Respira.
Andrà tutto bene.
Respira.
Dei mantra, dei promemoria che dovremmo ripetere a noi stessi più spesso, soprattutto quando ci sembra di affogare in questa società troppo rapida, troppo pretenziosa, che è troppo semplicemente: e invece, proprio come dei surfisti, dovremmo imparare a focalizzarci sulle cose che ci fanno stare bene, a investire il nostro tempo in quello che amiamo e ad amarci noi stessi soprattutto. Insomma, dobbiamo respirare, un’azione tanto “scontata” apparentemente, quanto ricca di significato: proprio questo ci ricorda Margot Sikabonyi con il suo libro “Resipira!”, ma non solo.
In una sorta di percorso che segue le tappe della vita e della carriera di Margot (donna, attrice, yoga & health coach e madre), quel che scopriamo (o meglio, su cui ci ricordiamo di dover prestare attenzione) durante la lettura è l’importanza delle emozioni, dell’ “io” urlato e difeso, del “no” come valore del cambiamento e dell’accettazione, con qualche consiglio pratico per avvicinarsi allo yoga. Un viaggio, quello di Margot e nostro, dentro, attraverso e fuori di noi con un’unica destinazione: essere consapevoli del momento presente e, più di tutto, del nostro valore.
Prima di tutto: come stai?
Molto bene, molto grata di questo mio momento personale e in ascolto, visti i tempi di Covid che corrono, sono in uno stato di ascolto e, devo dire, anche di gratitudine.
Mamma, appassionata di yoga, attrice e ora anche scrittrice: qual è l’emozione e la sfida più bella di ricoprire tutti questi ruoli?
Sono mamma appassionata di yoga, attrice e scrittrice: sì, sono tantissime cose che paradossalmente, però, per me sono un po’ un tutt’uno, ricoprono quello in cui io credo, cioè la condivisione e la comunicazione. Per cui, attraverso il lavoro da attrice, posso comunicare quello che sento e penso, e il mio percorso di essere umano in questo pianeta; attraverso lo yoga comunico la stessa cosa, essere presente a me stessa, l’ascolto; con questo libro, ho cercato proprio di raggruppare tutto questo, lo yoga, la recitazione e tutto quello che mi ha portato, il percorso di health coach come unico modo per me di comunicare quanto sia importante non sentirsi da soli, quanto non siamo da soli, quanto siamo tutti nella stessa barca, tutti parte di questa comunità, chiamati proprio “esseri umani”. Quindi sono tutte cose diverse che però raggruppano la radice unica che è, per me, la condivisione, l’ascolto mio e quindi l’ascolto dell’altro, dunque non li vedo separati, in realtà.
“Siamo tutti nella stessa barca, tutti parte di questa comunità, chiamati proprio ‘esseri umani’.”
“Respira!” È un romanzo sullo yoga, sull’ascoltarsi e il ritrovare sé stessi ma, come dici nell’introduzione, è soprattutto “La storia di una ripresa di potere”: quando e come hai capito che era arrivato il tuo momento per compiere questo passo?
“Respira!” è un romanzo sull’ascolto, lo yoga, ritrovare sé stessi, e la ripresa di potere, perché nei momenti in cui respiro a pieno nel mio corpo, sono presente con me stessa, tutte le mie emozioni, tutto quello che io sento, tutta la mia verità profonda, allora riprendo potere, il potere di non farmi distogliere dal mio percorso, di non dare il potere all’altro, al giudizio dell’altro: è quello che mi ha insegnato lo yoga, che mi ha portato respiro, essere allineata con me stessa, allineata con i miei valori, allineata con la mia verità, che non è la verità che mi viene imposta dall’esterno, soprattutto da questa società così post-moderna, così incentrata sul successo, su quello che si vede dalla copertina, su quello che si vede da Instagram. Una ripresa di potere che ha a che fare con la mia verità, i miei valori, quello in cui credo, l’ascolto profondo di quella che sono. Quindi quando respiro bene nel corpo, riprendo potere e consapevolezza di me stessa, e per quello il titolo.
