tre manifesti fanno da protagonisti silenziosi di questa vicenda, così toccante e forte che meriterebbe di essere narrata anche tramite dei manifesti, non solo 3, ma molti di più.
Il film segue il punto di vista di Mildred Hayes (Frances McDormand), una madre che, 7 mesi dopo lo stupro e l’assassinio della figlia Angela, non vedendo la polizia agire come dovrebbe per identificare il colpevole, decide di iniziare una guerra personale contro la tranquilla cittadina di Ebbing, affiggendo tre manifesti accusatori contro le forze dell’ordine e il loro comandante in particolar modo, lo sceriffo Will Billounghy (Woody Harrelson) nella speranza di smuovere le coscienze e di scoprire finalmente la verità.
Il caos che si genera da questa decisione, unito alle storie dei personaggi secondari, rende il film incalzante dall’inizio alla fine ed offre molti spunti di riflessione drammatici e purtroppo realistici, che una volta usciti dalla sala ci lasciano con l’amaro in bocca: quale é il limite tra giustizia e criminalità? Quanto a lungo si può odiare prima di sfociare nella vendetta? E quanto la forza di una donna deve essere messa alla prova e giudicata prima di essere compresa e, se possibile, aiutata?
La storia é ispirata a una vicenda realmente accaduta al regista e sceneggiatore Martin McDonagh, come egli stesso ha rivelato durante la conferenza stampa del film, in concorso alla 74esima Mostra del Cinema di Venezia: “Mentre ero su un bus in viaggio per l’America ho visto dei cartelloni simili, era qualcosa di doloroso, dark e tragico e mi sono chiesto chi avrebbe potuto affissare dei cartelli così dolorosi e in cui era evidente tanta rabbia”.
Il cast, insieme alla sceneggiatura e al tono generale di commedia-drammatica, é uno degli elementi di forza della pellicola: a cominciare da un magistrale Woody Harrelson, passando per un Peter Dinklage che fa, come si suol dire, “poco ma bene”, fino al problematico e razzista agente Dixon (Sam Rockwell); e ovviamente c’è lei, Frances, che dà voce e cuore a una Mildred che potrebbe benissimo essere l’emblema di una qualsiasi madre che attende di scoprire l’identità del mostro che le ha portato via il bene più prezioso, e che nel suo scagliarsi contro l’opinione comune diventa quasi una gigante, o meglio, diventa sicuramente una gigante, moralmente parlando.
A proposito di Mildred, Martin McDonagh ha dichiarato: “Scrivere un personaggio del genere è di sicuro molto eccitante, non sai mai dove potrebbe arrivare e, tanto meno, come potrebbero reagire gli spettatori di fronte alle sue azioni. E penso sia questa la forza del film: la sua autenticità. Mildred Hayes lotta in nome della verità e della giustizia, anche se potrebbe sembrare addirittura pericolosa in qualche occasione. E non riesco ad immaginare ora come ora un’attrice più adatta di Frances per interpretare quel tipo di integrità e vulnerabilità, il suo essere così acuta e ironica.”
Il film, che uscirà nelle sale italiane l’11 Gennaio prossimo, ha già ottenuto un successo strepitoso, e a provarlo sono, oltre agli incassi, alla vittoria ottenuta alla Mostra del Cinema di Venezia come miglior sceneggiatura e quella al TIFF, dove ha ricevuto il People’s Choice Awards (il riconoscimento più prestigioso), anche e soprattutto le numerose nomination ricevute per l’ormai imminente Awards Season 2018: dai Golden Globes, ai SAG Awards, passando per gli Spirit Awards, i Satellite Awards, i Critics Choice Awards e gli Independent Spirit Awards (le candidature più ricorrenti sono quelle di miglior attrice protagonista, miglior sceneggiatura, miglior attore non protagonista per Sam Rockwell e miglior film). Siamo sicuri che a questa lista, si aggiungerà più di una (ben meritata) nomination agli Oscar.
Three Bilbords Outside Ebbing, Missouri è una testimonianza di vita, di volontà, di sofferenza e di quanto sia imprevedibile il destino. Ma più di ogni altra cosa, è un racconto di vera speranza: quella che non dobbiamo mai abbandonare, neanche nei momenti più difficili, perché altrimenti, cos’altro ci resta per farci credere nel domani?