“Una ripresa di potere che ha a che fare con la mia verità, i miei valori, quello in cui credo, l’ascolto profondo di quella che sono”.
Tocchi spesso la tematica del cambiamento, una sfida che incuriosisce e spaventa allo stesso tempo: come affronti personalmente la paura?
La paura del cambiamento, che adesso è molto reale, in realtà è un tema che ho affrontato appena ho iniziato il percorso, perché è stato evidente fin da subito che tutto quello che spaventava in realtà era la possibilità di crescita. Quindi ricordo che, capita questa cosa, appena sentivo paura, ad esempio di un progetto che pensavo e sentivo più grande di me, io subito sapevo che dovevo dire di sì, perché proprio in quella paura lì c’era come il termometro di quanto quella cosa mi servisse, di quanto avessi bisogno, invece, di entrarci dentro, perché la comfort zone è un luogo in cui io mi rifugio, è una prigione dorata che però non ha accesso al cambiamento, il cambiamento, l’evoluzione, la trasformazione avvengono fuori dalla comfort zone, quindi fuori da tutto quello che conosciamo, fuori dalle nostre sicurezze, fuori dalla sensazione di controllo che abbiamo.
Dunque, più mi spaventa una cosa, più so che quella è la direzione.
“Il cambiamento, l’evoluzione, la trasformazione avvengono fuori dalla comfort zone”.
Parli anche del potere dei no, dei se e dell’io: cosa rappresentano per te questi concetti? E come riesci a bilanciarle tra loro?
Il no è un concetto molto forte, con il quale combatto giornalmente, perché il riuscire a dire di no in questo momento sembra davvero molto difficile. Mi è stato insegnato che essere una brava bambina significava dire di sì, mettersi da parte, accogliere il giudizio degli altri, darlo come priorità; invece, a dire di no ci riesco quando sono allineata con me stessa, quando respiro nel mio corpo, quando mi ascolto, allora riesco a mettere quei limiti tra me e gli altri, perché c’è un limite, non posso far sì che l’altro entri nel mio spazio a prendere pezzi di me.
Questo l’ho fatto per tantissimo tempo, lasciavo che gli altri dirigessero il mio percorso, che gli altri mi facessero sentire più piccola, inferiore, non abbastanza, lasciavo che prendessero pezzi e spazi di me, invece riuscire a dire di no, riuscire a porre un limite è molto importante e fa parte dell’amore profondo verso noi stessi, e della ripresa di potere; nel momento in cui io mi amo profondamente e accolgo la mia integrità, sono in grado di essere più forte anche per amare di più l’altro, ed è un amore più puro e più sano, perché non c’è più quel meccanismo in cui io mi comprometto e quindi mi aggancio con l’altro in un “ah, ma io ti ho dato tutto questo, come fai adesso a non amarmi, a non volermi bene, a dirmi di no?”, “se io non dico no, non accetto il no degli altri”. Invece, ognuno ha responsabilità verso sé stesso, quindi accettare i miei no vuol dire accettare i no degli altri, i no del mondo, perché le cose non andranno sempre come voglio. Quindi vuol dire staccarsi un po’ anche da questo discorso di “vittime”, della serie “ma come, io ho fatto tutto questo e poi le cose non succedono”. Però la vita è anche questo, imparare a fluttuare le onde costanti di questa esistenza.
La parola più forte/rappresentativa del tuo percorso di crescita e scoperta.
Penso sia “io”, ed è una constatazione forte, che quando io dico e vibro fuori la parola “io”, mi riprendo il mio potere, mi riprendo il mio spazio, e nel momento in cui sono radicata nel mio io, allora sono un albero sano, posso formare una foresta sana in mezzo ad altri alberi e creare una società sana. Penso che sia, di nuovo, riprendersi il proprio io, che non vuol dire essere egoisti, pensare solo a sé stessi, perché nel momento in cui io posso essere piena con me, mi verrà naturale e vorrò sempre di più amare in maniera sempre più profonda il prossimo, ma se non mi amo prima io, non riuscirò ad amare gli altri. Ricordo questi esercizi che facevo nella mia terapia di bioenergetica che ho fatto per anni, in cui veniva detta la parola “io” utilizzando anche le braccia, utilizzando i piedi, proprio come i bambini quando dicono “io, io, io!”, dirlo con i pugni, con i calci; questo, mi ricordo, mi aveva fatto venire delle lacrime incredibili quando vibravo “io” e lo sentivo in tutte le cellule del mio corpo, era una ripresa di potere fortissima, un momento di risveglio profondo.
“Nel momento in cui sono radicata nel mio io, allora sono un albero sano, posso formare una foresta sana in mezzo ad altri alberi e creare una società sana”.
Scrivi anche dell’influenza dei social media e dell’influenza che hanno su di noi: qual è per te il loro più grande merito e il loro più grande difetto?
Sono d’accordo su come sia triviale la questione, cioè da una parte una possibilità immensa di creare comunità, di creare ponti, e io lo sto utilizzando tantissimo il mezzo social per creare ponte con le persone e far arrivare la necessità che sento che ognuno di noi riprenda il proprio potere; dall’altro canto, sento quanto mi destabilizzi quando non sono collegata, centrata, come le persone che non mi seguono più, i like che non arrivano, mi portano lontano, fuori, mi destabilizzano. Quindi, questa società liquida in cui viviamo è veramente un’enorme opportunità di comunicazione ad ampio raggio e quindi un modo per non sentirci più soli, però avviene anche in maniera così rapida, immediata per cui alla gente basta uno swipe e via, non ti ascolta, non si prende il tempo per riflettere, e questo credo che porti più vicino, ma anche più lontano.
Nel libro racconti della tua esperienza di studio prima e di lavoro poi sui set sia internazionali che italiani: cosa ti hanno lasciato queste esperienze, sia a livello personale che professionale?
La mia esperienza di studio continua perché mi sono iscritta all’università, sto studiando psicologia, e credo che non smetterò mai di studiare, ho già in mente il prossimo corso che voglio seguire. L’esperienza sui set all’estero è stata enorme, infatti spero davvero che si possa presto continuare a viaggiare, perché attraverso la conoscenza di quello che è diverso, accettiamo noi, la nostra diversità, l’altro in maniera più profonda. Poi, ritrovarmi da attrice su set esteri è stato bellissimo, perché all’estero non ero mai Maria di “Un medico in famiglia”, ma ero solo un’attrice, ero Margot, quindi mi sentivo davvero libera di essere me stessa. All’estero vige molto l’etica del comportarsi bene, dell’avere rispetto dell’altro, quindi mi sentivo molto a casa per il fatto che il valore dipendesse da quanto talento hai, come ti comportavi con gli altri, e non da quanto te la tiravi o quanto successo potevi avere, quindi è stato veramente bellissimo poter espandermi attraverso esperienze internazionali e studi all’estero.
“Attraverso la conoscenza di quello che è diverso, accettiamo noi, la nostra diversità, l’altro in maniera più profonda“.
Rispetto alla recitazione, ad un certo punto pronunci il seguente commento: “Quel bambino vuole solo fermarsi ad ascoltare il suo cuore”: ripensando anche al tuo percorso, cosa provi nel tuo cuore come attrice?
Il mio percorso da attrice è stato pazzesco e ne sono profondamente grata, perché sono stata obiettivamente molto fortunata, e questa fortuna, ad un certo punto, ho sentito che si è trasformata un pochino in una piccola gabbia in cui la mia “artista” non poteva più esprimersi in maniera libera. Poi, soprattutto, ritrovarmi piccola su un set ed avere a che fare con attori affermati che in qualche modo erano anche loro ingabbiati in un personaggio, in un’aspettativa esterna, mi ha fatto rendere conto di quanto, purtroppo, il successo sia davvero un’arma a doppio taglio, perché rende l’artista non più libero di essere sé stesso e di ascoltare il proprio cuore, il bambino, come la nostra parte più creativa e pura.
Essere donna ed essere madre: l’esperienza della maternità si è rivelata poi come te l’eri immaginata? In che modo ti ha ispirata?
L’esperienza della maternità è stata assolutamente come non me la immaginavo; mi immaginavo un parto apocalitticamente sereno, in natura, mi immaginavo come una madre che aveva tutto sotto controllo, faceva tutto con leggerezza, e invece il parto è stato un’odissea di paura e anche di dolore, un vero confronto con la realtà, quindi non tanto spirituale, ma proprio materia pura. Poi, il ritrovarsi un bambino tra le mani, la responsabilità enorme, anche schiacciante, da un certo punto vista, è stata una doccia fredda di cui sono enormemente grata, perché mi ha insegnato in maniera molto più profonda dei principi che avevo imparato, ma che poi, nel diventare madre, sono diventati azione: che cos’era davvero l’amore incondizionato, andare oltre le proprie fatiche, andare oltre i propri limiti – pensi che puoi arrivare fino a un tot, invece puoi fare molto di più. La maternità è stata la scuola più incredibile e continua ad esserlo, costantemente.
Non sono una madre perfetta, e l’esperienza mi ha fatto riflettere proprio su questo concetto di madre perfetta, di donna perfetta, che è irreale e dobbiamo uscirne il prima possibile, perché vedo tante amiche, tante donne che hanno difficoltà ad ammettere a sé stesse che a volte fanno fatica, come se ci fosse ancora un tabù, uno stigma sulla mamma che fa fatica; invece, la depressione post-parto è normalissima, e dovrebbe esserci molta più assistenza da questo punto di vista. In fondo, quando facevamo figli nelle comunità, eravamo tutte sorrette l’una all’altra, c’era una comunità di donne che stava intorno, mentre ora la donna è sola, ancora di più adesso, le donne partoriscono da sole in ospedale per via del Covid, sono isolate, quindi bisogna davvero fare molta attenzione a questa figura della mamma che va sostenuta, perché è il perno, è la colonna portante.
“La maternità è stata la scuola più incredibile e continua ad esserlo, costantemente”.
Attraverso i tuoi ricordi, tra le pagine del libro abbiamo vissuto anche diverse esperienze di viaggio: qual è stato il più bello fino ad ora e qual è la prima meta che vorresti visitare non appena sarà possibile?
Il viaggio più bello che ho fatto sono state le Hawaii. Alle Hawaii ho ritrovato quello che mi immaginavo fosse l’anima della terra, l’anima della natura, Madre Terra in maniera profonda, costante. Alle Hawaii lo sentivo nell’aria, c’era come questa “mana”, loro la chiamano la “mana”, ovvero l’energia del mondo, della terra, ed era così forte lì. È un luogo dove mi piacerebbe tantissimo tornare con i miei figli, che mi ha regalato il surf, che è diventata un’altra mia terapia, giocare tra le onde è stata un’esperienza che mi ha portato verso il gioco, perché la vita può anche essere gioco, anzi, deve esserlo.
Anche quella terapia lì ti rimette allineata, giocare nella natura è la cosa più bella, medicinale, era la medicina, infatti ricordo di vedere le famiglie che, alle Hawaii, vanno a surfare prima di andare a scuola o a lavoro: si mettono tutti sulla tavola da surf, cane compreso, si fanno delle belle onde, delle belle scivolate in mezzo all’oceano, e poi vanno a lavoro, e riescono, dopo, uscendo dall’acqua, a dirti “aloha”, perché in quell’“aloha” c’è “andrà tutto bene”, in quell’“aloha” c’è “impara a galleggiare tra le onde del mare, impara a surfare, impara a giocare, impara ad essere in contatto con la natura”, per quello ti sorridevano, uscendo, e ti dicevano “aloha”, con quel gesto della mano tanto famoso. Dietro tutto quello, c’è la filosofia di rimettersi in contatto con la natura e di giocare.
“…impara a galleggiare tra le onde del mare, impara a surfare, impara a giocare, impara ad essere in contatto con la natura“.
In “Respira!” troviamo anche una serie di pratiche e suggerimenti relativi all’importanza della respirazione e della meditazione: quali sono i tuoi consigli per avvicinarsi a questa pratica?
Il libro “Respira!” in realtà l’ho scritto dieci anni fa. L’ho finito quest’estate, per me stessa, e poi sono stata contattata da un editore. Paradossalmente, è arrivato proprio nel momento in cui avevo detto, “okay, finisco il mio libro”, e sono stata contattata dalla mia book editor che mi ha detto, “senti, ma perché non scrivi un libro?” e io le ho risposto, “guarda, l’ho già scritto”. Lei l’ha letto e ha detto, “va benissimo, è perfetto, è questo”, e io davvero non me l’aspettavo, devo dire, pensavo rimanesse nel mio cassetto questo libro. Mi è stato solo detto: “aggiungi qualcosa di pratico, affinché tutto quello che dici rispetto al tuo percorso possa poi essere messo in maniera pratica”. Quindi, abbiamo aggiunto delle pratiche di yoga, con delle immagini che possano essere chiare, e poi come portare la consapevolezza nella nostra giornata in maniera pratica, quindi cos’è il nutrimento, cosa sono le routine della mattina, dei suggerimenti che ho raccolto lungo la strada e che ho messo in pratica io, in primo luogo; ne ho provate miliardi di strade fino a trovare quella che per me funzionasse, quindi nel libro do semplicemente dei consigli che funzionano per me e quello che ho imparato con il percorso da health coach, quando ho studiato all’Institute for Integrative Nutrition (IIN) di New York, e quindi ho raggruppato anche lì tutta la conoscenza che ho appreso.
“Abbiamo aggiunto delle pratiche di yoga, con delle immagini che possano essere chiare, e poi come portare la consapevolezza nella nostra giornata in maniera pratica, quindi cos’è il nutrimento, cosa sono le routine della mattina, dei suggerimenti che ho raccolto lungo la strada e che ho messo in pratica io, in primo luogo”.
Come allenare invece amore e accettazione in un mondo di apparenze che ci chiede sempre più?
Il gioco è proprio lì, è facile essere un monaco buddista e mantenere la propria integrità, fare meditazione in mezzo alla foresta, in un tempio, lontano dalla città e dal caos; invece quando riesci a meditare, a portare la stessa consapevolezza nel mezzo di Wall Street, della finanza, della superficialità, allora hai ottenuto qualcosa, no? Quindi il gioco è proprio quello, riuscire a portare questa consapevolezza nel momento presente, e l’unico modo che io conosco al momento è collegarsi con sé stessi, con il proprio respiro, in questo momento qui, quindi tornare al momento presente, tornare a sé stessi, all’ascolto interno affinché possiamo ascoltare anche gli altri e il mondo, e decidere rispetto a quello che fa bene a noi, perché lo sentiamo dentro, e non per quello che ci dicono. Una volta che siamo collegati con noi stessi, i prossimi passi saranno giusti, allineati.
La regola è sempre quella, tornare a casa, tornare a sé stessi attraverso il respiro.
Qual è la tua routine yoga in questo momento?
La mia routine di yoga in questo momento devo dire che è la stessa da vari anni a questa parte, cioè da quando sono diventata mamma riesco a praticare molto meno di prima. Chiaramente, il saluto al sole, il respiro, e riuscire a portare lo yoga fuori dal tappetino, credo che questo sia il prossimo passo di evoluzione per me. Come faccio ad essere consapevole mentre lavo i piatti, mentre rincorro i miei figli che scappano, mentre sto cucinando? Porto il respiro e la consapevolezza in quel momento lì, perché lo yoga è questo, ti conduce a casa attraverso il respiro, a essere di nuovo allineata. Adesso, quindi, è uno yoga più dinamico, più reale, è uno yoga pratico, cerco di riportare l’attenzione sempre al momento presente, a me stessa, alle mie emozioni, al mio respiro, questo è lo yoga che sto utilizzando di più al momento; lo chiamo “guerrilla yoga” perché è proprio lo yoga fatto per strada, mentre cammini, fai la spesa.
“Cerco di riportare l’attenzione sempre al momento presente, a me stessa, alle mie emozioni, al mio respiro, questo è lo yoga che sto utilizzando di più al momento”.
Che cosa significa per te sentirti a tuo agio nella tua pelle?
Tutto quello che abbiamo detto fino ad ora, cioè respirare dentro, accettare tutti i miei lati imperfetti, tutti i miei lati oscuri, le mie emozioni, che non posso sempre controllare, che non sono perfette, quindi questa constatazione, è anche lasciare andare dove non posso avere il controllo, ristabilire il potere dentro me stessa, e anche capire il mio valore: una volta che sono di nuovo in contatto con me stessa, di nuovo mi rendo conto del mio valore, quindi non accetto niente che vada contro di me, che mini la mia persona. Questo per me vuol dire essere comodi nella propria pelle, infatti, se penso alle donne che più ammiro, sono donne consapevoli del proprio valore perché hanno deciso di amarsi, e questa per me è una cosa molto sexy.
Il tuo cibo preferito per il corpo e per l’anima.
L’acqua [ride]. L’acqua è davvero potente, è ciò che assumo ogni mattina appena mi sveglio, due o tre bicchieri d’acqua, ed è la cosa che mi accompagna durante tutta la giornata. L’acqua come elemento è incredibile, a parte per scivolarci dentro tra le onde, proprio per infilarla nel corpo il più possibile; siamo fatti per l’80% d’acqua, bisogna bere tanto. E poi lo zenzero. Amo lo zenzero, gli shottini di zenzero che mi faccio ogni tanto, sono delle centrifughe di zenzero che sento che ogni tanto mi fanno davvero molto bene.
La tua isola felice.
Al momento è quando la mattina vengono i miei bimbi nel letto e si abbracciano a me, quello è il mio mondo, il luogo in cui sono più felice al momento.
“L’acqua è davvero potente”.
Qual è il tuo libro sul comodino?
Al momento è “Light on Life” di Iyengar, ma per tantissimo tempo è stato – ed è tutt’ora, perché ci torno ogni tanto – “Untamed” di Glennon Doyle, un libro meraviglioso e non vedo l’ora che lo traducano in italiano, perché è un libro sulla ripresa di potere. Lei è stupenda, ho letto anche “Love Warrior”, è una scrittrice che ammiro e stimo tantissimo, la seguo su Instagram ed è una vera guerriera d’amore, di luce, di accettazione totale, di ripresa, lei parla in questo libro proprio di ripresa di potere ed in maniera così forte, così reale. Ho amato tantissimo anche “Donne che corrono coi lupi” di Pinkola Estés, anche questo un libro sulla ripresa di potere.
Cosa c’è nel tuo futuro?
Il mio prossimo progetto è continuare ad espandere, allargare, includere, riuscire a fidarmi sempre di più di me stessa, ad amarmi sempre di più e a trovare sempre di più la felicità nel qui e nell’ora, nonostante tutto, sia che le cose andranno bene, sia che non andranno bene. Chiaramente, ho tantissimi progetti lavorativi, film, altri libri che vorrei scrivere, però credo che quello più ampio sia riuscire ad essere felice nel qui e nell’ora.
“Riuscire ad essere felice nel qui e nell’ora”.
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